Toscana
Associazioni, si apre una stagione nuova?
Nello stesso incontro aveva portato il suo saluto al Meeting Paola Bignardi, presidente nazionale dell’Ac, che aveva colto l’occasione anche per invitare «ufficialmente» Comunione e Liberazione a «condividere» il pellegrinaggio di Loreto (che si conclude il 5 settembre), come «festa capace di parlare di un laicato maturo, segno di speranza per tutti», nell’ottica di «un percorso nuovo di convergenza delle aggregazioni ecclesiali».
Il duplice evento ha provocato ampi commenti sui media italiani che vi hanno visto una «riappacificazione» tra Cl e Ac o, in qualche caso, un disegno di ricomposizione politica dei cattolici, dopo gli anni della diaspora e della frantumazione. Letture fuorvianti di una realtà più complessa, come ci confermano in queste due interviste Andrea Simoncini, leader di Cl in Toscana, ed Enzo Cacioli, delegato regionale dell’Ac. Ma entrambi, pur ridimensionando la portata di quanto avvenuto a Rimini, confermano che nella chiarezza delle rispettive identità, dialogo e collaborazione possono e devono crescere ancora.
Che impressione le ha fatto vedere Paola Bignardi tra gli ospiti del Meeting?
«Sono stato molto contento, perché è anche il segnale visibile di una collaborazione, e di una sintonia che è riscontrabile nella vita quotidiana. Un aderente a Cl e uno dell’Ac forse trovano delle distinzioni se son presi da una problematica interna, ma nel momento in cui si trovano a contatto con la realtà del mondo inevitabilmente si trovano dalla stessa parte».
Molti commentatori vi hanno visto però un segno di discontinuità con il passato.
«Mi sembra che su queste cose ci sia un po’ di montatura mediatica, quasi che ci sia una sorta di riappacificazione tra fazioni opposte e belligeranti».
Non si può però negare che in passato vi siano stati anche momenti di attrito…
«Se guardiamo gli ultimi dieci anni, i cambiamenti nell’assetto socio-politico del Paese sono stati talmente veloci che non mi meraviglia se ci sono stati momenti in cui la diversità di sensibilità e di atteggiamenti è emersa in modo più evidente».
Anche di recente, penso all’esperienza delle «Sentinelle del mattino» o alla guerra in Iraq, Cl ha tenuto una posizione defilata rispetto a tutto il resto dell’associazionismo.
«Può darsi che su temi come questi ci siano delle differenze di valutazione. Bisogna però tener conto di due cose: la prima è la libertà dello Spirito e la seconda è che su questi giudizi storici solo la storia dirà poi quali erano quelli giusti e quelli sbagliati. E su questi giudizi il movimento non ha mai deciso di entrare, perché è una questione che riguarda la libertà dei singoli».
Se i rapporti sono migliorati forse dipende anche dal mutato quadro politico?
«Non penso che il cambiamento sia indotto dalla politica. Se cambiamento di clima c’è stato lo si deve al contesto di negazione del cristianesimo in cui oggi viviamo, che è ancora più forte ed evidente di prima. Il dato di partenza è il nichilismo e il relativismo imperante che fa sì che queste realtà importanti dell’associazionismo cattolico si ritrovino più vicine».
Quale è la caratteristica principale di Cl?
«Rispondendo alla lettera che il Papa gli ha inviato per l’anniversario del Movimento, don Giussani ha scritto che il carattere specifico di Cl è di non sottolineare una spiritualità particolare. Siamo un movimento di cristiani generici, che non hanno mai enfatizzato un aspetto particolare, come la carità, la cultura o la missione. Il cristianesimo senza aggettivi».
Qual è il messaggio che viene fuori da questa edizione del Meeting?
«Il titolo aveva una sottolineatura metodologica: il progresso consiste nel tendere continuamente. Da qui la necessaria apertura e disponibilità all’imprevisto. Ancora una volta questo Meeting dimostra che un dialogo è possibile non negando le proprie identità: un luogo dove io, essendo ebreo, tu, essendo palestinese, io, essendo cristiano, tu, essendo ateo, ci confrontiamo, non ponendo come precondizione il negare ciò che siamo. Invece oggi sembra che l’unica condizione per il dialogo sia l’accettazione di un multiculturalismo basato sulla negazione reciproca delle identità».
