Vita Chiesa
BENEDETTO XVI AFFIDA A SAN GIUSEPPE GIOVANI IN CERCA DI LAVORO E DISOCCUPATI
L’immagine di San Giuseppe, che umilmente ha curato la Sacra Famiglia ed è stato esempio dell’uomo che lavora è stato al centro dei due incontri che Benedetto XVI ha avuto oggi, celebrando al mattino, in San Pietro, la messa per i lavoratori e salutando le 50mila persone presenti in Piazza San Pietro per la recita dell’Angelus. Due appuntamenti che hanno anche dato modo ai fedeli di fare al Papa gli auguri per il odierno onomastico, che per questo ha varie volte ringraziato.
Il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società, ha detto il Papa che, nella messa celebrata in basilica per le associazioni ed i gruppi di lavoratori cristiani ha avuto un pensiero per i giovani in cerca di occupazione e per chi il lavoro non ha più, ma al tempo stesso, è indispensabile che l’uomo non si lasci asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare in esso il senso ultimo e definitivo della vita.
Dall’esempio di San Giuseppe, che pur rimanendo piuttosto nascosto, riveste nella storia della salvezza un’importanza fondamentale, ha aggiunto prima della recita del’Angelus, viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato. Penso anzitutto ai padri e alle madri di famiglia, e prego perché sappiano sempre apprezzare la bellezza di una vita semplice e laboriosa, coltivando con premura la relazione coniugale e compiendo con entusiasmo la grande e non facile missione educativa. Ai sacerdoti, che esercitano la paternità nei confronti delle comunità ecclesiali San Giuseppe ottenga di amare la Chiesa con affetto e piena dedizione, e sostenga le persone consacrate nella loro gioiosa e fedele osservanza dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Protegga i lavoratori di tutto il mondo, perché contribuiscano con le loro varie professioni al progresso dell’intera umanità, e aiuti ogni cristiano a realizzare con fiducia e con amore la volontà di Dio, cooperando così al compimento dell’opera della Salvezza.
Ma il lavoro, nella riflessione di Benedetto XVI, va legato anche alla preghiera ed al riposo. Sono temi che egli ha affrontato nel corso della messa di questa mattina, prendendo spunto dalle letture bibliche. Dice il testo: Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù’ (Es 20,2). Il Decalogo dunque vuole essere una conferma della libertà conquistata. In effetti i comandamenti, a guardarli in profondità, sono il mezzo che il Signore ci dona per difendere la nostra libertà sia dai condizionamenti interni delle passioni che dai soprusi esterni dei malintenzionati. I no dei comandamenti sono altrettanti sì alla crescita di un’autentica libertà. C’è una seconda dimensione del Decalogo che pure va sottolineata: mediante la Legge data per mano di Mosè, il Signore rivela di voler stringere con Israele un patto di alleanza. La Legge, dunque, più che un’imposizione è un dono. Più che comandare ciò che l’uomo deve fare, essa vuol rendere manifesta a tutti la scelta di Dio: Egli sta dalla parte del popolo eletto; lo ha liberato dalla schiavitù e lo circonda con la sua bontà misericordiosa. Il Decalogo è testimonianza di un amore di predilezione.
Nella Bibbia, però, c’è anche la raccmandazione a santificare il giorno del riposo, in cui l’uomo comprende meglio il senso della sua esistenza ed anche dell’attività lavorativa. Si può, pertanto, affermare che l’insegnamento biblico sul lavoro trova il suo coronamento nel comandamento del riposo.