Vita Chiesa

ASSEMBLEA CEI: MONS. PAPA, LA MISSIONE NELLE CITTÀ CHE NON SONO IL LUOGO DEL SILENZIO DI DIO

In un’Italia divenuta ormai anch’essa “terra di missione”, la “missio ad gentes”, oltre che nei “tradizionali territori di missione”, va portata “nelle città e tra gli immigrati”. Lo ha detto oggi mons. Benigno Luigi Papa, arcivescovo di Taranto e vicepresidente Cei, nel corso della seconda conferenza stampa della 57a Assemblea dei vescovi italiani, in corso in Vaticano fino al 25 maggio. “Se per ‘missio ad gentes’ – ha detto il presule riassumendo ai giornalisti la relazione da lui tenuta in aula – intendiamo l’annuncio del Vangelo ai non cristiani, anche in Italia occorrerebbe portare la missione, sia perché ci sono ancora tante persone che non sono cristiane, sia perché molti immigrati non hanno mai incontrato Gesù Cristo”. Tre le “forme particolari” della “missio ad gentes” raccomandate da Papa: quella “rivolta ai tradizionali territori di missione”, tra cui l’Oceania e l’Asia, “dove la percentuale di presenza cristiana è molto bassa”; quella nelle città, “luoghi privilegiate per la missione”, come insegna il “cristianesimo delle origini”, che proprio in questi luoghi “ha registrato i maggiori successi”; quella per gli immigrati, “verso i quali la Chiesa è benemerita nell’accoglienza e nell’esercizio della carità”, mentre “fa più fatica a portare l’annuncio evangelico”.

“Le città non solo il luogo del silenzio di Dio, della morte di Dio, ma luoghi dove c’è una sensibilità religiosa molto forte, anche se spesso latente, da scoprire, e dove c’è molta gente in ricerca”, ha detto mons. Papa, sottolineando che “in una Chiesa intesa come mistero di comunione non ci possono essere vicini e lontani, fratelli e fratellastri, stranieri o forestieri, ma solo una vasta fraternità di persone a cui va portata la nostra attenzione”. Di qui la necessità, per il vescovo, di “superare la mentalità per cui le città sono il luogo di una presenza cristiana necessariamente catacombale”, per “una maggiore riflessione comune e collegiale, a partire da una più approfondita concezione del cittadino e della religiosità dell’uomo urbano”. Sta in questo, del resto, la “novità” del Convegno ecclesiale nazionale di Verona, “dove si è auspicata una pastorale più centrata sulla persona, che può essere una pista importante per la città. Se a volte – ha detto Papa – la città può essere sinonimo di folla, da noi cristiani deve essere sempre considerata come una comunità di persone”.

“Il miglior sevizio che possiamo offrire agli immigrati consiste non soltanto nel dare un piatto da mangiare o un alloggio per vivere, ma nell’offrire loro il pane della verità, il pane della vita”. Ne è convinto mons. Papa, che nella missione verso gli immigrati ha esortato la Chiesa “continuare ad essere carità, ma anche a trovare modalità per aiutare le persone a trovare un senso nella vita, e a trovare nella Chiesa nella Chiesa una famiglia, in Dio un padre”, partendo dalla consapevolezza che “l’annuncio del Vangelo non è un annuncio di un sistema teorico o teologico, una filosofia inventata dagli uomini, ma è la risposta di Dio ai bisogni veri dell’uomo”. Di qui la “gratitudine” verso “i missionari e le missionarie che hanno servito la Chiesa e l’umanità in questi anni, e a quelli che hanno coronato con il martirio la loro testimonianza di fede”, scrivendo così “il capitolo più bello della storia della fede della Chiesa”. Di fronte a parrocchie a volte “generosissime nella carità”, ma che “stentano a considerare gli immigrati destinatari dell’annuncio del Vangelo”, è urgente fare in modo che “l’esercizio della carità non sia semplice assistenzialismo o supplenza alle carenze dello Stato”, entrando “in dialogo con gli immigrati anche dal punto di vista religioso”.

Chiesa “lievito” e “granelli di senapa”, o “cittadella sotto assedio”? Questo l’argomento della domanda di un giornalista, durante la seconda conferenza stampa. “Nella comunicazione del Vangelo – ha risposto mons. Benigno Luigi Papa, arcivescovo di Taranto, che nella relazione tenuta oggi ai suoi confratelli vescovi ha scelto le prime due metafore evangeliche – occorre serenità e pazienza. Non si può pretendere di avere tutto e subito: non bisogna entusiasmarsi per i successi, né demoralizzarsi per le débacle…Fa parte del cristianesimo il buio del Venerdì Santo e la luce della Pasqua”. Di qui la necessità – ha concluso mons. Papa – – di recuperare quella serenità interiore che è decisiva per una autentica testimonianza cristiana”.

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