Opinioni & Commenti
Bagnasco e i Dico, quelle domande scorrette
di Mauro Banchini
Se davvero mons. Bagnasco avesse detto No ai Dico, o arrivano pedofilia e incesto (questo, virgolette comprese, il titolo oggi uscito su La Nazione e un po’ su tutti gli altri quotidiani italiani), ci sarebbe da pensar male sull’equilibrio del nuovo presidente Cei.
Far derivare quel tipo di dipendenza dalla regolarizzazione delle coppie di fatto, è ovviamente una sciocchezza. Peccato che mons. Bagnasco, quelle parole, non le abbia dette.
Il suo assai più articolato ragionamento più o meno condivisibile, come tutte le opinioni è di tutt’altro tenore, di tutt’altro spessore. Quelle esatte e virgolettate parole non esistono, se non nella chiara voglia di farle pronunciare per montare una deriva polemica del tutto funzionale a ciò che si è già deciso che sia: la Chiesa ha sposato posizioni arretrate.
Tecnica mediatica antica.
I media sono pieni di virgolettati che ufficializzano parole mai pronunciate e pur tuttavia usate per i motivi più vari (esigenze tecniche di titolazione quando va bene). Ciò chiama in causa la deontologia dei giornalisti, almeno nel senso che bisognerebbe tutti quanti smetterla, una volta per tutte, di virgolettare parole mai pronunciate. Se ne avvantaggerebbe la credibilità dell’informazione intera.
C’è poi una seconda questione, stavolta più specifica: la difficoltà, l’imbarazzo di un certo mondo (che pure ama definirsi laico) nel rispondere, laicamente, al quesito serio su ciò che Bagnasco ha definito il criterio oggettivo per giudicare il bene e il male.
Il presule ha notato che se il criterio è quello dell’opinione pubblica generale, allora finisce per essere difficile dire dei no. In altri termini: se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica, che è innanzitutto un dato di natura e non di cultura queste le parole esatte di Bagnasco perché, ad esempio, dire di no all’incesto o al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano?. Si potrà certo dissentire, ma non è ragionamento da liquidare con un rifiuto aprioristico.
In effetti: se tutto è sempre lecito, perché mettere questo o quel paletto? Chi impedirà, magari non adesso ma fra qualche tempo, di opporsi a ondate culturali via via sempre più radicali per legalizzare comportamenti oggi stigmatizzati dai più ma per i quali già si cominciano a intravedere varchi e tentennamenti? Perché mai tutto ciò che è tecnicamente possibile compresa, fra qualche tempo, la costruzione di esseri viventi privi di antipatici e costosi difetti e, magari, tutti uguali nella loro perfezione – non potrebbe essere sempre lecito?
Perché gridare allo scandalo per questi interrogativi di forte impatto laico, capaci di stimolare non solo il senso della nostra fede di credenti ma soprattutto l’appartenenza alla nostra ragione di cittadini e perché offendersi se qualcuno, queste domande scorrette, ha il coraggio di farle? E perché non interrogarci sull’uso, raffinato, dei media pubblicità compresa per far passare valori, pensieri, stili di vita perfettamente coerenti con l’impostazione di lor signori?
Edizione on line
Bagnasco: mai equiparato Dico e pedofilia (Nota dell’Ufficio comunicazioni sociali Cei)