Racconta don Umberto: «Adesso sono in pensione ma continuo a fare servizio in ospedale, come volontario, grazie a un accordo con la direzione sanitaria». Rispetto a primavera, racconta, «il clima nell’ospedale è più teso, medici e infermieri sono stanchi. A marzo c’era l’emergenza, si sentiva la vicinanza e l’attenzione della gente, c’erano gli applausi dai balconi. Adesso sembra che dei loro sacrifici non si ricordi più nessuno».Col ritorno dei reparti Covid, è tornata anche la necessità di far arrivare il conforto dei sacramenti alle persone ricoverate che lo desiderano, senza interferire con il lavoro del personale sanitario e le complesse procedure di sicurezza. E come a primavera, alcuni tra infermieri e medici si sono resi disponibili a portare ai malati la Comunione. Don Umberto segue il gesto dal vetro delle finestre: «Consegno a medici e infermieri una busta, segnata con la croce, con dentro l’ostia consacrata. Loro sono consapevoli di quello che fanno, l’atto di cui sono strumento. I malati spesso, ricevendo la busta, si voltano verso la finestra da dove io li guardo: sanno di ricevere il corpo di Cristo e cercano con gli occhi il prete che ha consacrato quell’ostia. È lo sguardo di chi cerca la presenza di Dio che lo ama. È un atto di Chiesa, di presenza di Chiesa accanto a chi soffre e spera».