Cultura & Società

Balle climatiche, l’Apocalisse improbabile

DI CLAUDIO TURRINI

L’aumento medio delle temperature registrato negli ultimi 50 anni è dovuto al 90% alle attività umane e in particolare alla combustione di carburanti fossili e all’incremento della concentrazione dei gas serra: lo sostiene la sintesi del IV rapporto della Commissione intergovernativa sui cambiamenti climatici (Ipcc – Intergovernmental Panel on Climate Change) presentata a Parigi la scorsa settimana. Il IV Rapporto sul clima, elaborato dall’Ipcc, con le sue 1.600 pagine, sarà pronto solo a giugno, intanto però è stata approvata una «sintesi» ad uso dei politici. Nel documento (12 pagine), i circa 500 esperti di 130 paesi hanno previsto un aumento «probabile» delle temperature mondiali medie tra 1,8 e 4 centigradi e un innalzamento del livello degli oceani tra 19 e 58 centimetri entro la fine del secolo, aggiungendo che però «valori maggiori non possono essere esclusi» perché non è possibile prevedere con esattezza il comportamento dei ghiacciai dell’Antartico e della Groenlandia. Tutti i media hanno ripreso con molta enfasi il rapporto, dando per scontato che le previsioni più catastrofiche siano «scientificamente provate». Ma, come ha spiegato il prof. Antonino Zichichi, sul «Giornale» di sabato 3 febbraio, con queste previsioni la «scienza rischia di perdere la sua credibilità», perché «non esiste un’equazione clima»: i modelli matematici usati «hanno come soluzioni soltanto approssimazioni numeriche per le quali è necessario l’uso di “parametri” liberi». Sull’attendibilità delle previsioni dell’Ipcc abbiamo posto qualche domanda al giornalista di «Avvenire» Riccardo Cascioli, 49 anni, di Terni, Presidente del Cespas (Centro Europeo di Studi su Popolazione, Ambiente e Sviluppo) e autore del saggio «Le bugie degli ambientalisti». Cascioli, questa volta gli scienziati sembrano tutti d’accordo: a Parigi l’Ipcc ha stabilito che la terra va verso grandi catastrofi climatiche e che la colpa è dell’uomo. «In realtà la Ipcc non è un organismo scientifico, ma – come dice il nome stesso – un “panel intergovernativo ”, un’organismo dell’Onu dove si entra per cooptazione. C’è qualcuno che dice: “tutti i climatologi sono lì”. Non è assolutamente vero. Non solo. In questi anni sono stati epurati dall’Ipcc alcuni scienziati, come Richard Lindzen, e più recentemente Christopher Landsea, perché non si prestavano alle strumentalizzazioni. Basti pensare al caso italiano: nell’Ipcc ci sono tre scienziati italiani che tutto sono meno che rappresentativi della comunità scientifica italiana. Poi c’è tutto un circo mediatico che gira intorno a questo organismo…». Magari certi annunci catastrofici servono ad attirare fondi alla ricerca… «Questo è sicuro. Da una parte i governi sono fortemente influenzati da questo tipo di propaganda. Dall’altra è ovvio che per lo scienziato che vuole apparire basta andare dietro a questo carro. Basta guardare a quanti sono quelli che compaiono regolarmente in tv, hanno contratti, consulenze. O hai delle forti motivazioni per opporti, oppure ti adegui». Ma qual è davvero la salute del pianeta? «È vero che ci sono dei cambiamenti climatici. Ma i cambiamenti sono la normalità. Il clima è sempre cambiato e cambierà sempre. Invece, qui c’è una prima impostura, si cerca di far pensare che il cambiamento sia un’anomalia. Nel Medioevo, che viene chiamato dai climatologi l’“optimum” medievale, si era raggiunto un clima molto caldo. Poi è arrivata la “piccola era glaciale” dal 1400 al 1750 e oggi semplicemente è ripresa una tendenza alla crescita della temperatura, e, tuttosommato, neanche troppo regolare. Tanto è vero che negli anni ’70 gli stessi che oggi urlano al riscaldamento globale lanciavano gli allarmi sulla glaciazione imminente». Questa volta – affermano – dipende però dall’uomo se la temperatura aumenta. «Non solo l’uomo è in minima parte responsabile dell’emissione di CO2, ma la CO2 (anidride carbonica) è in minima parte responsabile dell’effetto serra. Perché poi sono importanti il vapore acqueo e la circolazione delle nubi, fenomeni che ancora non si riescono