Toscana

Asili e rifiuti ai privati, ma è vero risparmio?

di Ennio Cicali

Dodicimila euro l’anno è il costo di un bambino in un asilo pubblico, in uno convenzionato si riduce a 4800 per effetto delle esternalizzazioni dei servizi che hanno alleggerito gli enti locali (Comuni, Province, Regioni, ecc.) di molte funzioni passate a privati. Un processo che in Toscana si è sviluppato in modo consistente, interessando attività tra le più disparate, ritenute finora pubbliche. L’elenco è lunghissimo, tra questi: la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, mense scolastiche e scuolabus, parcheggi, attività cimiteriali, gestione e manutenzione impianti sportivi, eventi e servizi culturali, gestione impianti termici, manutenzione verde pubblico, pubblica illuminazione, pulizia dei locali.

Nella gestione dei servizi gli enti locali sono abbastanza liberi di scegliere come e da chi farli gestire. Di conseguenza si registrano le scelte dei soggetti più disparati che vanno dalle fondazioni e associazioni, consorzi, società partecipate o di capitali, cooperative, imprese private. In Toscana risultano essere per il 46,88 interamente privati, il 32 per cento da società partecipate, solo il 18,75 per cento sono interamente pubblici.

Il confronto fra il costo dell’asilo nido pubblico e privato è stato fatto nel convegno «Produrre o acquistare servizi?» organizzato dal Cispel (l’associazione regionale che rappresenta oltre 240 aziende di servizio pubblico) e l’Anci (l’associazione dei Comuni italiani). Perché i servizi affidati all’esterno costano meno? Lo spiega Paolo Fontanelli, presidente regionale dell’Anci toscana e sindaco di Pisa, a proposito degli asili nido. «Una differenza così rilevante – dice – passa anche attraverso una maggior debolezza dei contratti di chi lavora nei nidi a convenzione». Una spiegazione che non piace ai sindacati della funzione pubblica, provocando l’intervento dei segretari regionali: Andrea Morandi (Cisl) e Andrea Brachi (Cgil). «Ci sono nidi gestiti da certe cooperative – spiega Brachi – in cui le educatrici sono pagate per tre ore di lavoro, ma ne fanno sei. Sono tutte co.co.co. e hanno paura ad aprire pubblicamente una vertenza perché sennò le mandano via. Le accompagnatrici dei pulmini prendono 3,50 euro lorde l’ora, le custodi dei musei 4,50 l’ora». Controreplica di Fontanelli: «Le maestre della cooperativa guadagnano meno? Hanno diritto di lavorare anche loro. I sindacati mettono a rischio servizi e posti di lavoro».

Le esternalizzazioni intanto vanno avanti, nonostante il memorandum sottoscritto da governo ed enti locali. È un universo difficile da esplorare, nonostante l’impegno dei sindacati, mentre emergono qua e la dei particolari. A Pistoia, secondo la Cgil, sono ben 78 i servizi dati in appalto, complessivamente nella provincia ne sono stati esternalizzati 192, si va dai 20 di Montecatini Terme ai 3 di Buggiano e Chiesina Uzzanese. «A Pisa – racconta Brachi – volevano esternalizzare alcune funzioni di controllo che spettano ai vigili come quelle ambientali e sui cantieri. A San Giuliano una società avrebbe dovuto occuparsi di verde pubblico, entrate e servizi vari, svuotando tutte le funzioni comunali. A Monsummano pensano di dare alle associazioni di volontariato i servizi di pronto intervento sulle strade». Altri segnali giungono dalla Toscana. «Il Comune di Firenze voleva esternalizzare il servizio cimiteri, poi ha avuto un ripensamento e ha ritenuto invece di fare nuove assunzioni e di continuare a gestire direttamente tale attività – spiega Andrea Morandi –. Sempre lo stesso Comune ha intenzione di creare una «istituzione», per la gestione di natura pubblica, per i servizi come musei e biblioteche; nel frattempo intende esternalizzare alcune attività collaterali a questi servizi, come custodia locali, biglietterie, ecc. Quindi si conferma una gran voglia di esternalizzare, insieme a tanta confusione». Chi paga la differenza fra il costo di un servizio pubblico e quello esternalizzato. I sindacati non hanno dubbi: pagano i lavoratori e gli utenti. I lavoratori perché sono pagati meno, gli utenti perché potrebbero ricevere un servizio peggiore. La questione è diventata politica. Brachi, infatti, ha fatto notare che «ci sono partiti che organizzano manifestazioni per i diritti dei lavoratori, ma poi quando sono nelle giunte, dove hanno sindaci e assessori, si dimenticano gli obiettivi per cui hanno portato la gente in piazza». Parole che hanno suscitato reazioni di opposta natura ma con un obiettivo preciso: la legge regionale sugli appalti, contestata da varie parti, sia dai Comunisti italiani che da Forza Italia.

