Toscana

Apuane, svolta per il Parco

di Marco Lapi

E’ proprio il caso di esclamare «meglio tardi che mai». A quasi 23 anni dalla prima legge istitutiva (la numero 5 del 21 gennaio 1985), a poco più di dieci dalla nascita dell’ente per la sua gestione (legge regionale 65 dell’11 agosto 1997), a otto dal varo dello statuto (poi modificato nel 2003), lo scorso 29 novembre il Parco Regionale delle Alpi Apuane ha finalmente adottato – al termine di un iter ultradecennale – il proprio piano, lo strumento di attuazione prioritario per il perseguimento, secondo la stessa legge, della «tutela dei valori naturali e ambientali». Lo ha fatto lo scorso 29 novembre, con voto unanime dei consiglieri presenti. Certo, non è finita qui: ora si apre il tempo delle osservazioni, sia da parte degli enti locali interessati che dei singoli cittadini. Il passo «storico», comunque, è stato fatto, grazie anche allo stralcio, da parte della Regione, della parte riguardante le attività estrattive che seguirà un iter proprio e comunque relativamente breve, con la Regione stessa pronta a deliberare in caso di mancato rispetto dei tempi.

«La prima cosa da notare – afferma il presidente Giuseppe Nardini – è che il Parco diventa più grande; passiamo da 17 a 24 mila ettari e con confini certi, non più così frastagliati come nella vecchia perimetrazione, e questo dà già un’immagine diversa. Dopo 22 anni possiamo dire che oggi il Parco è un bambino che comincia a crescere, molto più accettato sul territorio rispetto a una volta. C’è una cultura diversa rispetto a prima, si comincia a capire che il Parco è un’opportunità».

Tra le questioni spinose che restano da dirimere ci sono, come detto, le cave ma c’è anche l’attività venatoria che ha risentito dell’ampliamento dei confini. «La partita delle cave di marmo, che poi all’interno del Parco sono solo il 20% del totale – prosegue Nardini – rimane tutta da giocare. Abbiamo un anno di tempo per trovare una soluzione assieme agli altri soggetti interessati, altrimenti provvederà un commissario nominato dalla Regione: una prospettiva che ritengo debba essere evitata ma può funzionare come deterrente, come ulteriore stimolo a fare presto e bene. E spero sia un esempio per le attività di cava al di fuori dal Parco, perché c’è molto da ridire, a cominciare dalla questione del carbonato di calcio, materiale povero dove si guadagna sulla quantità. Non vale la pena che il nostro marmo faccia questa fine».

Una preoccupazione e un giudizio che trovano d’accordo anche Michele Silicani, sindaco di Stazzema e dallo scorso giugno presidente della Comunità del Parco, l’assemblea degli enti locali compresi nel territorio. «C’è una corsa al depauperamento, con tutto ciò che comporta anche in termini di infrastrutture e di traffico nei paesi: tre, quattro, cinque camion in batteria, uno dopo l’altro… Non è la scaglia che si aggiunge al blocco di qualità, è il mordi e fuggi che brutalizza il territorio, senza mitigazioni, con asportazioni sotto costo e quindi svalutazione del marmo stesso. Su questo credo che dovremo tutti riflettere abbondantemente. La partita si gioca sul privilegiare la filiera: abbiamo già perso dieci anni da quando è iniziato questo fenomeno, senza regolamentazioni né ricadute economiche, neppure in termini di tasse che potevano servire per adeguamenti infrastrutturali e messe in sicurezza».

Sul tema della caccia, invece, Silicani è convinto che occorra aprire una finestra quantomeno per le battute al cinghiale: «C’è da salvaguardare la possibilità della caccia a questo ungulato che è fonte di preoccupazione per diverse zone. Mi ripropongo quindi di convocare a breve una riunione della Comunità su questa questione. L’idea è quella di permettere la caccia non nella vecchia area a tutela integrale ma nelle aree aggiunte, ben identificabili grazie alla maggior certezza dei confini, ovviamente con una regolamentazione specifica molto rigida. Una sorta di caccia selettiva, con un numero di abbattimenti controllati ma anche necessari visti i danni apportati dai cinghiali. Tra l’altro, le associazioni venatorie sarebbero disponibili ad una cooperazione con i guardiaparco contro il bracconaggio e per la manutenzione di alcuni sentieri e altri ambienti».

La fase che si è aperto con l’approvazione del Piano, sottolinea ancora il sindaco di Stazzema, «è estremamente delicata e va assolutamente gestita in maniera corretta, tanto più che in questo stesso periodo delle osservazioni e controdeduzioni devo contemporaneamente gestire, come presidente, le procedure inerenti al rinnovo dei componenti del direttivo della Comunità di Parco, che scade a aprile». Direttivo che comunque, chiosa Silicani, non rappresenta certo un costo della politica, dato che non sono previste indennità o gettoni di presenza neppure per il presidente stesso, peraltro già scarsamente indennizzato come sindaco di un comune piccolo come popolazione, pur essendo il maggiore del Parco come territorio.

Tra i primi obiettivi del piano, il presidente Nardini punta sulla creazione di una rete di servizi per il turismo ma anzitutto per il territorio stesso. «Così – afferma – si arriverà ancora meglio a capire che il Parco non è più un oggetto misterioso ma qualcosa che serve e serve molto. L’incremento del benessere delle popolazioni locali è del resto nella stessa legge istutitiva del Parco. Siamo solo all’inizio di un percoso: il piano rappresenta infatti un’opportunità concreta per alternative economiche a cominciare dal turismo, ma anche l’agricoltura e la riforestazione».

«È un’occasione da non perdere a favore della nostra montagna», gli fa eco Silicani. «Pensiamo alla possibilità di teleriscaldamento ed “energizzazione” a legna e con mini centrali idroelettriche a basso impatto, come quella di Cardoso. C’è la possibilità di utilizzare il cippato, con impatto e costo contenuto, non più per esperimenti pilota o sperimentali ma con veri e propri investimenti a favore di una coscienza ambientale diversa, capaci di attivare una filiera del legno che consenta anche di avere nuovamente boschi puliti. Si tratta, insomma, di scommesse moderne da vincere recuperando valori antichi».