Toscana
Attacco alla Libia (aprile-maggio 2011)
CAPI TRIBÙ, VOGLIAMO UN PAESE LIBERO E DEMOCRATICO
(ASCA-AFP) – Parigi, 27 aprile – I leader e i rappresentanti di 61 tribù libiche hanno esortato il regime a porre fine agli attacchi indiscriminati contro la popolazione civile. In una dichiarazione congiunta redatta dallo scrittore francese Bernard-Henri Levy, si legge: Di fronte alle minacce che gravano l’unità del nostro Paese, di fronte alle manovre e alla propaganda del dittatore e della sua famiglia, noi dichiariamo che nulla ci può dividere. Noi condividiamo lo stesso ideale di una Libia libera, democratica e unita, recita il documento.
AEREI NATO BOMBARDANO FORZE GHEDDAFI NEI PRESSI DI BENI WALID
(ASCA) – Roma, 19 aprile – Aerei della Nato hanno bombardato colonne militari del regime libico di Muammar Gheddafi non lontano dalla città di Misurata. Lo riferisce il Wall Street Journal, citando fonti dei ribelli. Stando al Wsj, i rinforzi lealisti provenivano dalle montagne di Beni Walid, quando sono stati colpiti dalle truppe dell’Alleanza. Nella notte le forze internazionali avrebbero anche bombardato un impianto radar nei pressi del porto di Misurata. Mentre la France Press fa sapere che il Regno Unito supporterà l’evacuazione di 5.000 persone dalla piccola città sul golfo della Sirte. I timori di una catastrofe umanitaria incombente sono aumentati quando la scorsa notte le forze fedeli a Gheddafi hanno lanciato razzi contro la città uccidendo almeno 17 persone e ferendone una decina.
LEGA ARABA, 14 APRILE CONFERENZA AL CAIRO CON ONU E UE
SCONTRI A MISURATA. KAMIKAZE AL QAEDA CONTRO REGIME
(ASCA) – 7 aprile – Ribelli libici ancora all’avanzata verso Brega, mentre si complica la battaglia a Misurata. Al piccolo centro petrolifero gli insorti hanno inviato rinforzi e rifornimenti. Negli scontri con i lealisti il fronte indietreggia verso Ajdabiya e Ras Lanuf, anche se nessuna delle due parti è ancora riuscita a prevalere. Le truppe di Muammar Gheddafi hanno bombardato un campo petrolifero a Ojla, ultima roccaforte dei ribelli prima di Bengasi. Bombardamenti e attacchi anche sulla strada che porta al porto di Misurata: le truppe del rais hanno assalito la città su tre lati con colpi di mortai e carri armati. Fonti mediche hanno conermato che una persona è rimasta uccisa e altre cinque sono rimaste ferite. E si fa “più difficile” la conduzione di raid aerei contro gli obiettivi militari di Gheddafi, a causa dell’utilizzo di civili come scudi umani. Ad affermarlo la Nato, accusata dai ribelli di “agire lentamente” e lasciar morire la popolazione di Misurata”.
Il contrammiraglio Russ Harding, vice comandante della operazione ‘Unified protector’ in Libia, ha però dichiarato che l’Alleanza lavorerà “chirurgicamente”, perché “non bisogna dimenticare che la priorità resta quella di proteggere i civili”. Tuttavia, si contano diversi veicoli pesanti e carri armati delle forze governative distrutti da velivoli dell’Alleanza. Il quotidiano popolare russo “Komsomolskaia Pravda” ha invece riportato che centinaia di mercenari bielorussi stanno aiutando il regime nel fare fronte agli attacchi della Nato. I militari, la gran parte proveniente dalla 334ma unità delle forze d’elite bielorusse, sono pagati 3.000 dollari al mese dal regime libico, scrive il quotidiano. Tra di loro ci sono istruttori incaricati di formare le truppe libiche, consiglieri e rappresentanti dei servizi militari bielorussi, spiega la fonte, precisando che la maggior parte del materiale libico è di fabbricazione russa e sovietica.
Nel frattempo il quotidiano Ennahar, citando fonti della sicurezza algerina, ha anche rivelato che la cellula di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), attiva nelle regioni del Sahara africano, sta inviando suoi kamikaze in Libia per compiere attacchi suicidi contro le brigate di Muammar Gheddafi. Gli inquirenti seguono questa pista alla luce delle indagini che hanno portato all’identificazione di un terrorista algerino di al-Qaeda, Dhakar Abdel Qader, ucciso nei giorni scorsi nella provincia di Illizi, vicino al confine con la Libia, durante uno scontro a fuoco con la polizia algerina. A fine marzo l’Alto Comandante della Nato, ammiraglio James Stavridis, parlando davanti alla Commissione per le Forze Armate del Senato americano e riportando dati dell’intelligence Usa, aveva confermato “segnali” della presenza di membri di Al-Qaeda e di Hezbollah nelle fila dei ribelli libici.
