Lettere in redazione
«Avvenire», con Tarquinio una scelta di continuità
Caro direttore, apprendo oggi (martedì 24 novembre, ndr) la notizia della nomina del nuovo direttore di «Avvenire». Se non sbaglio sono passati quasi tre mesi dalle dimissioni di Boffo. Perché tutto questo tempo? Ci sono stati a suo giudizio problemi sulla persona del nuovo direttore? Vorrei anche chiederle se la scelta fatta rappressenta una continuità o meno con la precedente linea di «Avvenire»?
Il Consiglio d’amministrazione di «Avvenire», a cui formalmente compete la nomina del direttore dopo l’ovvia indicazione della presidenza della Cei, ha parlato di «approfondita riflessione» intesa a «valorizzare in primo luogo la grande esperienza professionale che il giornale ha maturato in questi ultimi anni, divenendo un punto di riferimento del mondo cattolico ed un autorevole interlocutore della società e della cultura del nostro Paese».
Marco Tarquinio, il nuovo direttore, «ha confermato con intelligenza e passione a giudizio del Cda la linea editoriale di Avvenire, quotidiano che offre da sempre un’originale lettura della realtà prima ancora della sua interpretazione, ispirandosi al primato della verità e noncurante di logiche omologanti che a volte piegano l’informazione del nostro Paese». Tarquinio, «con la sua esperienza professionale, la finezza delle sue analisi, lo stile diretto e incisivo contribuirà ad imprimere un nuovo slancio ad Avvenire».
L’«approfondita riflessione» io credo fosse doverosa per i fatti che hanno preceduto questa nomina, ovvero le imprevedibili dimissioni di Dino Boffo in seguito agli ormai noti attacchi stampa da parte di chi (Vittorio Feltri), domenica scorsa (v. «il Giornale», pagina 3), ha avuto la faccia tosta di chiudere il suo editoriale sui tragici sviluppi del «caso Marrazzo» chiedendo il ritorno «in pista» di Boffo, che si sarebbe «autocondannato alle dimissioni» per una «bagatella».
In un contesto così complesso e in un clima da «disarmare» e «svelenire» (come ci ricorda questa settimana l’editoriale di Domenico Delle Foglie), forse gli 82 giorni passati tra le dimissioni di Boffo e l’ufficializzazione della nomina di Marco Tarquinio, che già firmava il giornale come «vicedirettore responsabile», non sono nemmeno tanti. Lo sarebbero stati per un giornale in balia, ma non era il caso di «Avvenire», che ha una redazione di giornalisti di grande livello, professionalità, responsabilità e in molti casi con una forte sensibilità ecclesiale. Potrei fare tanti nomi. Non lo faccio per non rischiare di dimenticarne qualcuno.
C’era dunque il tempo per valutare, come è giusto che sia in questi casi, anche più ipotesi. Il che non sminuisce certo il nominato, anzi: dal confronto esce rafforzato. E Marco Tarquinio, che conosco bene per averci lavorato insieme proprio ad «Avvenire» (fummo chiamati entrambi a Milano nel ’94 da Dino Boffo all’inizio della sua direzione), ha le carte in regola per essere il degno successore di Boffo, di cui non bisogna dimenticare, al di là della vicenda che lo ha visto suo malgrado coinvolto, il livello a cui ha portato «Avvenire» in 15 anni di direzione. In questo senso la nomina di Tarquinio (a cui vanno i migliori auguri) è una scelta di continuità.