Vita Chiesa

BENEDETTO XVI ALLA CURIA ROMANA: «INDIMENTICABILE» GIOVANNI PAOLO II; LO STATO NON PUO’ ESSERE NEUTRO SUI VALORI

“Il Santo Padre, con le sue parole e le opere, ci ha donato cose grandi; ma non meno importante è la lezione che ci ha dato dalla cattedra della sofferenza”. E’ il ricordo personale di Giovanni Paolo II, che Benedetto XVI ha offerto ai membri della Curia romana, ricevuti oggi in udienza per i tradizionali auguri natalizi.

Ripercorrendo i “grandi avvenimenti” che “hanno segnato profondamente la vita della Chiesa”, il Papa ha citato per primo la “dipartita del nostro amato Santo Padre Giovanni Paolo II, preceduta da un lungo cammino di sofferenza e di graduale perdita della parola. Nessun Papa – ha fatto notare il Pontefice à ci ha lasciato una quantità di testi pari a quella che ci ha lasciato lui; nessun Papa in precedenza ha potuto visitare, come lui, tutto il mondo e parlare in modo diretto agli uomini di tutti i continenti. Ma, alla fine, gli è toccato un cammino di sofferenza e di silenzio”.

Per Benedetto XVI, in particolare, “restano indimenticabili le immagini della Domenica delle Palme quando, col ramo di olivo nella mano e segnato dal dolore, egli stava alla finestra e ci dava la benedizione del Signore in procinto di incamminarsi verso la Croce. Poi l’immagine di quando nella sua cappella privata, tenendo in mano il Crocifisso, partecipava alla Via Crucis nel Colosseo, dove tante volte aveva guidato la processione portando egli stesso la Croce. Infine la muta benedizione della Domenica di Pasqua, nella quale, attraverso tutto il dolore, vedevamo rifulgere la promessa della risurrezione, della vita eterna”. “Serbiamo nel cuore le immagini di Colonia: sono una indicazione che continua ad operare”. E’ l’auspicio espresso dal Papa, che ricevendo in udienza i membri della Curia romana per gli auguri natalizi ha sottolineato che “la Giornata Mondiale della Gioventù è rimasta nella memoria di tutti coloro che erano presenti come un grande dono. Oltre un milione di giovani si radunarono nella Città di Colonia, situata sul fiume Reno, e nelle città vicine per ascoltare insieme la Parola di Dio, per pregare insieme, per ricevere i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, per cantare e festeggiare insieme, per gioire dell’esistenza e per adorare e ricevere il Signore eucaristico durante i grandi incontri del sabato sera e della domenica”.

“Durante tutti quei giorni regnava semplicemente la gioia”, è il ricordo di Benedetto XVI, per il quale ”a prescindere dai servizi d’ordine, la polizia non ebbe niente da fare”. “Per tutti coloro che erano presenti – ha detto il Papa citando la Gmg tra gli avvenimenti più importanti del 2005 – rimane indimenticabile l’intenso silenzio di quel milione di giovani, un silenzio che ci univa e sollevava tutti quando il Signore nel Sacramento era posto sull’altare”. Sia la Gmg di Colonia, che il recente Sinodo dei vescovi, secondo il Santo Padre, hanno mostrato che “prima di ogni attività e di ogni mutamento del mondo deve esserci l’adorazioni. Solo essa ci rende veramente liberi; essa soltanto ci dà i criteri per il nostro agire. E’ commovente per me vedere come dappertutto nella Chiesa si stia risvegliando la gioia dell’adorazione eucaristica e si manifestino i suoi frutti”.

“Serbiamo nel cuore le immagini di Colonia: sono una indicazione che continua ad operare”. E’ l’auspicio espresso dal Papa, che ha sottolineato come “la Giornata Mondiale della Gioventù è rimasta nella memoria di tutti coloro che erano presenti come un grande dono. Oltre un milione di giovani si radunarono nella Città di Colonia, situata sul fiume Reno, e nelle città vicine per ascoltare insieme la Parola di Dio, per pregare insieme, per ricevere i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, per cantare e festeggiare insieme, per gioire dell’esistenza e per adorare e ricevere il Signore eucaristico durante i grandi incontri del sabato sera e della domenica”. “Durante tutti quei giorni regnava semplicemente la gioia”, è il ricordo di Benedetto XVI, per il quale ”a prescindere dai servizi d’ordine, la polizia non ebbe niente da fare”. “Per tutti coloro che erano presenti – ha detto il Papa citando la Gmg tra gli avvenimenti più importanti del 2005 – rimane indimenticabile l’intenso silenzio di quel milione di giovani, un silenzio che ci univa e sollevava tutti quando il Signore nel Sacramento era posto sull’altare”. Sia la Gmg di Colonia, che il recente Sinodo dei vescovi, secondo il Santo Padre, hanno mostrato che “prima di ogni attività e di ogni mutamento del mondo deve esserci l’adorazioni. Solo essa ci rende veramente liberi; essa soltanto ci dà i criteri per il nostro agire. E’ commovente per me vedere come dappertutto nella Chiesa si stia risvegliando la gioia dell’adorazione eucaristica e si manifestino i suoi frutti”.

