In questo Anno Sacerdotale vorrei invitare specialmente i sacerdoti a mettersi alla scuola di san Bonaventura per approfondirne l’insegnamento di sapienza radicata in Cristo. Lo ha detto, ieri sera, Benedetto XVI, nella sua visita a Bagnoregio, città natale del santo, incontrando la cittadinanza in piazza Sant’Agostino. San Bonaventura, ha ricordato il Papa, fu, in primo luogo, un instancabile cercatore di Dio sin da quando frequentava gli studi a Parigi, e continuò ad esserlo sino alla morte. Oltre a ciò, san Bonaventura fu serafico cantore del creato, alla sequela di san Francesco. Il santo presenta del mondo, dono d’amore di Dio agli uomini, una visione positiva: riconosce in esso il riflesso della somma Bontà e Bellezza che, sulla scia di sant’Agostino e san Francesco, afferma essere Dio stesso. Tutto ci è stato dato da Dio. Quanto sarebbe utile ha osservato il Pontefice – che anche oggi si riscoprisse la bellezza e il valore del creato alla luce della bontà e della bellezza divine! In Cristo, l’universo stesso, nota san Bonaventura, può tornare ad essere voce che parla di Dio e ci spinge ad esplorarne la presenza; ci esorta ad onorarlo e glorificarlo in tutte le cose. Si avverte qui l’animo di san Francesco, di cui il nostro Santo condivise l’amore per tutte le creature. San Bonaventura fu anche messaggero di speranza. Una bella immagine della speranza ha detto Benedetto XVI – la troviamo in una delle sue prediche di Avvento, dove paragona il movimento della speranza al volo dell’uccello, che dispiega le ali nel modo più ampio possibile, e per muoverle impiega tutte le sue forze. Sperare è volare, dice san Bonaventura. Ma ha chiarito – la speranza esige che tutte le nostre membra si facciano movimento e si proiettino verso la vera altezza del nostro essere, verso le promesse di Dio. Tutti ha aggiunto – ci interroghiamo circa l’avvenire nostro e del mondo e quest’interrogativo ha molto a vedere con la speranza, di cui ogni cuore umano ha sete. Per superare le difficoltà del presente, ha avvertito il Pontefice, è indispensabile una ‘speranza affidabile’, che, dandoci la certezza di giungere ad una meta ‘grande’, giustifichi ‘la fatica del cammino’. Solo questa ‘grande speranza-certezza’ ci assicura che nonostante i fallimenti della vita personale e le contraddizioni della storia nel suo insieme, ci custodisce sempre il ‘potere indistruttibile dell’Amore’. Quando allora a sorreggerci è tale speranza non rischiamo mai di perdere il coraggio di contribuire, come hanno fatto i santi, alla salvezza dell’umanità, aprendo ‘noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità, dell’amore, del bene’, ha concluso.Sir