Lettere in redazione
Aperture domenicali, una lettera al Sindaco
Vorrei condividere con il settimanale questa lettera spedita ad un Primo Cittadino, primus inter pares. Non si tratta tanto di accendere una polemica, quanto e sopratttutto di un invito a riflettere su iniziative a cui siamo sempre più abituati a rispondere con indifferenza e assenteismo, sempre meno consci dell’importanza alla partecipazione attiva alle vicende del territorio. Di fronte agli enormi interessi economici la mia è solo una goccia nell’oceano, ma sono convinta che con il nostro poco, possiamo fare molto.
Caro Sindaco, l’aumento delle aperture domenicali dei Centri Commerciali, nutre in me un profondo disappunto. La mia affermazione potrebbe essere anacronistica: oggi, in tempi di crisi , è opinione diffusa che qualsiasi iniziativa volta a incentivare una maggiore circolazione di liquidità monetaria, non possa che dare dinamismo a questa statica situazione economica. Nella mia riflessione, tuttavia, vorrei non solo includere motivazioni commerciali o strettamente economiche, ma dare a queste un respiro culturale.
Come primo punto di riferimento non posso non fare appello alla Costituzione, soprattutto all’articolo 36 e all’articolo 41 nei quali si fa riferimento non solo alla retribuzione monetaria, ma si tiene conto di questa in proporzione alla quantità e qualità del lavoro e all’esistenza libera e dignitosa da garantire al lavoratore e alla sua famiglia. L’articolo 41 inoltre sottolinea come l’iniziativa economica privata debba essere libera, senza svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Mi chiedo se contribuire nei fatti alla cancellazione progressiva della domenica , culturalmente riconosciuta come giorno di riposo non individuale ma esteso ad una collettività, non possa ledere alla lunga alla libertà, alla dignità e all’utilità sociale.
Mi ricollego a questo proposito ad un interessante articolo scritto da Simone Pitossi, su Toscana Oggi nel mese di febbraio dello scorso anno, contenente, alcune considerazioni di Turiddo Campaini, presidente del consiglio di sorveglianza di Unicoop, proprio sulle aperture domenicali. Egli ha fatto presente come tale discussione abbia un valore simbolico che non bisogna sottovalutare. In riferimento al particolare periodo storico, non si tratta solo di una crisi finanziaria, ma ancora prima di una crisi culturale e di valori. Dobbiamo tutti chiederci, sia come lavoratori, imprenditori, ma anche come cittadini e uomini, se trascorrere la domenica a fare shopping sia la soluzione migliore per rafforzare i legami famigliari di una società con endemici problemi di coesione. Campaini aveva fatto , inoltre, giustamente riferimento al mondo politico come il referente per eccellenza, quando occorre stabilire un ponte fra interessi particolari e generali: le istituzioni sono chiamate a valutare se gli interessi economici vadano anteposti a quelli dei cittadini toscani, che sono esseri umani prima che consumatori.
Le sarei grata, se Lei, potesse esprimermi la Sua opinione, non per dare vita ad un dibattito polemico, ma per un reciproco arricchimento. Attraverso il dialogo si promuovono cultura e democrazia.
Solo per ragioni di spazio ho dovuto tagliare qualche passaggio della lunga lettera, cara Stefania, ma sottoscrivo in pieno le riflessioni e gli interrogativi che hai espresso al Sindaco e che chiedi di poter condividere anche con i nostri lettori. Proprio in questi giorni si sta discutendo della possibilità di ampliare le aperture domenicali nei centri commerciali. A Prato, ad esempio, dove l’assessore comunale alle attività produttive Roberto Caverni, ha proposto addirittura di concedere il permesso per tutte e 54 le domeniche, contro le 22 previste finora dall’accordo di «area vasta». Questo mentre cresce il disagio dei lavoratori del commercio.
Lo scorso 17 ottobre, ad esempio, hanno protestato quelli di uno dei più grandi Centri commerciali della Toscana, «I Gigli», dopo la decisione del Comune di Campi Bisenzio di concedere due deroghe alle aperture domenicali. I lavoratori temono di questo passo di ritrovarsi «ogni domenica al lavoro, senza respiro fin dopo Natale», con la conseguenza di rimanere «tagliati fuori dalla vita sociale e familiare». «Nessuno ha tenuto conto» delle nostre «esigenze, dei problemi: con chi lasciare i figli?», hanno scritto i sindacati Cgil-Filcams, Cisl-Fisascat e Uil-Tucs in un documento diffuso nell’occasione. E proseguono: «Quando staremo con le famiglie? Nessuno si ricorda mai di chi lavora in questi scatoloni di cemento, pieni di merce e vuoti di umanità. Ma noi siamo cittadini come gli altri, abbiamo gli stessi diritti: per il Comune, evidentemente, prima di noi vengono gli interessi delle aziende e dei centri commerciali».