Intanto dal New York Times arriva il bilancio della guerra stampo su alcune foto ritrovate in una caserma dai giornalisti stranieri condotti in “tour” dal regime per mostrare la devastazione di Zawiyah, città dell’ovest riconquistata poche settimane fa. Gli scatti documentano le torture commesse dagli uomini del Colonnello contro gli insorti: cicatrici su corpi nudi e seminudi, mani legate dietro la schiena, pozze di sangue. In altre foto si vedono le armi bianche usate dai torturatori, tra cui bottiglie rotte e polveri. Dal canto suo, però, Gheddafi sembra alla ricerca di una soluzione politica. In una lettera inviata al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e di cui la Casa Bianca conferma la ricezione, il rais ha chiesto lo “stop ai raid della Nato”. Secca la replica Usa: “Qualsiasi azione Usa sulla fine degli interventi militari sarà basata non sulle parole bensì sui fatti”. Nella missiva il rais ha anche affermato che la sua nazione è stata colpita dalle forze Nato più “moralmente” che “fisicamente”. Ieri il vice ministro degli Esteri di Tripoli, Khaled Kaim, ha detto che il regime libico è pronto al dialogo con i ribelli se questi deporranno le armi. “Devono deporre le armi e uccessivamente potranno partecipare al processo politico”, ha detto il vice ministro. Sul piano commerciale invece, Tripoli ha importato 19.000 tonnellate di benzina da una nave cisterna straniera ancorata in acque tunisine. A renderlo noto una fonte vicina alla compagnia petrolifera libica. Anche gli insorti hanno lanciato la prima consegna di petrolio dal porto di Tobruk. La nave, di proprietà greca e registrata in Liberia è partita dal terminal con un carico del valore di 100 milioni di dollari, destinati a finanziare la guerra degli insorti contro il regime di Muammar Gheddafi. Ma nella notte la produzione di greggio è stata interrotta, in vista degli attacchi lealisti contro i depositi di Misla e Waha, ha raccontato un portavoce di Bengasi.
Sul fronte diplomatico si guarda al 26 aprile, quando a Roma si terrà un vertice Italia-Francia: al centro del summit ‘bilaterale’ fra Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi vi saranno la questione libica ma anche il tema dell’immigrazione e più in generale i rapporti fra i due Paesi. La seconda riunione del ‘Gruppo di Contattò sulla Libia si svolgerà invece la prossima settimana a Doha, capitale del Qatar. Mossa anche della Danimarca, che ha nominato un inviato speciale al Consiglio nazionale di Bengasi (Cnt) per rafforzare i rapporti con i ribelli. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri danese Lene Espersen. La Danimarca è tra i primi Paesi ad essersi impegnata militarmente nelle operazioni della coalizione internazionale in Libia.
I ribelli libici hanno però criticato ieri la stessa Alleanza. La Nato “lascia morire gli abitanti di Misurata” e “ci ha deluso, non avendoci offerto quello che ci serve”, ha dichiarato Abdel Fattah Younes, ex ministro degli Interni di Muammar Gheddafi, e ora capo di stato maggiore militare dal Consiglio nazionale di transizione (Cnt). “Se la Nato aspetta ancora una settimana, non resterà più niente a Misurata”. Intanto l’esercito americano ha annunciato di aver ritirato tutti i suoi aerei da combattimento e i suoi missili tomahawk, in seguito alla proroga di 48 ore concessa nel fine settimana su richiesta della Nato. Che ieri ha fermato quattro imbarcazioni dei ribelli cariche di armi e aiuti umanitari partite da Bengasi e dirette a Misurata, dando loro la scelta di consegnare le armi o tornare indietro. Misurata è da giorni cannoneggiata da forze fedeli a Muammar Gheddafi che secondo fonti dei ribelli fanno anche strage di civili. Le armi “saranno confiscate”, mentre gli aiuti umanitari a bordo potranno giungere a destinazione, ha detto il brigadiere generale Mark van Uhm, capo operazioni del comando Nato Shape.
Si apre inoltre un nuovo fronte, quello commerciale, dove i ribelli libici contano di dare il via in queste ore alla loro prima spedizione di petrolio. La petroliera Equator, che può tasportare fino a un milione di barili di greggio, è attesa nel porto orientale libico di Marsa el Hariga. Ma anche il regime di Gheddafi tenta il rifornimento: un rappresentante del governo ha reso noto che una petroliera di proprietà libica con un carico di greggio importato è attraccata in un porto controllato dal regime di Tripoli, violando dunque l’embargo imposto dalla risoluzione Onu.