«Chi denigra lavoratori e lavoro pubblico ha in verità la volontà di privatizzare i servizi – afferma Andrea Morandi –. Intanto nel pubblico impiego si bloccano le assunzioni; così invecchia la popolazione lavorativa, dal 2001 al 2003 l’età media è passata da 43 a 45 anni e si calcola che l’invecchiamento sia addirittura di 10 anni dal 1995 ad oggi. Il personale precario è passato dalle 120 mila unità degli anni ’90 agli attuali 600 mila. Dunque invecchiamento e precarizzazione.     La Cisl Funzione Pubblica intende far leva sulla contrattazione, a cominciare da quella sul memorandum per modificare questa pericolosa linea discendente. Bisogna uscire dalla genericità, verificare in concreto le singole branche dell’amministrazione pubblica per i necessari interventi di riorganizzazione e per costruire una nuova qualità. In tal senso anche rispetto alla politica del personale, laddove ci sono carenze ed eccedenze. Senza ideologia, ma anche senza resa ai rampanti privatizzatori della cosa pubblica».

Fin qui le reazioni di sindacati, amministratori e forze politiche. Resta il dubbio. le esternalizzazioni cosa sono? Una situazione, insomma, nella quale è difficile distinguere quali sono i vantaggi per i cittadini – utenti, visto che le tasse non diminuiscono e i servizi vanno così e così.

«Esternalizzazione», neologismo alla modaEsternalizzazioni, un brutto neologismo, uno dei tanti che termina in «oni» – privatizzazioni, fusioni, liberalizzazioni – che ancora un cittadino normale non è riuscito a capire bene a chi giovino. Esternalizzazioni in parole povere significa affidare a privati l’esercizio di pubbliche funzioni, facendo risparmiare l’ente pubblico. Dagli anni 80 le pubbliche amministrazioni, forti della necessità di risparmiare, riorganizzare o estendere nuovi servizi ai cittadini, hanno dato luogo a processi d’esternalizzazione dei servizi che, secondo i sindacati, sono risultati disordinati, talora selvaggi, Quelle che potevano essere motivazioni da valutare con equilibri e responsabilità, sono così diventati strumenti di un percorso che mette in discussione la natura pubblica dei servizi.

Gli enti locali (Comuni, Province, ecc.) nell’esternalizzare funzioni operative importanti, quali i servizi pubblici locali, hanno ceduto all’esterno, in particolar modo nel caso di aziende pubbliche, funzioni di conoscenza, governo e controllo delle attività in modo talmente radicale da non essere quasi più capaci di svolgere le funzioni più pregiate di «governo» e di indirizzo relative a quel servizio o a quell’attività. Per fare un esempio più toscano, in alcuni casi gli enti locali non svolgono attività «pregiate» di indirizzo nelle loro aziende, partecipate o controllate, avendo trasferito all’azienda i propri compiti di definizione delle strategie miste o nel caso di processi di fusione. Alfredo De Girolamo, presidente di Cispel Confservizi Toscana, auspica un’amministrazione pubblica «leggera» che dovrebbe avere solo funzioni pregiate di indirizzo, programmazione e controllo,  trasferendo a soggetti specializzati attività meramente operative o tecniche.

Sono di diverso avviso i sindacati che rilevano come il risparmio derivante dai processi di esternalizzazione non sempre è garantito e spesso grava sulle spalle dei lavoratori – con meno diritti – ma soprattutto non produce una migliore qualità dei servizi. Una buona amministrazione, dicono, dovrebbe verificare l’utilità di queste scelte, in risparmi e qualità dei servizi, distinguendo quali sono le attività «core», ovvero strategiche e fondamentali e quindi da mantenere in gestione diretta.

Su questo argomento i sindacati confederali hanno sottoscritto un accordo con governo e controparti pubbliche (Comuni, Province, Regioni, ecc), definito «memorandum», con l’intento di limitare le esternalizzazioni e il ricorso alle consulenze esterne, spesso costose e non fondamentali. Da tempo i sindacati chiedono l’apertura di un confronto, come previsto dal memorandum. Due sono le preoccupazioni: il futuro dei servizi pubblici e della loro rispondenza ai bisogni dei cittadini e quello dei lavoratori. Le polemiche di questi giorni non hanno rasserenato il clima, tutt’altro.