La Sapienza è figura centrale nei libri dei Proverbi, della Sapienza e del Siracide che da essa sono detti appunto sapienziali’ e nei quali la tradizione cristiana scorge una prefigurazione del Cristo. Tale invocazione diventa davvero stimolante e, anzi, provocante, quando ci poniamo di fronte al Presepe, cioè al paradosso di una Sapienza che, uscita dalla bocca dell’altissimo’, giace avvolta in fasce dentro una mangiatoia: lo ha detto questa sera Papa Benedetto XVI, incontrando docenti e studenti delle università romane in occasione del Natale in basilica di S. Pietro, dove sono stati celebrati i vespri per l’inizio della novena natalizia. Il paradosso cristiano ha proseguito Benedetto XVI – consiste proprio nell’identificazione della Sapienza divina, cioè il Logos eterno, con l’uomo Gesù di Nazaret e con la sua storia. Non c’è soluzione a questo paradosso se non nella parola Amore’, che in questo caso va scritta naturalmente con la A’ maiuscola, trattandosi di un Amore che supera infinitamente le dimensioni umane e storiche. Rivolgendosi ai numerosi giovani presenti li ha quindi invitati a considerare che la Sapienza che questa sera invochiamo è il Figlio di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità; è il Verbo, che, come leggiamo nel Prologo di Giovanni, era in principio presso Dio’, anzi, era Dio’. Un professore cristiano, o un giovane studente cristiano, porta dentro di sé l’amore appassionato per questa Sapienza! ha proseguito Benedetto XVI -. Legge tutto alla sua luce; ne coglie le tracce nelle particelle elementari e nei versi dei poeti; nei codici giuridici e negli avvenimenti della storia; nelle opere artistiche e nelle espressioni matematiche. Senza di Lei niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (cfr Gv 1,3) e dunque in ogni realtà creata se ne può intravedere un riflesso, evidentemente secondo gradi e modalità differenti. Il Papa ha quindi sottolineato che tutto ciò che viene recepito dall’intelligenza umana può esserlo perché, in qualche modo e misura, partecipa della Sapienza creatrice. Qui, in ultima analisi, sta anche la possibilità stessa dello studio, della ricerca, del dialogo scientifico in ogni campo del sapere. Benedetto XVI ha quindi chiesto agli studenti: Chi c’era la notte di Natale alla grotta di Betlemme? Chi ha accolto la Sapienza quando è nata? Chi è accorso per vederla, l’ha riconosciuta e adorata? Non dottori della legge, scribi o sapienti. C’erano Maria e Giuseppe, e poi i pastori. Che significa questo? Gesù un giorno dirà: Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza’ (Mt 11,26): hai rivelato il tuo mistero ai piccoli (cfr Mt 11,25). Ma allora non serve studiare?.Alla domanda se serva davvero studiare o se sia addirittura nocivo, controproducente per conoscere la verità, il Papa ha poi risposto così: La storia di duemila anni di cristianesimo esclude quest’ultima ipotesi, e ci suggerisce quella giusta: si tratta di studiare, di approfondire le conoscenze mantenendo un animo da piccoli’, uno spirito umile e semplice, come quello di Maria, la Sede della Sapienza’. Avviandosi alla conclusione, Benedetto XVI ha poi affermato che aiutare gli altri a scoprire il vero volto di Dio è la prima forma di carità, che per voi assume la qualifica di carità intellettuale. Ho appreso con piacere che il cammino di quest’anno della pastorale universitaria diocesana avrà per tema: Eucaristia e carità intellettuale’. Una scelta l’ha definita – impegnativa ma appropriata. Il progetto Una cultura per la città’, poi, offre una promettente proposta di presenza cristiana nell’ambito culturale. Ha quindi concluso affermando: Mentre auspico che sia fruttuoso tale vostro itinerario, non posso non invitare tutti gli Atenei ad essere luoghi di formazione di autentici operatori della carità intellettuale. Da essi dipende largamente il futuro della società, soprattutto nell’elaborazione di una nuova sintesi umanistica e di una nuova capacità progettuale.Sir