Lettere in redazione

«Balle climatiche» o emergenza ambiente?

Il tono del titolo dell’articolo «Balle climatiche», dell’11 febbraio scorso mi sembra una provocazione giornalistica sulla questione ambientale globale, che tra l’altro sempre più occuperà spazio nei dibattiti pubblici. Purtroppo, anche tematiche concrete quali quelle relative all’ambiente non sono esenti da percorsi di ideologizzazione e di reciproca smentita, come la cultura politica nazionale e parlamentare in questi anni ci sta insegnando. Il contenuto dell’articolo, però, contribuisce, ad instaurare questa prassi.

Alla dialettica artificiosa tra catastrofisti ed anti-catastrofisti ovvero tra portatori di sciagure planetarie, da una parte, e felici assertori del progresso tecnologico dall’altra, quale mezzo risolutore degli attuali mali ambientali, ha emblematicamente contribuito l’uso, ormai inflazionato, del termine tecnico di «catastrofe», originariamente mutuato dalle scienze matematiche, e che in geologia indica un cambiamento istantaneo nella scala temporale dei minuti secondi sino ai secoli, contrapponendolo ad un cambiamento graduale di lungo periodo quantificabile alla scala temporale dei milioni o dei miliardi d’anni.

Se è vero che un paradigma del progresso scientifico sta proprio nell’avvaloramento delle teorie da parte della sua comunità, non sempre si possano tirare fuori questioni di lobby politica o di pensiero unico pervasivo, quale dinamica di fondo che ha fatto muovere 500 esperti di 130 Paesi per redigere il recente rapporto dell’IPCC.

Ci spiace dirlo ma c’è ambientalismo ed ambientalismo, e non tutto muove da presupposti eugenetici di liquidazione della specie umana, concepita quale fattore di squilibrio del sistema terra. Del resto anche Benedetto XVI ha fatto più volte riferimento ai rischi ambientali cui sono sottoposti la terra e i suoi abitanti a causa del cattivo uso che di essa questi fanno.Lettera firmataFirenze Il titolo dell’articolo al quale si fa riferimento era volutamente provocatorio. Ma voleva reagire alle banalizzazioni alle quali assistiamo ogni giorno sui giornali e in tv dove si arriva anche ad associare questo inverno italiano così mite (il più caldo da 50 anni, questo è vero) con gli scenari catastrofici dei prossimi decenni (città scomparse, mezza Italia sommersa dai mari…). Che nell’ultimo secolo la temperatura media del pianeta sia aumentata di poco meno di un grado è vero, ma negli ultimi 60 anni a volte è aumentata e a volte è diminuita e le proiezioni sul 2100 sono totalmente ipotetiche. E sulle responsabilità del C02 prodotto dall’uomo (che è una piccola parte di quello che si genera in natura) vi sono molti dubbi, così come sull’efficacia dell’applicazione integrale del Protocollo di Kyoto (si veda a questo proposito quanto afferma un grande climatologo come Richard S. Lindzen). Lo dico con grande rispetto per una cultura ambientalista che vede nell’uomo il custode del creato. Ma non per quella – purtroppo molto diffusa – che lo vede invece come il «cancro» del pianeta. Ed è giusto chiedere che lo sviluppo sia sempre «sostenibile» dall’ambiente. Ma nessuno può chiedere ai popoli più poveri di fermare lo sviluppo agitando lo spettro di immani catastrofi ambientali.

Balle climatiche, l’Apocalisse improbabile