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Attentato in Egitto: P. Greiche (vescovi), «Un messaggio all’Occidente»

«Un messaggio all'Occidente per dire chiaramente che l'Egitto non è affatto sicuro e normalizzato»: così il portavoce dei vescovi egiziani, padre Rafiq Greiche, commenta al Sir l'attentato che ieri pomeriggio, sul versante egiziano del valico di Taba (Mar Rosso), al confine fra Egitto ed Israele, ha colpito un bus di turisti coreani, 5 dei quali hanno perso la vita e 29 sono rimasti feriti.

 Un attacco grave che ha indotto le autorità israeliane ed egiziane a chiudere il valico per la prima volta da quando i due Paesi, nel 1978, hanno siglato l’accordo di pace. «Erano anni che non venivano attaccati turisti – spiega il portavoce – e questo è un cambio di strategia che giunge proprio nel giorno in cui il deposto presidente Morsi, della Fratellanza Musulmana, era in Tribunale per accuse di cospirazione con gruppi stranieri e danneggiamento della sicurezza nazionale».

Lungi dall’essere normalizzata, la situazione in Egitto resta difficile, conferma padre Greiche: «Ogni giorno si registrano attacchi e violenze dirette contro il popolo egiziano, musulmani o cristiani, senza differenze anche se qualcosa sembra poter cambiare in meglio. Vogliamo sperare che le Forze dell’ordine riescano a fronteggiare questa ondata di terrorismo». «Come Chiesa cattolica egiziana – conclude il portavoce – abbiamo espresso vicinanza e solidarietà alle persone rimaste coinvolte nell’attentato e abbiamo invitato i nostri fedeli a pregare per le vittime». L’ultima serie di attentati contro i turisti in Egitto risale all’ultimo decennio della dittatura di Hosni Mubarak quando un’ondata di violenza colpì diverse zone sul mar Rosso. Dopo diversi attacchi negli anni Novanta, rivendicati dal gruppo terroristico Al-Gamaa Al-Islamiya, nel 2004 proprio a Taba una bomba contro l’hotel Marriot diede l’inizio a una serie di attentati che colpirono Sharm el Sheikh nel 2005 e Dahab nel 2006 provocando decine di morti.