La scomparsa di don Fiorenzo Moretto, parroco di Badia Tedalda e di Rofelle, avvenuta il 13 luglio scorso, non solo lascia un vuoto profondo in queste terre dove i «pastori» d’anime sono rari fari ma soprattutto perché ci priva di una figura di riferimento, i cui lineamenti appaiono oggi straordinariamente forti e anche anticipatori di moderne esigenze pastorali. I suoi 94 anni sono stati spesi nella «vigna del Signore» dell’Alta Valmarecchia, dove ha operato per ben 58 anni. Originario di Montello (Treviso) dove nacque il 20 aprile 1915, fu chiamato dalla allora diocesi di Sansepolcro e la sua prima comunità parrocchiale fu Monterchi. Erano tempi difficili quelli della seconda guerra mondiale, della resistenza, di una lotta politica che avrebbe portato poi a un’Italia nuova. Don Moretto entrò subito, con vivacità e forza d’animo, nella contesa e nei problemi di una popolazione lacerata da contrasti e difficoltà di sopravvivenza. Giunto a Badia Tedalda nel 1950, la sua naturale tendenza per la pastorale giovanile avviò un cammino che nel tempo maturò iniziative e formazione. Insegnante non solo di religione ma anche di matematica presso le scuole locali, comprese bene che le comunità rurali avevano bisogno soprattutto di trovare nell’istruzione la forza per competere nella nuova società. Costruì un asilo, con un primo contributo avuto da Amintore Fanfani, e per questo don Fiorenzo volle che la struttura fosse dedicata al grande politico scomparso. Poi sull’asilo crebbe la scuola media e infine nel 2007 fu concessa per trasformarla in residenza per anziani. Nel 1976 don Fiorenzo diede vita a una delle primissime radio locali, Radio Zero International, mettendo a disposizione della nuova iniziativa tre ambienti che in poco tempo i giovani trasformarono in sala di trasmissione, di registrazione e sala riunioni. La radio divenne in poco tempo indipendente sostenendosi solo con le entrate della pubblicità. La voce di Radio Zero International arrivava fin sulle spiagge adriatiche. Don Fiorenzo ne fece anche uno strumento di comunicazione a carattere religioso, utilizzandola come strumento «pastorale». Anzi, avviò anche una prima esperienza di telescuola. Distaccato dai beni terreni, spendeva le sue giornate per fare del bene: amato da tutti per la sua disponibilità e semplicità d’animo. La stima e la riconoscenza di cui godeva don Fiorenzo sono tramandate alla storia da due atti dell’amministrazione comunale: il conferimento per la festa della Toscana, rispettivamente del 2003 e del 2007, dello «Stemma d’argento» prima e dello «Stemma d’oro» poi. «Amatevi come io ho amato Voi». Il testamento spirituale di don Fiorenzo è stato letto in chiesa, alla sua gente, ai suoi giovani diventati ormai adulti: parole ancora semplici ma impregnate di una grande spiritualità: «Ho sempre considerato la comunità parrocchiale come la mia famiglia, dove tutti ci vogliamo bene e ci aiutiamo vicendevolmente. Continuate a volervi bene e ricordate che fondamento dell’amore è la religione cristiana: santificate le feste con la vostra partecipazione alla Messa. Un pensiero particolare va alle vostre famiglie, ai vostri figli che io ho sempre amato. Date loro un’educazione cristiana».Giancarlo Renzi