Opinioni & Commenti
Aumento dei consiglieri regionali, ovvero quando la poltrona mette tutti d’accordo
Aumenti all’«interno» e tagli all’«esterno»: sembra essere dunque questo il leit-motiv della politica, anche a livello locale. Portando i consiglieri da 50 a 60, 65 o addirittura 80 si garantirebbero, almeno per una volta, tutte le rielezioni del caso senza per questo chiudere la porta in faccia agli scalpitanti di turno in cerca di «new entry».
Meglio ancora se il tutto sarà pilotabile all’interno di partiti e schieramenti con l’abolizione del voto di preferenza, onde mettere i candidati al riparo dalle possibili sorprese di un corpo elettorale magari un po’ abbacchiato ma, chissà perché, ancora troppo presente nella scelta degli uomini.
Per qualche strana alchimia della politica, infatti, aumentare la rappresentanza va ancora meglio se contemporaneamente diminuisce il potere di scelta dei rappresentati. Avanti, dunque, con l’aumento. Anche se costa e in pochi lo dicono: non è fuori luogo ipotizzare grossomodo un milioncino di euro in più all’anno, se basta. Sostenere che sarebbe molto meglio investirlo, che so, per migliorare anche una sola scheggia dell’arrancante macchina della sanità non è probabilmente democratico né politically correct e puzza di qualunquismo.
Dire che si potrebbe studiare qualche sistema per allargare il Consiglio lasciando intatta la torta da spartire è invece semplicemente pazzia pura. Meglio concordare, quindi, sul fatto che le prossime riforme in chiave federalista finirebbero certamente per oberare i già impegnatissimi 50 consiglieri, e sostenere al tempo stesso con pervicacia che non solo ogni provincia, ma ogni comprensorio, valle o angolo qualunque di Toscana ha diritto alla sua degna rappresentanza di maggioranza e opposizione.
Se poi l’aula di Palazzo Panciatichi non dovesse essere più sufficiente, le sedute di Consiglio si potrebbero tenere in un teatro. Come quello della Compagnia, che è a due passi: ma non è detto che debba essere per forza a Firenze. Forse i consiglieri preferirebbero Montecarlo di Lucca, dove, oltre a un buon vino, c’è un palcoscenico il cui nome è tutto un programma: il Teatro dei Rassicurati. Di non perdere la poltrona, sia essa in platea o nei palchi.