Italia
Antonelli: «Il nuovo Pontefice ha la linea tracciata»
Eminenza, la dimostrazione di affetto per Giovanni Paolo II che vediamo in questi giorni è straordinaria: quali sentimenti si respirano tra le persone che si avvicinano al Papa?
«Commozione, affetto, desiderio di un ultimo incontro diretto, soprattutto venerazione. Il popolo si accosta a lui come alla persona che più di ogni altra lo può mettere in contatto con Dio, perché Papa e perché santo».
La perdita di una figura come Giovanni Paolo II lascia un senso di vuoto, di smarrimento: è difficile immaginare una nuova guida per la Chiesa. Con quale atteggiamento i cristiani devono guardare al futuro?
«Con assoluta fiducia. Il pastore, in senso proprio, della Chiesa è Cristo. Nei primi secoli i cristiani rappresentavano spesso la Chiesa come una nave con un albero a forma di croce. Il Signore, crocifisso e risorto, è lui che conduce la navigazione».
Lei condividerà con i cardinali del Conclave la responsabilità della scelta del futuro Pontefice: come vive questi momenti?
«Cerco soprattutto di pregare con il cuore aperto a tutta la Chiesa e a tutta la famiglia umana. Cerco anche di raccogliere informazioni e di riflettere».
La vita del Papa, ha detto lei, è «un capolavoro della misericordia di Dio». Un Papa saldo e fermo nel difendere la verità, ma anche capace di entrare in sintonia con tutti. Che eredità lascia alla Chiesa questo Papa?
«Sì, il Papa è stato un capolavoro della misericordia di Dio e un capolavoro di Maria, madre della Chiesa, per il bene dell’umanità smarrita, inquieta, alienata da Dio e divisa in se stessa. È stato un faro di speranza e una potente forza di comunione e di riconciliazione. Egli lascia alla Chiesa la grande testimonianza che si deve unire la più grande carità verso tutti con la più grande fedeltà alla verità di Dio e dell’uomo, senza cedimenti alle mode culturali e ai poteri di questo mondo. Ci incoraggia a sviluppare una forte identità cristiana ed ecclesiale e insieme una grande apertura al dialogo e alla collaborazione, cogliendone tutte le possibilità».
Come ha cambiato la Chiesa questo Pontificato? L’impressione è di una Chiesa più «universale», che è molto cresciuta nelle zone più lontane del mondo, ma che anche in Italia e in Europa vede i segnali di una nuova fioritura. È così?
«Il pontificato, durato quasi 27 anni, ha visto certamente una crescita quantitativa e qualitativa della Chiesa in America, in Africa e in Asia. L’Europa occidentale, e in parte anche l’Italia, è in misura assai rilevante secolarizzata. Tuttavia ci sono minoranze che danno splendida testimonianza di preghiera, carità fraterna, servizio ai poveri, impegno educativo, coraggio missionario, gioia cristiana. Costituiscono un segno luminoso e credibile della presenza di Cristo Salvatore, una bella attuazione della Chiesa come segno pubblico e strumento del Regno di Dio».
Giorgio La Pira, di cui si è appena chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione, definiva il magistero papale come la «roccia divina alla quale si ancora ogni salda costruzione umana». Parole che si adattano bene al Pontificato di Giovanni Paolo II. Cosa dovrà fare il futuro Papa per continuare a rappresentare, in un mondo in rapida evoluzione, una roccia su cui l’umanità possa ancorarsi?
«Penso che il nuovo Papa si muoverà sulle linee tracciate da Giovanni Paolo II: attuazione fedele del Concilio Vaticano II, unità della Chiesa nella verità e nella carità, nuova evangelizzazione, dialogo ecumenico e interreligioso, attenzione privilegiata ai giovani e alla famiglia, promozione della dignità della persona, dei diritti umani, della libertà dei popoli, dello sviluppo dei paesi poveri, della pace nel mondo».