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Annalena, una vita per i poveri dell’Africa

di Antonietta Tartagni e Alessandro RondoniLa missionaria forlivese Annalena Tonelli è stata uccisa domenica 5 ottobre a Borama, nel nord ovest della Somalia, dove dirigeva un ospedale che lei stessa aveva fondato circa sei anni fa per curare gli ammalati di tubercolosi. Stando alle frammentarie notizie, due persone le avrebbero sparato alla nuca. La donna è morta dopo una breve agonia, intorno alle 21. Annalena Tonelli era nata a Forlì nel 1943. Laureata in giurisprudenza, nel 1969 partì per l’Africa, spinta, come lei stessa dichiarò più volte, dalla passione bruciante di donare la vita a Dio, agli altri. Prima in Kenya, a Waijr, poi in Somalia, a Merca, e infine a Borama, nel nord ovest del Paese, ha fondato scuole, ospedali per combattere la tubercolosi, l’Aids. Ma ha dedicato le sue cure anche agli epilettici, ai malati mentali, ai ciechi, per i quali organizzava cicli di cure che hanno portato beneficio a circa 4000 persone; e ancora la scuola per i bambini non udenti, aperta poi a quelli con handicap, ai figli dei somali appartenenti ai clan disprezzati. Ultimamente si era impegnata anche nella lotta contro l’infibulazione.L’opera più che trentennale della Tonelli a favore dei somali aveva ricevuto proprio quest’anno un importante riconoscimento internazionale. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati l’aveva, infatti, insignita del Nansen Award che le era stato consegnato il 25 giugno a Ginevra. «Sono una cristiana – aveva detto la Tonelli ai giornalisti forlivesi incontrati durante la breve sosta nella città natale – sono una donna con una fede incrollabile, rocciosa, che non conosce crisi dai tempi della giovinezza. E questo per grazia di Dio. È una fede incrollabile che mi manda avanti in condizioni di grande difficoltà. Non ho paura – aveva aggiunto – e anche questa è una cosa che non mi sono data. Sono stata in pericolo di vita, mi hanno sparato, picchiato, sono stata imprigionata, ma non ho mai avuto paura. È una cosa che uno si ritrova dentro, che non si dà, e io lo vedo come un evento di provvidenza, di grazia».La notizia della barbara uccisione è arrivata a Forlì, sua città natale, nella serata di domenica 5 ottobre. Le prime reazioni sono state di sgomento e incredulità. Il Comitato per la Lotta contro la Fame nel Mondo, di cui Annalena fu tra i fondatori quarant’anni fa, lunedì è stato chiuso per lutto. Al telefono il presidente, Vanni Sansovini, ha risposto senza sosta alle richieste di notizie e ai messaggi di solidarietà. «Con Annalena – si afferma al Comitato – viene a mancarci una guida spirituale e morale. Ogni contatto con lei era un’occasione di riflessione».

La diocesi di Forlì-Bertinoro ha scritto nel manifesto con il quale invitava a partecipare alla concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, mons. Vincenzo Zarri, martedì 7 ottobre nell’abbazia di S. Mercuriale: «Annalena è stata uccisa. Il suo amore per i poveri rifulge ora della Gloria della Croce». Mons. Livio Lombardi, canonico parroco della Cattedrale, che era stato insegnante di Annalena Tonelli, ha ricordato che «la sua bravura nello studio era superata solo dal desiderio di essere di aiuto agli altri. La carità la rendeva capace di un lavoro che per chiunque altro sarebbe stato estenuante».

Mons. Lombardi ha ricordato anche il suo ultimo incontro con la missionaria. «Parlò della morte – ha detto – come non avevo mai sentito parlare, con una grande serenità, vedendola come il giusto coronamento di una vita».

Sepolta in KenyaAnnalena Tonelli sarà seppellita a Wagir, un villaggio del nord-est del Kenya non lontano dal confine somalo, dove oltre trent’anni fa iniziò la propria attività e dove ha lavorato a lungo a favore delle popolazioni nomadi della Somalia. Lo hanno deciso i familiari, giunti a Nairobi, dove è stato trasferito il corpo della missionaria. I parenti hanno chiesto una cerimonia in forma privata, in linea con la volontà di Annalena Tonelli, che aveva scelto di dedicare la propria vita «ai brandelli di umanità ferita, ai più maltrattati, disprezzati, senza voce» come lei stessa aveva scritto.

L’intervista: La missionaria che si sentiva «nessuno»