a controllare. Tanto è vero che a seconda dei modelli usati si va da una previsione di aumento della temperatura di 1,1 gradi a 6 gradi. E poi anche sui dati non tutto va bene…». In che senso? «Le stazioni di rilevazione delle temperature sono passate in cinquant’anni da 5 mila a 2 mila, e solo la metà possono contare su una serie storica di almeno 100 anni. Vuol dire che è sempre più difficile ricostruire una sede storica del clima e avere dati attendibili su cui basare anche le proiezioni per il futuro». Quale idea di uomo e di sviluppo ci sono dietro agli allarmi sul clima? «Il movimento ambientalista ha le sue radici nel movimento eugenetico di fine Ottocento, da cui provengono anche i movimenti per il controllo delle nascite e il femminismo radicale. Non è un caso se oggi tutte le battaglie ambientaliste tendono a dimostrare che siamo in troppi sulla terra e che comunque la terra non può sostenere il nostro numero né il livello di vita che conduciamo». L’uomo visto quasi come patologia della natura… «La presenza dell’uomo in sé è valutata negativamente sia dal punto di vista quantitativo – ecco il controllo delle nascite – che qualitativo – ed ecco l’attacco allo sviluppo –. Si dice, ad esempio, che tutto l’aumento della CO2 si deve alla rivoluzione industriale. È un movimento che tenta di riportarci a livelli preindustriali. “Se tutti i cinesi mangiassero la bistecca o si muovessero in auto sarebbe un disastro…”. Allora, si dice: “Siccome certe azioni non le possiamo fare tutti, non le dobbiamo fare nemmeno noi”. Basta pensare al concetto di “impronta ecologica” per capire dove puntano: un bel governo globale che ci faccia tutti poveri e felici». Ma l’uomo può fare qualcosa per rallentare la crescita della temperatura? «Ammettiamo che abbiano ragione gli ambientalisti: che aumenti il riscaldamento globale e che si debbano cambiare stili di vita. Ma – come riconosce anche il Protocollo di Kyoto – se anche noi, domani, cambiassimo improvvisamente tipo di vita, quale sarebbe il risultato dal punto di vista climatico? Quasi nullo. Al massimo ritarderebbe di due tre anni, su un corso di cento, l’arrivo a quelle temperature. Perciò dire: “siamo ancora in tempo a salvare il pianeta se prendiamo certe decisioni” è falso. In realtà, anche nella loro analisi, certe decisioni non risolverebbero il problema». Questo però non vuol dire che l’inquinamento non esista… «Sicuramente bisogna incentivare le tecnologie meno inquinanti. Ma questa è una strada che nei paesi sviluppati è già stata imboccata da tempo. Nel 1954 a Londra in una sola settimana morirono 4 mila persone per lo smog (il termine fu proprio coniato allora), una miscela micidiale tra sostanze inquinanti – derivate soprattutto dalla combustione del carbone – e nebbia. Vennero presi dei provvedimenti e l’Inghilterra, già da tanti anni, è molto più pulita di allora. E questo è successo in modo meno drammatico in tutti i paesi industrializzati, dove via via che cresce il livello di benessere si pone più attenzione al rispetto dell’ambiente. Tanto è vero che l’Ocse ha calcolato che negli ultimi 40 anni nei paesi sviluppati l’inquinamento è diminuito del 70%. Dobbiamo garantire uno sviluppo che permetta di avere risorse da destinare alla ricerca e all’applicazione di tecnologie meno inquinanti». Eppure le nostre città sono alle prese con l’inquinamento. «Anche qui dobbiamo smontare una menzogna: non sta aumentando lo smog nelle nostre città, sta diminuendo. Se guardiamo i dati delle Arpa regionali troviamo una conferma: tutti gli inquinanti sono in calo. L’inquinamento non è un fenomeno dei nostri giorni. Nel mio primo libro raccontavo che la prima commissione sull’inquinamento è del 1200 in Inghilterra. È un problema che ha sempre accompagnato l’umanità. Ma anche se non ci fosse l’umanità esisterebbe comunque, dal punto di vista naturale». Vuol dire che un secolo fa le nostre città erano più invivibili? «Pensiamo a cosa era cento anni fa l’emergenza inquinamento in una grande città. Pensiamo ai cavalli con i loro escrementi, alle condizioni igieniche, alle malattie… Oggi invece nelle nostre città