E il Colonnello è nuovamente comparso tra la folla nella sua residenza-bunker di Tripoli, Bab al-Aziziya, per la prima volta dopo la sua ultima apparizione pubblica del 22 marzo scorso. “Gheddafi e i figli devono andarsene prima di avviare qualsiasi negoziato diplomatico”, ha però replicato Bengasi alle indiscrezioni pubblicate dal New York Times, secondo cui vi sarebbe una trattativa avviata da due figli di Gheddafi, Saif e Saadi, per favorire una transizione democratica del paese, guidata da Saif, che prevederebbe il ritiro dalla scena del rais. Tripoli ha anche aperto per un “negoziato” che viaggi verso una “soluzione politica” nel Paese, ma le dimissioni di Muhammar Gheddafi “non sono trattabili”, ha ribadito il portavoce del regime, Ibrahim Mussa.
Abdelati Obeidi è diventato nella notte il nuovo ministro degli Esteri libico, dopo che Mussa Kussa, stretto consigliere del rais ed ex capo dell’intelligence, è volato in Gran Bretagna dove ha annunciato di non rappresentare più il regime di Muammar Gheddafi come segno di protesta per i bombardamenti contro la sua popolazione. Mentre il ministro degli Esteri di Londra, William Hague, ha rassicurato che il Regno Unito fornirà ai ribelli “equipaggiamento non letale” e che in particolare si tratta di strumentazione per le telecomunicazioni. In un comunicato inviato ai parlamentari, il capo della diplomazia britannica ha confermato che l’intervento militare in Libia ha scongiurato “enormi perdite di vite umane e una catastrofe umanitaria”.
Medici Senza Frontiere hanno riferito dell’evacuazione di circa 70 residenti dalla città. Intanto è in crisi il comparto commerciale nel Paese, dove la riapertura delle attività è minacciata da milizie di cecchini. “Un mercato, vicino alla strada principale, è pieno di cecchini e ogni esercente che cerca di aprire il suo banco viene immediatamente preso di mira a colpi di arma da fuoco”, hanno raccontato da Misurata. Anche il centro petrolifero di Misla, ha rivelato Al Jazeera, è stato assediato dai lealisti.
Nel frattempo proseguono gli attacchi della Nato al fianco dei ribelli: 58 nelle ultime 24 ore. Da quando le truppe internazionali hanno assunto la guida delle operazioni, le missioni aeree compiute sono state 701: in 276 casi sono stati presi di mira precisi obiettivi. A renderlo noto la stessa Alleanza in un comunicato. Il regime, intanto, si è detto pronto ad un negoziato per arrivare ad una soluzione politica della crisi, ed anche a preparare il Paese alle elezioni, a condizione che Gheddafi, però, resti al potere. Lo ha detto il portavoce del regime, Ibrahim Mussa, precisando che il Colonnello rappresenta “l’unità delle tribu”‘ all’interno della Libia. Dal canto suo Tripoli ha anche lanciato ieri un monito preciso: basta bombardamenti degli “aerei invasori” o molte città libiche, compresa la capitale dei ribelli Bengasi, andranno incontro “all’interruzione dell’approvvigionamento idrico alle popolazioni”. In una nota diffusa tramite l’agenzia Jana, il ministero libico dell’Agricoltura ha infatti avvertito che le infrastrutture e le condotte del Grande fiume artificiale – un acquedotto che porta sulla costa le “acque fossili del Sahara” e che rappresenta la fonte idrica dalla quale dipende non meno del 70% degli abitanti della Libia – corrono gravi pericoli in seguito ai bombardamenti.
A Bengasi è nata spontaneamente ieri una manifestazione di protesta nei confronti della Nato. Lo ha constatato Al Jazeera, precisando che gli attivisti dell’opposizione si sono dati appuntamento nella piazza principale della città ed hanno rivolto accuse alla coalizione, rea di non fare abbastanza per aiutarli nella loro lotta contro le forze del Colonnello. Maggiore sostegno a Zintan e Misurata: questa la richiesta degli insorti.
Sul fronte diplomatico, intanto “l’Italia riconosce il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi come unico interlocutore legittimo e rappresentante del popolo libico”. L’annuncio è venuto dal ministro degli Esteri Franco Frattini, al termine di un colloquio tenuto ieri a Roma con il responsabile esteri dell’amministrazione provvisoria di Bengasi, Ali al Isawi. Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha invece reso noto che la seconda riunione del «Gruppo di Contatto» sulla Libia si svolgerà la prossima settimana a Doha, capitale del Qatar. Dalla Turchia gli sforzi di mediazione più consistenti: ad Ankara, dopo la visita di Atene, si è recato il viceministro agli Esteri libico Abdelati Obeidi e il governo turco ha parlato di “dialoghi per trovare un terreno comune al fine di arrivare ad un cessate il fuoco” tra le parti. Irricevibile per gli insorti l’ipotesi di un compromesso che i figli di Gheddafi stanno tentando di proporre agli alleati della coalizione, con un passaggio dei poteri al “delfino” Saif e l’uscita di scena del colonnello.
VICARIO TRIPOLI: ANCORA VITTIME CIVILI, MA SI APRONO SPIRAGLI DI PACE
Dall’archivio: Attacco alla Libia: gli avvenimenti del marzo 2011