Vita Chiesa

Assemblea Cei, card. Bagnasco: per vincere crisi «ricostruire alfabeto dell’umano»

«Bisogna che i primi responsabili della cosa pubblica, che è il Parlamento, si mettano insieme», l’appello del presidente della Cei per il lavoro. L’esempio citato durante la conferenza stampa conclusiva della 67ma Assemblea della Cei, e già presente nella sua prolusione di apertura, è il dopoguerra, periodo in cui «ciò è stato possibile e ha prodotto la Carta costituzionale perché c’era il tessuto connettivo, gli ideali, i valori, i desideri, l’anima su cui innestare le legittime differenze politiche e partitiche», e che «ha anche permesso che le difficoltà non diventassero divisioni, tantomeno contrapposizioni, ma che ci si mettesse a guardare nella stessa direzione e a produrre un testo che è tuttora fondamentale per il nostro Paese». «Qualcosa di analogo chiediamo che avvenga oggi», ha chiesto il cardinale, secondo il quale la domanda da porsi è se «esiste oggi un tessuto connettivo che consenta non di annullare, ma di mettere tra parentesi le legittime divisioni per affrontare le questioni radiali della povera gente, delle famiglie che si sfasciano, perché la crisi produce conseguenze anche sui legami affettivi».

«Per uscire dalla tempesta è necessaria unità, che non è uniformità o omogeneità, di tipo culturale». Ne è convinto il cardinale Bagnasco, che a proposito del lavoro e della situazione del Paese si è chiesto: «Sappiamo perché dobbiamo lavorare insieme? Lo scopo ci è ancora chiaro? E abbiamo perso la fatica e il gusto di stare insieme, il Paese, il mondo delle imprese, a livello sociale e a tutti i livelli: se questo non è chiaro, tutto diventa impossibile». Una domanda, questa, che «non riguarda solo il nostro Paese, ma il nostro Paese dentro l’Europa». In particolare, per il cardinale, non dobbiamo cadere nell’errore di credere che per risolvere la crisi economica sia «sufficiente qualche colpo di genio per trovare un’alchimia». «Non siamo in presenza soltanto di una crisi lavorativa, economica, ma di una crisi culturale»; ha ribadito il presidente della Cei», che riguardo alla drammatica situazione di Terni, Genova, Taranto e di «altre parti d’Italia» ha ripetuto l’auspicio, presente nella sua prolusione d’apertura, di «tenere il più possibile in casa i gioielli».

«Vendere per ripianare ma poi non avere più nulla» non è «la strada più saggia», ha ammonito il cardinale: «La storia ci insegna che laddove non c’è stato l’ancoraggio alla casa, all’Italia, in un modo o nell’altro è stata dissolta la realtà industriale». Per affrontare in maniera adeguata l’attuale crisi economica e finanziaria, secondo il presidente della Cei »c’è la necessità anche di immettere capitali freschi nelle industrie», e in questo devono fare di più le imprese italiane. «La manna non viene solo da fuori Italia – ha ammonito il cardinale – c’è anche in Italia, bisogna metterla in circolazione». Insieme all’immissione di capitali, bisogna fare «ingresso in mercati nuovi» e vedere «come dosare e connettere questi due elementi».

«Quando parliamo di integrazione parliamo di una sfida, e questo vale per tutti». Con queste parole il cardinale Bagnasco ha risposto alle domande dei giornalisti sugli scontri a Tor Sapienza. «È necessario – ha detto Bagnasco – avere un cuore accogliente verso tante persone che, in situazioni di grande difficoltà dei propri Paesi, cercano qui un futuro migliore». «Ciò presuppone – ha aggiunto il cardinale – nel cuore dei tanti nostri fratelli e sorelle il desiderio di trovare un domani nell’integrazione con le popolazioni che li accolgono». Da parte di tutti, inoltre, bisogna «cercare continuamente di superare la paura dell’altro e del diverso e fare posto a chi approda nella nostra vita per motivi di sofferenza, di disagio, dal punto di vista morale, spirituale, sociale e culturale». «Tutte le reazioni violente, di qualunque forma – ha commentato il presidente della Cei a proposito dell’attualità – dicono la difficoltà della sfida e sono un appello chiaro per tutti, le persone singole e la società tutta, e per i nostri fratelli immigrati, perché la sfida dell’integrazione si possa affrontare insieme in modo costruttivo».

«Voi siete italiani: conoscete la vita dei nostri sacerdoti e delle nostre comunità», ha detto il cardinale Bagnasco, rispondendo alle domande dei giornalisti. «Il clero italiano – ha ricordato il presidente della Cei – ha una storia, una tradizione consolidata, appassionata, di condivisione e vicinanza alla gente». Condivisione e vicinanza, ha spiegato il card. Bagnasco, «che non è guardare la gente da lontano con un binocolo, ma una vicinanza fisica che conosce i problemi della gente, li condivide e cerca di risolverli». «Se parliamo di ‘sporcarci’ – ha detto riprendendo l’invito dal Papa, contenuto nel messaggio inviato all’apertura dell’Assemblea – i limiti ci sono da tutte le parti, ma il volto e le mani del nostro clero sono in questa direzione».

«Dobbiamo sempre più imparare a lavorare insieme, a mettere in comune le forze». Con questa frase il cardinale Bagnasco ha sintetizzato la direzione nella quale occorre approfondire la questione della vita e della formazione dei presbiteri. «Abbiamo individuato nella vita del presbiterio la punta di diamante per la formazione e la vita del clero, ma anche per l’organizzazione pastorale», ha riferito ai giornalisti. Tuttavia, ha aggiunto, «non basta dire di pensare di più a certi valori per viverli, anche in famiglia si fa fatica». Di qui la necessità di una «maggiore collaborazione e disposizione a lavorare insieme»: è questa la «grazia dello Spirito Santo pur nella ristrettezza numerica». Rispondendo a una domanda sul calo delle vocazioni, il cardinale ha fatto notare che la diminuzione del clero, in Italia, «è a macchia di leopardo»: «Abbiamo molta fiducia – ha commentato – perché il Signore è fedele alla sua Chiesa e non si può disperare mai». In positivo, il calo numerico dei sacerdoti può essere un’occasione per «riscoprire la partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, che non deve essere vista come supplenza o ripiego, ma come esercizio del diritto-dovere che ogni cristiano ha di partecipare alla vita della Chiesa, come ricorda il Concilio». Terzo imperativo: «credere di più nella pastorale vocazionale».