l’età media continua ad aumentare. È vero che non è piacevole abitare a Milano, dove io vivo. Però Milano nel 1759 era molto peggio di oggi: basta leggersi la poesia del Parini “La salubrità dell’aria”, per capirlo. Bisogna essere lucidi e ragionevoli, se no si vanno a prendere misure totalmente irrazionali che peggiorano la situazione». Come è stato fatto mettendo al bando il Ddt. «Dal 1972, anno in cui, senza evidenze scientifiche, il Ddt venne messo al bando in tutto il mondo, dopo aver salvato 500 milioni di vite, sono morte di malaria 50 milioni di persone. Se noi diciamo che ogni anno in America muoiono 4 mila persone per shock anafilattico alla penicellina, ma diciamo solo questo, creiamo una campagna contro la penicellina. Bisogna anche dire che salva qualche milione di persone». La scheda Cosa si nasconde dietro i continui allarmi che vengono rilanciati dagli ambientalisti? Quali sono i rischi reali ai quali va incontro il nostro pianeta? A queste domande rispondono il giornalista di «Avvenire» Riccardo Cascioli (che intervistiamo sopra), e il giornalista e scrittore, Antonio Gaspari (direttore del Master in Scienze Ambientali dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum), nei due volumi editi da Piemme «Le bugie degli ambientalisti. I falsi allarmismi dei movimenti ecologisti». Il primo volume, pubblicato nel 2004, con prefazione di Tullio Regge (p. 188 e 12,50), si è aggiudicato il Premio Ambiente & Sviluppo, del ministero dell’Ambiente. E proprio sulla scia dell’interesse suscitato, i due autori sono tornati sull’argomento due anni dopo, con un altro saggio (stesso titolo, 203 pagine, e 12,90) che continua l’opera di demitificazione delle bugie ambientaliste su sviluppo demografico, disponibilità di risorse prime ed energetiche del pianeta, rapporto uomo-ambiente e inquinamento, dimostrando che il mondo non sta poi così male come ci vogliono fare credere. L’esperto: La storia della terra è tutta un cambiamento di Marino Martini Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Firenze L’attenzione rivolta dagli organi di informazione ai fenomeni naturali ed in particolare ad un andamento un po’ inconsueto del tempo si è progressivamente intensificata, e si può dire che non passi giorno in cui non vengano riferite situazioni di disastro in qualsiasi parte del mondo. La volubilità del tempo però non è mai stata una novità, anche se in tempi passati si riferiva soprattutto al «marzo pazzo», e la sottolineatura di bizzarrie contemporanee non eccedeva i limiti di una cronaca spicciola. La tendenza attuale è quella di attribuire a circostanze meteorologiche che sembrano non rispettare un carattere di normale variabilità un valore più o meno apocalittico, al punto tale che si annuncia ora una imminente era di stravolgimenti a livello planetario. È innegabile che i dati su temperatura, pioggia, neve non sembrano ai nostri giorni rientrare nelle aspettative basate sull’esperienza degli ultimi decenni; se però la memoria si estende un poco indietro nel passato, possiamo trovare non infrequentemente inverni poco freddi ed estati poco calde. In realtà, però, ciò che ora va più di moda è la pretesa di formulare previsioni di lunga gittata basandosi prevalentemente su modelli teorici che per loro natura necessitano di ipotesi di lavoro; queste vengono formulate dai ricercatori in maniera apparentemente ragionevole, ma comunque sostanzialmente arbitraria. Si discetta anche molto sulla intensità presente e futura di fenomeni come effetto serra e buco dell’ozono pur non disponendo per ora delle necessarie certezze inappellabili. Al contrario, sembra più utile, e decisamente più realistico, attenersi ai solidi dati di conoscenza che già possediamo. Un allarmante messaggio mediatico attualmente molto in voga indica un intenso e prolungato riscaldamento globale del pianeta con un conseguente progressivo arretramento dei ghiacciai e un drammatico innalzamento dei livelli marini. Tutto ciò è possibile, è plausibile, ma non davvero certo e, soprattutto, non rappresenta affatto una novità nella storia del nostro pianeta. Parlando dunque di estensione