Dossier
Banco, solidarietà nuova sul fronte alimentare
Dentro, l’anonimo capannone rivela la sua anima: è il nuovo magazzino del Banco Alimentare della Toscana. Natale Bazzanti, il presidente, dà inizio visibilmente commosso ai discorsi di rito. Dopo di lui parlano l’assessore regionale all’ambiente Tommaso Franci, il presidente della Provincia di Firenze Michele Gesualdi, l’assessore all’immigrazione e alle politiche del lavoro del Comune di Firenze Marzia Monciatti. Nessun intervento di circostanza, ma sincera ammirazione e impegno a collaborare attivamente.
È ora la volta del giovane vescovo, l’ausiliare di Firenze monsignor Claudio Maniago, e di don Mauro Inzoli, presidente nazionale del Banco. Poi monsignor Maniago impartisce la benedizione ai locali e al termine i convenuti sciamano verso un piccolo rinfresco. Tra un salatino e un bicchiere, c’è modo di scambiare qualche parola con alcuni volontari. Paolo Romagnoli, ad esempio, che si occupa dei rapporti con gli enti. È uno della prima ora ma anche dei più giovani, pur essendo già sulla quarantina. Ci racconta di come siano cambiati gli assistiti in questi ultimi anni, segno evidente che è cambiata la povertà.
Prima, il «target» tipico era rappresentato dall’extracomunitario; ora i nuovi poveri sono gli anziani che non ce la fanno più ad arrivare in fondo al mese con la pensione e che magari hanno pudore a chiedere aiuto. Povertà nascoste che vengono alla luce solo in un rapporto di prossimità: non a caso, tra gli enti convenzionati con il Banco si contano sempre più Caritas parrocchiali, le sole capaci di rispondere in modo capillare ai bisogni del territorio.
Ma c’è anche un altro aspetto che a Paolo preme mettere in luce: «Il rapporto con gli enti afferma sta cambiando in modo sostanziale. Prima molti di loro guardavano al Banco come al grande magazzino dove andare a fare la spesa, magari manifestando anche un certo disappunto se non trovavano quello di cui avevano maggiormente bisogno. Ora stanno capendo sempre più che quello che trovano qui, pur se insufficiente, è grazia, e che il Banco o è qualcosa che si fa insieme o non dura».
Marco Tommasi, direttore, ha… qualche anno in più, essendo già in pensione. Lo «zoccolo duro» dei volontari è in buona parte suo coetaneo o quasi. «Una necessità spiega perché, al di là della Colletta alimentare, qui è richiesta una certa stabilità e non solo le due ore a disposizione nell’arco della settimana. Oltre ai rapporti con gli enti convenzionati, ci sono quelli con la grande distribuzione che vanno curati e seguiti a dovere, in tempi che in genere non possiamo decidere noi, al fine di garantire un approvvigionamento di generi alimentari più consistente possibile nell’arco dell’anno». Certo, il tempo libero della pensione va a farsi benedire… «Sì, alcuni di noi, si può dire, lavorano qui quasi a tempo pieno. Ma, se posso parlare della mia esperienza personale, devo dire che la gratuità vissuta e imparata al Banco ha cambiato in meglio anche i rapporti con la mia famiglia, con mia moglie e mio figlio».
Gli invitati cominciano ad andarsene, ma non tutti. Restano i responsabili delle province per un pranzo di lavoro con il direttore nazionale Marco Lucchini. Si parla della Colletta, della preziosissima rete dei «capi équipe», di come portare avanti con più efficienza ed efficacia un lavoro che comunque, come ha ricordato nel suo intervento don Mauro Inzoli, resterà sempre una goccia nel mare del bisogno. Ma il confronto va ben al di là degli aspetti «tecnici». Lucchini snocciola le cifre di «Siticibo», un progetto sperimentale della nuova «legge del Buon Samaritano» portato avanti in otto scuole e due mense aziendali di Milano. 2200 kg. di frutta e 1700 di pane recuperati nei 45 giorni lavorativi a cavallo tra gennaio e febbraio, e i beneficiati che, significativamente, hanno ringraziato non solo per tutto questo ben di Dio, ma anche «per il modo» con cui è stato loro portato. Inoltre, racconta ancora il direttore, «i bambini di quelle scuole hanno smesso di giocare con il pane quando hanno saputo dell’iniziativa: anzi, molti di loro hanno cura di metter subito da parte quello che non consumano». Parole che dicono tutto sulla valenza educativa di iniziative come questa, ben più forti di qualsiasi discorso.
Si ipotizza una giornata regionale con gli enti convenzionati, da tenersi magari a Nomadelfia, si parla di un incontro con tutti i capi équipe d’Italia al Meeting di Rimini. Obiettivi che spaventano anche un po’, ma al Banco il non porsi limiti è quasi una parola d’ordine. Anche perché è chiaro che l’ideale è una cosa e l’opera un’altra. «Un tempo sottolinea Lucchini questo era ovvio per tutti, socialisti, comunisti o cattolici, sia che facessero circoli ricreativi, cooperative o asili. Oggi molto meno, perché si tende a far coincidere l’ideale con l’opera. Così il volontariato rischia di essere come un’auto che viaggia con la pretesa che la benzina possa autorigenerarsi. In realtà, se non fa rifornimento prima o poi è destinata a fermarsi».
Certo, a volte la stanchezza non manca. «Quando siamo partiti ricorda ancora il direttore nazionale eravamo, a Monza, io e una segreteria telefonica. Oggi, ogni tanto, vorrei essere di nuovo io e una segreteria telefonica, ma capisco che senza quest’esperienza, senza tutte le persone incontrate in questi anni non sarei lo stesso, non sarei più io».
E non è detto non ci sia posto per altro. Tant’è che Lucchini, avviato a conclusione l’incontro, ha fretta di ripartire perché, da milanista sfegatato qual è, vuol rientrare in tempo per raggiungere San Siro e godersi (letteralmente, visto come andrà a finire…) il derby dal vivo. Gli suona il cellulare, è di nuovo don Mauro Inzoli, ripartito da tempo da Calenzano e già alla seconda chiamata nel giro di un’oretta. Tra una parola e l’altra, vien fuori la storia della partita e don Mauro, evidentente, gli dice che potrebbe anche guardarsela in tv. «Scusa lo fredda il direttore ma se io ti dico che domani la messa la guardo in tv, non ti va mica bene, no?». Già, perché alla fine l’importante è esserci. Come sanno bene tutti quelli del Banco.