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Assassinio di via della Scala, dalla depressione all’omicidio

di Marco LapiCapita spesso, leggendo una notizia di cronaca nera, di sentirsi umanamente vicini alla vittima e ai suoi familiari, soprattutto in un caso come quello di Rossana D’Aniello, madre di famiglia, cattolica praticante, trovata uccisa senza un perché nel suo appartamento di via della Scala. Poi arriva la notizia dell’arresto della colpevole e scopri una prossimità vera con lei e i suoi, che conosci per averli visti e frequentati a lungo in quella che fino a 15 anni fa era la tua parrocchia. E ti feriscono davvero quei titoli sulle locandine e sui giornali, che chiamano Daniela «assassino» e «killer». Non perché potresti affermare il contrario, vista l’efferatezza del crimine, ma perché sai che non sono e non potranno mai essere quelle le parole giuste per descrivere la triste vicenda.

Daniela appariva sempre sola, chiusa in se stessa, nonostante avesse attorno una famiglia meravigliosa e non le mancasse, nemmeno ultimamente, la disponibilità di alcuni, ancorché pochi, amici rimasti a lei vicini. Il suo problema psichico, che le impediva di aprirsi agli altri e di comunicare veramente, non le ha neppure permesso di chiedere l’aiuto di cui aveva bisogno e infine l’ha portata a compiere il tragico gesto che ha compiuto. «Dispiace di non essere riusciti a capirla in tempo», diceva l’amica che ultimamente le era stata più accanto e di cui almeno un po’ si fidava. Anche se capire, probabilmente, era davvero impossibile.

Ogni fatto del genere che capita mette in discussione la validità dell’attuale sistema di assistenza psichiatrica. Ma non si può neppure scaricare tutto su politici e addetti ai lavori. Se, con la legge 180, i manicomi si sono aperti, ma in gran parte sul vuoto, ebbene, quel vuoto è anche di una società «assente» e, per dirla con parole più concrete e più a noi vicine, di un volontariato anche cattolico che in questo settore offre poco o niente di strutturato, lasciando alla sensibilità dei singoli una carità priva di connotati sociali o politici e ben poco «appagante» anche dal punto di vista umano, dato che qualche volta ci si può sentir rispondere un’offesa o una bestemmia piuttosto che un grazie.Perché questa triste vicenda, che ha tragicamente coinvolto due famiglie del «mondo cattolico», possa servire a qualcosa, sarà bene che ciascuno di noi non giri ancora una volta la testa dall’altra parte, ma si senta realmente interpellato da questo problema, a cominciare anche da noi stessi e da quello che potremo fare come giornale. Proprio in questi giorni la Chiesa si è interrogata sul fenomeno della depressione con un convegno in Vaticano. Il problema è far seguire alle analisi i fatti, consapevoli che solo l’accoglienza, l’apertura sincera e gratuita del cuore può forse far rinascere un barlume di speranza e ragionevolezza laddove la ragione è venuta meno e la disperazione domina. Cominciamo almeno a parlarne: lo dobbiamo prima di tutto a Rossana, a Daniela e alle loro famiglie sconvolte dal dolore.