dei ghiacciai, analizziamo ciò che a questo proposito può raccontarci la cronologia geologica della Terra, come si può desumere da qualsiasi testo specializzato. Per il Precambriano (età più antica di 500 milioni di anni) sono state riconosciute quattro glaciazioni, che ovviamente sono caratterizzate da alternanza di periodi freddi e periodi caldi; altre due appartengono al Paleozoico (di età approssimativa fra 450 e 300 milioni di anni), mentre nel Mesozoico, che comprende il famoso Giurassico, non sono indicate evidenze di glaciazioni. Per quanto riguarda il Cenozoico, le formazioni di Antartide ed Artide vengono attribuite a due distinte glaciazioni di età rispettivamente di 14 e 11 milioni di anni. L’informazione disponibile diviene più importante per il Quaternario, e nelle Alpi sono ben individuati i periodi glaciali di Gunz, Mindel, Riss e Wurm con età approssimative di 0.57, 0.44, 0.20 e 0.07 milioni anni. Nei tempi storici, conosciamo un periodo freddo dal 900 al 300 a.C., un periodo caldo dall’800 al 1200 d.C., un periodo freddo dal 1550 al 1850, ed uno progressivamente più caldo a partire dal 1850; l’estensione dei ghiacciai durante queste ultime fluttuazioni climatiche è variata sensibilmente senza però raggiungere l’intensità che viene descritta per le età precedenti. I fenomeni astronomici che hanno prodotto le variazioni, in parte noti sin dall’antichità, sono stati più compiutamente definiti già da qualche secolo, pur senza l’ausilio di strumenti sofisticati o tecniche computerizzate. L’aspetto più appariscente in conseguenza di questi stessi fenomeni risulta la migrazione dei poli per cui, per esempio, tutta la fascia delle miniere di carbone importanti di Europa in epoca moderna si trovava circa 350 milioni di anni fa in una fascia tropicale; poiché si tratta di Gran Bretagna, Belgio, Francia, Germania e Polonia, la diversità di latitudine e di clima rispetto al giorno d’oggi non sembra proprio da trascurare. Un altro processo altrettanto appariscente legato alle stesse vicissitudini climatiche è quello dell’evaporazione spinta di bacini di mare interni che, oltre alla significativa riduzione di volume del Mediterraneo, ha condotto alla formazione, sempre in Europa, di depositi salini imponenti in Germania (Stassfurt) e Polonia (Wieliczka), e significativi anche in Sicilia ed in Toscana. Per quanto riguarda la nostra regione, i più antichi e profondi di questi depositi si trovano quasi ovunque sotto i nostri piedi a qualche chilometro di profondità, e i più recenti e superficiali sono presenti prevalentemente nella zona di Volterra dove sono da tempo sfruttati per ottenerne alabastro e sale da cucina. Nasce a questo punto spontanea la domanda: quando questi «cataclismi» si sono prodotti, dov’era la genia perversa degli uomini con i suoi machiavellici strumenti di distruzione ambientale? La risposta è evidente, se non lapalissiana, e sembra di poter concludere che praticamente gli indubbi cambiamenti climatici che hanno contrassegnato il lungo passato che ci ha preceduto sono avvenuti solo in risposta a meccanismi insiti nella stessa natura. Questi meccanismi sono tuttora operanti producendo plausibilmente lo stesso tipo di fluttuazione, indipendentemente dai danni effettivi che la civiltà industriale riesce ad introdurre, che però appaiono più realisticamente circoscritti in ambiti locali, quantunque di estensione e conseguenze anche significative. Nonostante tutte le attitudini distruttive dell’umanità contemporanea, quindi, sembra ragionevole evitare di presumerci in grado di produrre disastri a scala planetaria manipolando il creato a nostro piacimento. Si potrebbero ovviamente innescare a questo proposito polemiche e discussioni a non finire ma, nel frattempo, non sarebbe più saggio, e rasserenante, e produttivo, concentrare la lodevole attenzione ai problemi della convivenza umana sulla qualità dei nostri comportamenti quotidiani, che possiamo certamente condizionare, lasciando al mondo dei brutti sogni le pure e terrificanti fantasie che vengono seminate in grande abbondanza?

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