“Può esistere uno Stato moderno laico, che tuttavia non è neutro riguardo ai valori, ma vive attingendo alle grandi fonti etiche aperte dal cristianesimo”. A citare l’esempio di “uomini di Stato cattolici” nel periodo tra le due guerre mondiali e “ancora di più dopo la seconda guerra mondiale” è stato il Papa, durante gli auguri natalizi alla Curia Romana. Dedicando la parte più cospicua del suo discorso ad un bilancio dei 40 anni trascorsi dal Concilio, il Santo Padre ha ricordato che “la dottrina sociale cattolica era diventata un modello importante tra il liberalismo radicale e la teoria marxista dello Stato” e ha indicato come uno dei compiti più importanti del Concilio quello di “definire in modo nuovo il rapporto tra Chiesa e Stato moderno, che concedeva spazio a cittadini di varie religioni ed ideologie, comportandosi verso queste religioni in modo imparziale e assumendo semplicemente la responsabilità per una convivenza ordinata e tollerante tra i cittadini e per la loro libertà di esercitare la propria religione”. “Se la libertà di religione – ha precisato Benedetto XVI – viene considerata come espressione dell’incapacità dell’uomo di trovare la verità e di conseguenza diventa canonizzazione del relativismo, allora essa da necessità sociale e storica è elevata in modo improprio a livello metafisico ed è così privata del suo vero senso, con la conseguenza di non poter essere accettata da colui che crede che l’uomo è capace di conoscere la verità di Dio e, in base alla dignità interiore della verità, è legato a tale conoscenza”. “Una cosa completamente diversa”, ha puntualizzato il Pontefice, è invece “il considerare la libertà di religione come una necessità derivante dalla convivenza umana, anzi come una conseguenza intrinseca della verità che non può essere imposta dall’esterno, ma deve essere fatta propria dall’uomo solo mediante il processo del convincimento”.

“Una Chiesa missionaria, che si sa tenuta ad annunciare il suo messaggio a tutti i popoli, deve impegnarsi per la libertà della fede”. Ne è convinto Benedetto XVI, secondo il quale nell’ottica della “sintesi di fedeltà e dinamica”, richiesta per la corretta ricezione del Concilio, la Chiesa “vuole trasmettere il dono della verità che esiste per tutti ed assicura al contempo i popoli e i loro governi di non voler distruggere con ciò la loro identità e le loro culture”, in quanto “porta loro una risposta che, nel loro intimo, aspettano”: “una risposta con cui la molteplicità delle culture non si perde, ma cresce invece l’unità tra gli uomini e così anche la pace tra i popoli”. Grazie al Concilio Vaticano II, ha sottolineato il Papa, “il dialogo tra ragione e fede, oggi particolarmente importante, ha trovato il suo orientamento”, ed ora “q1uesto dialogo è da sviluppare con grande apertura mentale, ma anche con quella chiarezza nel discernimento degli spiriti che il mondo con buona ragione aspetta da noi proprio in questo momento”. Quanto alle “tensioni” e “contraddizioni” registratesi all’epoca del Concilio, ma tipiche dell’età moderna, il Santo Padre ha ammonito: “Questi pericoli, con le nuove possibilità e con il nuovo potere dell’uomo sulla materia e su se stesso, non sono scomparsi, ma assumono invece nuove dimensioni. Non poteva essere intenzione del Concilio abolire questa contraddizione del Vangelo nei confronti dei pericoli e degli errori dell’uomo. Era invece senz’altro suo intendimento accantonare contraddizioni erronee o superflue, per presentare a questo nostro mondo l’esigenza del Vangelo in tutta la sua grandezza e purezza. Il passo fatto dal Concilio verso l’età moderna, che in modo assai impreciso è stato presentato come ‘apertura verso il mondo’ – ha concluso Benedetto XVI – appartiene in definitiva al perenne problema del rapporto tra fede e ragione, che si ripresenta in sempre nuove forme”. Sir

Il discorso alla Curia romana (22 dicembre 2005)