A coloro che operano nella Caritas è affidato un importante compito educativo nei confronti delle comunità, delle famiglie, della società civile in cui la Chiesa è chiamata ad essere luce. Si tratta di assumere la responsabilità dell’educare alla vita buona del Vangelo, che è tale solo se comprende in maniera organica la testimonianza della carità. Lo ha detto, stamattina, Benedetto XVI, nel suo discorso alla Caritas Italiana per il 40° di fondazione. Ciascuno di voi ha proseguito – è chiamato a dare il suo contributo affinché l’amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da Dio divenga operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità. È questa prospettiva che dovete rendere sempre più presente nelle Chiese particolari in cui vivete. Di qui l’invito a non desistere mai da questo compito educativo, anche quando la strada si fa dura e lo sforzo sembra non dare risultati. Per il Papa, le Caritas devono essere come sentinelle’, capaci di accorgersi e di far accorgere, di anticipare e di prevenire, di sostenere e di proporre vie di soluzione nel solco sicuro del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa. Il pontefice ha, quindi, ricordato l’importanza dei gesti: Attraverso i segni concreti, infatti, voi parlate, evangelizzate, educate. Un’opera di carità parla di Dio, annuncia una speranza, induce a porsi domande. L’umile e concreto servizio che la Chiesa offre non vuole sostituire né, tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile ha chiarito il Santo Padre -. Le si affianca con spirito di sincera collaborazione, nella dovuta autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà. Sin dall’inizio come impegno prioritario della Caritas c’è stato lo sforzo di realizzare una presenza capillare sul territorio, soprattutto attraverso le Caritas diocesane e parrocchiali. E questo è obiettivo da perseguire anche nel presente. L’attenzione al territorio e alla sua animazione suscita ha spiegato Benedetto XVI – la capacità di leggere l’evolversi della vita delle persone che lo abitano, le difficoltà e le preoccupazioni, ma anche le opportunità e le prospettive. La carità richiede apertura della mente, sguardo ampio, intuizione e previsione, un cuore che vede’. Rispondere ai bisogni significa non solo dare il pane all’affamato, ma anche lasciarsi interpellare dalle cause per cui è affamato, con lo sguardo di Gesù che sapeva vedere la realtà profonda delle persone che gli si accostavano. È in questa prospettiva, ha precisato il Papa, che l’oggi interpella il vostro modo di essere animatori e operatori di carità. Il pensiero non può non andare anche al vasto mondo della migrazione. Spesso calamità naturali e guerre creano situazioni di emergenza. La crisi economica globale ha sottolineato il Pontefice – è un ulteriore segno dei tempi che chiede il coraggio della fraternità. Il divario tra nord e sud del mondo e la lesione della dignità umana di tante persone richiamano ad una carità che sappia allargarsi a cerchi concentrici dai piccoli ai grandi sistemi economici. Per il Santo Padre, il crescente disagio, l’indebolimento delle famiglie, l’incertezza della condizione giovanile indicano il rischio di un calo di speranza. L’umanità non necessita solo di benefattori, ma anche di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei fratelli condividendo un po’ della loro fatica. In una parola, l’umanità cerca segni di speranza. La nostra fonte di speranza è nel Signore. Ed è per questo motivo che c’è bisogno della Caritas; non per delegarle il servizio di carità, ma perché sia un segno della carità di Cristo, un segno che porti speranza. Benedetto XVI ha, infine, esortato: Aiutate la Chiesa tutta a rendere visibile l’amore di Dio. Vivete la gratuità e aiutate a viverla. Richiamate tutti all’essenzialità dell’amore che si fa servizio. Accompagnate i fratelli più deboli. Animate le comunità cristiane. Dite al mondo la parola dell’amore che viene da Dio. Ricercate la carità come sintesi di tutti i carismi dello Spirito.(Sir)