Toscana
Appalti pubblici: Gruppo misto, stop alle scatole cinesi
«Una legge per mettere fine al meccanismo delle scatole cinesi negli appalti pubblici, a partire da quelli gestiti dalla Regione Toscana». E’ quanto hanno in mente i consiglieri Dario Locci e Marina Staccioli (Gruppo Misto). La proposta nasce in seguito ad uno studio ad hoc, affidato all’economista Lidia Undiemi e presentato oggi a Palazzo Panciatichi, alla presenza di Nino Galloni, dirigente Inps ed esperto in economia del lavoro.
«Dall’analisi di alcune crisi aziendali gestite dalla Regione attraverso Fidi Toscana – spiega Undiemi – siamo arrivati a formulare un progetto sperimentale in grado di mettere un freno al sistema dello spacchettamento delle società e dei subappalti in serie, materia che tende a sfuggire al controllo dell’amministrazione».
Lo studio prevede una collaborazione attiva e costante tra Regione e Banca d’Italia (anche attraverso le nuove tecnologie) per il controllo della gestione delle risorse pubbliche in conto proprio e in conto terzi, attraverso la creazione di «indici rilevatori» di anomalie gestionali. «Un modo per capire quando e come le risorse pubbliche vengono dirottate su interessi differenti rispetto a quello comune», chiarisce Undiemi. «Il progetto – aggiunge – potrebbe essere “esportato” poi in altre Regioni. Personalmente lo presenterò in Sicilia».
Ma il progetto si spinge oltre. «Abbiamo già depositato una proposta di legge – dichiarano Locci e Staccioli – per la dismissione delle partecipate detenute tramite Fidi». «A sei mesi dalla famosa lettera di Bankitalia – sottolineano i consiglieri – non si è ancora provveduto a dismettere le quote che avevano dato origine al presunto conflitto di interesse. Per la gestione delle partecipate – continuano Locci e Staccioli – si è parlato di newco, di Sici, ma finora la decisione è stata di volta in volta rinviata, esponendo la finanziaria regionale a un possibile ulteriore richiamo».
«Con questa proposta di legge – concludono i consiglieri – diamo un indirizzo chiaro: no al passaggio delle partecipate a una nuova società anch’essa controllata dalla Regione o da Fidi, attiviamo un serio piano di dismissione attraverso il quale ritrovare la figura dell’imprenditore e del rischio di impresa. Basta con la gestione delle risorse pubbliche senza assunzione di responsabilità».