Toscana
Badanti: Doina e Tamara, tra sacrifici e speranza
di Lara Vannini
Offrono assistenza ma soprattutto calore umano, accudiscono il corpo di persone bisognose ma spesso si trovano a dover asciugare le loro lacrime e portare speranza dove c’è sofferenza e malattia. Sono le collaboratrici familiari, un esercito silenzioso di donne immigrate la cui presenza è in costante aumento anche in Italia. Donne, in molti casi con una cultura medio-alta che lasciano le precarie e difficili condizioni di vita del proprio paese d’origine per tentare di migliorare non solo la propria esistenza ma anche quella dei propri cari ai quali inviano quando è possibile aiuti economici.
Accostarsi alla vita della badante è sicuramente un’utile chiave di lettura per fare chiarezza nel complesso e variegato mondo della migrazione, inquadrare la vita di queste persone, capire come vivono, quali problemi incontrano e come si pongono nei confronti del paese ospitante.
Doina e Tamara del Centro accoglienza della parrocchia del Giglio a Montevarchi sono due collaboratrici familiari che raccontando la propria esperienza ci offrono un interessante spaccato di questa realtà così complessa.
Secondo Tamara il lavoro di assistenza pratica della collaboratrice familiare è solo una piccola parte di quello che in realtà questa professione dovrebbe rappresentare, infatti è sua opinione che la badante dovrebbe prima di tutto capire i problemi delle persone che si trova ad accudire, quindi fornire un aiuto pratico alle stesse. Essa non può lavorare come una macchina, ma deve saper dare amore anche se capire non significa non avere momenti di discussione e confronto che sono necessari per riuscire ad amalgamare i caratteri di persone diverse e i primi tempi sconosciute.
Alla domanda se un giorno ritornerebbe nel proprio paese d’origine Tamara ha risposto no. La famiglia le manca ma in Romania non avrebbe futuro.
Tamara racconta poi i momenti difficili dell’integrazione nel nostro paese: l’importante dice per essere accettati è non essere egoisti e dire sempre la verità, l’onestà premia sempre. Nonostante la nostalgia per il proprio paese, Tamara ha deciso di «rinascere» in Italia, imparare la lingua e le tradizioni italiane, dedicandosi al proprio lavoro con grande responsabilità. Tamara rivolge infine un pensiero anche ai propri connazionali che in Italia si danno alla delinquenza e su di loro afferma: «sono il nostro peggior biglietto da visita».