Toscana

Apuane, 5 morti in un mese: impossibile far finta di niente

di Marco Lapi

Di fronte a un bilancio come quello dell’ultimo mese, per le Apuane non è esagerato parlare di emergenza. Per questo, le amministrazioni locali non sono rimaste con le mani in mano: nel tentativo di impedire il ripetersi di simili carneficine, su iniziativa del sindaco di Stazzema Michele Silicani si è tenuto lunedì 5 gennaio un primo vertice presso la sede municipale di Pontestazzemese, al quale sono intervenuti anche alcuni responsabili del Club alpino italiano e del Soccorso alpino e speleologico della Toscana.

Stazzema, infatti, è il territorio comunale in cui si sono verificati ben tre dei cinque incidenti mortali, comprendendo al suo interno l’intero Monte Corchia e il versante occidentale della Pania della Croce, anche in passato teatro di numerose sciagure. Sono emerse proposte anche drastiche, come la chiusura di certi itinerari in presenza di condizioni di pericolo dovute allo stato del manto nevoso, con tanto di multe per eventuali infrazioni, ma si è soprattutto sottolineata la necessità di estendere il più possibile l’informazione sulle condizioni della montagna, sia attraverso internet che sui normali mezzi di comunicazione come giornali, Rai e tv locali.

Attualmente il sito del Soccorso alpino (www.sast.it) fornisce notizie di massima sulle condizioni di pericolo eventualmente presenti, mentre per quanto riguarda le Alpi Apuane un ottimo strumento di informazione è rappresentato dal forum on line di www.alpiapuane.com, gestito dagli stessi appassionati di queste montagne. Ma la rete, pur fondamentale, non basta, anzi non serve proprio se non passa prima di  tutto un concetto fondamentale, ribadito anche nel corso di un lungo dibattito in merito all’interno del suddetto forum: il fatto cioè che le Apuane, in veste invernale, diventino un terreno non più escursionistico ma a tutti gli effetti alpinistico. Da sempre mete ambite non solo dagli appassionati di montagna toscani, ma anche perlomeno per liguri ed emiliani, queste cime vedono avventurarsi sui loro versanti un numero ancora troppo elevato di inesperti, per non dire del tutto sprovveduti.

E se nella loro veste invernale possono diventare per gli alpinisti più forti e consapevoli dei propri mezzi un terreno ideale e di incredibile bellezza, soprattutto per i tanti itinerari che acquistano senso (e talvolta addirittura percorribilità) solo in questa stagione, per i semplici escursionisti e gli alpinisti più modesti devono necessariamente restare off-limits, almeno nei loro versanti più a rischio.

Eppure non solo gli incidenti mortali, ma anche e forse soprattutto altri episodi finiti per fortuna bene di quest’ultimo mese fanno capire come in troppi si avvicinino alla Pania della Croce o al Corchia, al Sagro o alla Tambura senza non solo il dovuto rispetto, ma neppure la conoscenza basilare dell’ambiente che vanno a incontrare.

Così si continua ad andare verso il Rifugio Del Freo alla Foce di Mosceta, tra Corchia e Pania, privilegiando il più breve sentiero dal valico di Fociomboli (dov’è caduto il sessantenne Francesco Battaglia, morto sabato 3) anziché salire da Pruno, quando anche un bambino dovrebbe sapere che i versanti a nord in certe condizioni sono i più insidiosi. Oppure giungono notizie di persone avvistate al Rifugio Conti, a oltre 1400 metri di quota, o alla base del versante ripido e ghiacciato del Sagro senza né piccozza né ramponi (che pure bisogna saper usare bene), figurarsi la corda e i chiodi. Come il numeroso gruppo salvato nei giorni dell’Immacolata a Puntato, sempre sul versante nord del Corchia, dai «soliti» del Soccorso alpino (volontari davvero encomiabili per la loro disponibilità e generosità) che semplicemente hanno portato loro i ramponi che non avevano, dopo che nella stessa giornata avevano recuperato un ferito che, caduto in un canale dal sentiero tra Puntato e Mosceta, aveva riportato la frattura di entrambe le gambe.Certo, ci sarà ancora da esaminare bene la dinamica degli incidenti di questo assurdo mese, capire quanto siano stati causati da negligenza e quanto da fatalità, ma la sostanza cambia di poco. C’è, anzitutto, un’educazione alla montagna su cui lavorare e sono ancora troppi quelli che credono di essere «arrivati» soltanto perché hanno fatto un corso di base al Cai o per la loro antica frequentazione di certe cime. Salvo scordarsi che, da un giorno all’altro, anche il più facile dei sentieri può cambiare radicalmente aspetto o essere letteralmente cancellato dall’abbondanza di una nevicata, com’è accaduto appunto tra il Rifugio Conti e il Passo della Tambura, dove la mattina dell’Immacolata è morto il pittore camaiorese Marcellino Bonuccelli.Quanto ai provvedimenti immediati, in un successivo vertice tenutosi in Regione nel pomeriggio di mercoledì 7 è stato dato mandato a Soccorso alpino e Cai di presidiare il territorio in punti strategici allo scopo di consigliare ed eventualmente dissuadere eventuali escursionisti ritenuti non all’altezza della situazione. Lo stesso Soccorso alpino diramerà inoltre, per ogni fine settimana, informative aggiornate sulla percorribilità dei sentieri alla Protezione civile e ai Comuni.

Per giovedì 15 è stata inoltre fissata, sempre in Regione, la riunione di una commissione che definisca criticità e criteri di comunicazione omogenei cui attenersi, anche nell’indicazione dei rischi. Per quanto riguarda invece la provincia di Lucca, un nuovo vertice è in programma in Prefettura per lunedì 12, sperando che giunga dopo un week-end finalmente tranquillo.

Una carneficina, poi il dramma di San PellegrinoCinque morti in meno di un mese, due dei quali nel ponte dell’Immacolata e tre nel fine settimana a cavallo tra Capodanno e l’Epifania. Se non è un bollettino di guerra, poco ci manca. Complici le abbondanti e precoci nevicate, le Alpi Apuane si sono trasformate in una trappola infernale, come già in passato più volte era accaduto, confermandosi come il gruppo montuoso italiano più funestato da incidenti mortali almeno in queste condizioni climatiche. Mai banali nonostante le quote relativamente modeste, inferiori ai 2000 metri, le montagne del marmo in inverno accrescono a dismisura il loro fattore di rischio anche a causa della vicinanza del mare. La coltre nevosa può infatti facilmente trasformarsi in più punti in ghiaccio vero e proprio quando le temperature si riabbassano repentinamente al termine di una giornata di sole. Affrontare un’escursione solitamente semplice in queste condizioni può divenire assai problematico, per non dire impossibile, comunque riservato a persone di grande esperienza e capacità tecniche, ovviamente fornite delle necessarie attrezzature. Che non per questo possono dirsi al riparo dai rischi, come dimostra la morte del ventottenne Lorenzo Banci domenica 4 gennaio sul Monte Corchia, causata, a quanto sembra, dall’essere banalmente inciampato sui propri ramponi. Già, perché in certi frangenti basta cadere, come ha dimostrato anche la sesta vittima di questo periodo nero, il piccolo Umberto Iacomino, scivolato lunedì 5 al santuario di San Pellegrino in Alpe, sul versante appenninico della Garfagnana, e schiantatosi più in basso contro un albero.