Toscana
Baghad, in piazza per le italiane
Un piccolo segnale di speranza arriva dall’Iraq. Oggi (mercoledì 15 settembre), in una giornata contrassegnata da nuove violenze, all’indomani dell’attentato che ieri ha provocato una cinquantina di vittime e oltre 100 feriti a Baghdad: centinaia di persone sono scese per le strade della capitale chiedendo la liberazione delle due operatrici umanitarie italiane Simona Torretta e Simona Pari e dei loro colleghi iracheni, da otto giorni in mano a un ignoto gruppo di sequestratori.
La manifestazione è stata promossa da un cartello della società civile che riunisce organizzazioni non governative e alla quale hanno partecipato esponenti sunniti, sciiti, cristiani caldei, una cinquantina di capi tribù e alcuni sceicchi: un corteo con numerosi striscioni al quale ha preso parte al fianco di molti volontari anche un gruppo di disabili sulla sedia a rotelle – ha percorso alcune strade della capitale, in una non comune e coraggiosa iniziativa di pace che non ha molti precedenti nella capitale di un Paese devastato dalla guerra da nord a sud.
Il ministro degli Esteri Franco Frattini parlando davanti alle due commissioni esteri congiunte di Camera e Senato(mercoledì 15 settembre) ha chiesto il “riserbo” sulle questioni operative e sui dettagli pratici, concreti, della trattativa in corso per arrivare alla liberazione di Simona Torretta e Simona Pari e di evitare “iniziative personali” che porterebbero “più difficoltà che vantaggi”. “L’aiuto c’è stato assicurato. C’è una necessità di riserbo assoluto sulle azioni operative”, ha aggiunto il ministro riferendo sul suo viaggio nei paesi del Golfo per contatti con i paesi dell’area al fine di arrivare alla liberazione delle due italiane rapite a Baghdad.
Rivolgendosi ai mezzi di informazione Frattini li ha invitati a non “pubblicare ricostruzioni, linee di ricostruzione dei fatti che sono solo congetture e che, paradossalmente, possono risultare controproducenti” in questa fase di silenziosa operatività per raggiungere quello che il ministro ha definito “l’obiettivo di fondo” e cioé la liberazione dei quattro rapiti a Baghdad.
Intanto è scaduto l’ultimatum di 24 ore lanciato domenica mattina in Internet della ‘Jihad islamica’ in Iraq, ultimatum sulla cui attendibilità sono stati sollevati molti dubbi. Nessuna valutazione certa è venuta finora, neanche da esperti egiziani. Non è chiaro neanche se la ‘Jihad islamica’ in Iraq sia collegata alle omonime formazioni di altri paesi arabi. Tra i più noti sono la ‘Jihad islamica’ operante nei territori palestinesi e quella egiziana, che molti considerano ormai sciolta. Questi gruppi hanno compiuto attacchi terroristici ma mai sequestrato persone.
Nella tarda mattinata di lunedì la tv ‘Al Arabiya’ ha mostrato le foto delle due italiane, e la notizia scritta che il mufti di Baghdad ha rivolto un appello per la liberazione di tutti gli ostaggi stranieri, tanto i due giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot quanto di Simona Torretta e Simona Pari. Mentre gli interrogativi sul futuro delle due operatrici umanitarie italiane sembrano ancora tutti aperti, la speranza di un loro rilascio continua ad essere consistente anche nel mondo arabo, del quale molti esponenti religiosi e politici hanno lanciato altri appelli estremamente significativi. Il Comitato degli Ulema musulmani, la più importante organizzazione religiosa sunnita dell’Iraq, ha lanciato oggi un appello per la liberazione delle due cooperanti italiane. “Chiediamo la liberazione dei due ostaggi italiani e dei due iracheni che lavoravano con loro, così come dei giornalisti francesi”, ha detto alla stampa il portavoce del Comitato, lo sceicco Mohammad Bachar al-Fayqzi. “Voi conoscete la nostra posizione nei confronti del governo italiano, ma noi siamo amici del popolo italiano” ha ancora aggiunto il portavoce.
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