Firenze
Avvento: card. Betori, invito gioire si fa invito alla speranza
ha detto Betori
Messa in diretta su Rai1 dalla basilica della Santissima Annunziata nella terza domenica d’Avvento celebrata dall’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori .
Di seguito il testo dell’omelia del cardinal Betori
OMELIA
“Gaudete!”, “Rallegratevi!”: è l’invito con cui ci ha accolti oggi la liturgia della Chiesa.
«Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio» (Is 61,10): la gioia, secondo il profeta, è il sentimento che pervade l’animo della città santa all’annuncio della sua riedificazione. Questa gioia l’abbiamo fatta nostra, raccogliendola dalle labbra di Maria, che rende gloria a Dio perché non si è dimenticato dei suoi figli: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore […]; di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,47.50). E l’apostolo Paolo ci ha ricordato che la nostra gioia è ben fondata e deve suscitare la nostra fedeltà a Cristo, perché la storia umana ha una meta sicura di salvezza, perché il Signore stesso verrà a darle compimento: «Siate sempre lieti […]. E tutta la vostra persona […] si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!» (1Ts 5,16.23-24).
L’esortazione a gioire ci raggiunge in tempi non facili, i nostri, e si fa invito alla speranza. Ne sentiamo il bisogno di fronte alle guerre che insanguinano il mondo, alle tragedie che accompagnano quanti fuggono da conflitti, calamità, ingiustizie e miseria, al sangue delle donne vittime della logica di dominio che avvelena relazioni che dovrebbero essere di amore, alla crescente povertà che divide troppi da chi ha troppo.
Che questa speranza abbia un sicuro fondamento lo annuncia anche Giovanni il Battista, che il vangelo ci ha presentato così: «Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce […]. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce» (Gv 1,7.8).
Una luce Giovanni annuncia presente nel mondo: è Gesù. A lui ci si può rivolgere per trovare orientamento nella vita e uscire dalle nostre confusioni, dalle nostre esitazioni e dalle nostre paure. Occorre preparare la via all’incontro con Gesù, come esorta il Battista, e occorre farlo con un’umiltà come la sua: egli, di Gesù, non si ritiene degno di essergli servo, schiavo, slacciandogli il sandalo; più tardi, però, si presenterà come «l’amico dello sposo» (Gv 3,29). L’incontro con Gesù richiede ambedue questi atteggiamenti: servi e amici, obbedienti alla sua parola, pronti ad accogliere e a ricambiare il suo amore.
L’incontro con Gesù nutre la vita della Chiesa, che da lui trae luce di discernimento per il cammino dell’umanità. La sua missione è indicare Gesù presente nei moti del cuore di ciascuno e nelle vicende del mondo. Compito particolarmente arduo in un tempo in cui l’anelito stesso alla trascendenza, come pure la disponibilità a uscire da sé stessi per incontrare l’altro – che sia il fratello o Dio –, trovano un grave ostacolo nel diffuso soggettivismo.
Prima ancora però di preoccuparci dei contrasti che subisce la testimonianza cristiana nel mondo, dobbiamo chiederci se la nostra testimonianza sia saldamente radicata nell’incontro con Cristo. Sono tempi in cui la Chiesa si interroga giustamente su come alimentare la sua natura di comunione e come darle concretezza attraverso la forma sinodale. Un impegno doveroso il nostro, ma che sarebbe vano se ci si dimenticasse che a nutrire la comunione è il rapporto con Cristo, con la sua parola e la sua grazia, così da poter accogliere il suo Spirito che dà luce e forza al camminare insieme.
L’invito a ricentrarci su Cristo non rappresenta certo una fuga in una religiosità interiore, fuori dal mondo. Non può esserlo, perché il Figlio di Dio che si è rivelato a noi lo ha fatto nella concretezza della carne e quindi si è indissolubilmente legato alla storia umana, ed è lì che va cercato e va nuovamente incarnato dalla nostra testimonianza. A questo cristianesimo intriso delle vicende della storia la Chiesa è oggi chiamata a dare volto.
È un appello che risuona con particolare intensità in questo luogo sacro, che custodisce per la nostra città l’immagine dell’Annunziata, la donna in cui si incarna il Figlio di Dio, ed esorta ciascuno di noi a continuare a farci strumenti della presenza storica di Dio nei nostri giorni.
Giuseppe card. Betori