Un discorso che vale anche tra associazioni e movimenti.
«Anche qui il dialogo parte dalle diverse identità. Il destino di Cl non è quello di diventare come l’Azione Cattolica e viceversa: carismi diversi che hanno la fortuna di cogliere strati diversi e fette diverse del popolo».
Come è cambiato il meeting in questi 25 anni?
«Ha ragione Cesana: sono cambiati gli sguardi degli altri su di noi, mentre l’impostazione del Meeting, che è di apertura a 360 gradi, è rimasta immutata. Quest’anno, ad esempio, ha colpito il dibattito con i ministri d’Israele e Palestina, ma il problema del dialogo e della pace in quella zona del mondo è stato uno dei motivi per cui il Meeting per l’amicizia tra i popoli è nato».
D’accordo, ma non si può negare che tra Cl e Ac in passato ci sono state accuse reciproche…
«L’Azione Cattolica non ha mai accusato nessuno. Certo ha difeso con energia alcune persone, come Giuseppe Lazzati, da accuse ingiuste e formulate in stile non ecclesiale».
Insomma, questo «clima nuovo» del quale ha parlato anche il segretario dei vescovi italiani, mons. Betori, non c’è?
«Non ci sono particolari novità. Si conferma una comunione che esiste già, pur nella diversità dei ruoli e delle sensibilità. È un clima che si sta costruendo reciprocamente nella conoscenza e nella stima e che può aprire ad ulteriori forme di collaborazione».
Ma a livello locale c’è collaborazione tra i due movimenti?
«C’è sempre stata là dove Cl si inserisce nella vita delle diocesi».
Però anche recentemente Cl si è defilata da iniziative che hanno coinvolto l’associazionismo, come le «Sentinelle del mattino».
«Questo ovviamente non ci ha fatto molto piacere, pur nel rispetto delle sensibilità diverse».
Cosa rappresenta per voi l’appuntamento di Loreto?
«La consapevolezza di vivere un momento importante nella vita della comunità ecclesiale e della comunità civile e di proporsi, in stile missionario, come soggetto che ha qualcosa da dire, che si incarna nel contesto in cui vive».
Da dove nasce la scelta di ritrovarsi a Loreto?
«Dalla volontà di rifare insieme la scelta dell’Incarnazione, la scelta di un Dio che si lega all’uomo e alla sua storia indissolubilmente. Ci riporta alle radici della nostra fede, in uno stile molto sobrio».
Cosa vi aspettate che emerga da questo appuntamento?
«Una sfida, che è quella di radicarsi nel contesto ecclesiale italiano in stile missionario e nel contesto civile. Si apre un periodo di particolare speranza che è quello di riproporsi e riproporre al Paese quel messaggio evangelico che ha bisogno dello stile e del modo tradizionale di porsi dell’Azione Cattolica».
Il momento più importante sarà l’incontro con il Papa al quale avete invitato in particolare i giovani. Che messaggio consegnate loro?
«La proposta dell’Ac, pur avendo oltre cento anni di vita, è una proposta giovane, capace di proporsi in senso vivo e moderno di fronte alle attese e ai desideri più grandi che ha un giovane oggi».
Ha fatto discutere la presenza di Gianfranco Fini ad uno degli incontri in programma…
«La scelta non è stata felice e spero che se ne sia resa conto anche la Presidenza. Fini è il presidente di un partito politico, al di là della sua rappresentanza istituzionale. Il nostro è abitualmente uno stile sobrio, che non si muove nella logica dello spettacolo. Quello di Loreto è un appuntamento spirituale, nella logica dell’Incarnazione, cioè nella logica dell’incidere con gli strumenti dello studio, della riflessione, del confronto, della preghiera, della spiritualità nelle realtà ordinarie, al di là di ogni forma di palcoscenico».
Il sito sul pellegrinaggio a Loreto
Il sito ufficiale del Meeting 2004
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