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Anniversari: Dalla Chiesa, “tracciò vie di riscatto nelle città umane ancora infestate dal male”

L'omelia dell’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, pronunciata stamani in cattedrale nel 42° anniversario dell’uccisione del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente della Polizia di Stato, Domenico Russo

Carlo Alberto Dalla Chiesa

“Una fede vera si incarna nel credere fino in fondo alle scelte della vita, nel portare avanti il ‘credo inalterato’ degli alti valori umani, civili e religiosi che motivano e guidano l’esistenza personale, familiare, professionale e civica. Una fede che traccia cammini di liberazione nella città degli uomini. E che dimostra quanto siano piccini, piccini gli dei dell’Olimpo mafioso”. Lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nell’omelia della messa che ha celebrato stamani in cattedrale nel 42° anniversario dell’uccisione del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente della Polizia di Stato, Domenico Russo.

Dopo aver indicato la mafia come “una sorta di Olimpo nel quale le varie divinità alternano le loro vicende con esiti cangianti”, il presule ne ha indicato le dinamiche. “Il dio mafioso è lì dove ritiene di potersi nutrire. Il ‘regno dei cieli’ per lui non è fatto di segni e parole, bensì di dominio e di soldi. Tanti soldi. Solo soldi, come icona del regno e del potere. E il sangue degli ‘infedeli’ che non si assoggettano – tanto sangue – feconda e rimpingua i profitti per nuovi investimenti. Ecco dunque il grande delirio: “sono io, siamo noi i padroni della vita e della morte”.

Poi, l’attenzione sulla concezione che la mafia ha dello Stato. “Per il dio della mafia è un’entità incapace, corruttibile, impotente, di fronte alla quale ci si può permettere non solo la scarica di adrenalina che dà il tendere un agguato o far saltare in aria un’auto ma anche il brivido superbo di cercare collateralismo, intese, oltre che passeggiare per le vie di Palermo, da ricercato da tutti ma invisibile a tutti. La vita di un dio mafioso ha un copione preciso: mi faccio vedere quando voglio, ci sono e non ci sono, ho le chiavi del regno”. Tutto l’opposto del “Dio che nel suo Figlio unigenito fattosi carne come noi, morto e risorto per amore, traccia vie di redenzione e libertà e chiama altri e altre, a tracciare vie di riscatto nelle città umane ancora infestate dal male”. “Alla maniera di Carlo Alberto Dalla Chiesa, di Emanuela Setti Carraro, di Domenico Russo. Come hanno fatto loro. Con il loro pensare cristiforme”.