Il bicchiere ecumenico è mezzo pieno. E all’insegna dell’ottimismo il discorso pronunciato questo pomeriggio dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione Anglicana al colloqium promosso all’Università Gregoriana sulla figura del card. Willebrands. L’arcivescovo ospite del card. Walter Kasper e appena giunto a Roma per una serie di colloqui in Vaticano in seguito alla pubblicazione della Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus” ha tenuto un lungo intervento in cui ha fatto il punto sullo stato dei rapporti ecumenici tra la Chiesa cattolica e anglicana. Dal Concilio Vaticano II negli anni ’60 ha detto la Chiesa cattolica si è impegnata in una serie di dialoghi con le altre Chiese, inclusa la Comunione anglicana. Dialoghi che hanno prodotto un numero considerevole di accordi. L’arcivescovo ha detto di aver letto con molto interesse l’ultimo libro dell’amato e rispettato amico card. Kasper Harvesting the fruits in cui il dicastero vaticano per l’unità dei cristiani raccoglie i frutti dei dialoghi teologici con le Chiese della Riforma. Dal libro emerge pertanto una forte convergenza e come tale il testo ha detto Williams deve essere preso in seria considerazione. L’arcivescovo ha ovviamente affrontato anche i punti che dividono le due chiese, citando in particolare tre questioni: la questione dell’autorità, la natura del primato e il modo in cui viene concepita la Chiesa universale. Ha parlato anche dell’ordinazione delle donne nella comunione anglicana. Poi ha affrontato per la prima volta in pubblico la delicata questione della nuova Costituzione apostolica con la quale la Santa Sede ha provveduto a trovare una via per accogliere coloro che da parte anglicana ne faranno richiesta. Secondo l’arcivescovo la decisione vaticana mostra che esistono segnali di riconoscimento di diversità che di fatto non compromettono l’unità della Chiesa cattolica. Ovvio ha aggiunto subito dopo Williams che il provvedimento non cerca di fare quello che noi abbiamo detto: non contribuisce ad alcun riconoscimento formale dei ministeri esistenti e capacità decisionali indipendenti, ma resta a livello di riconoscimento di una cultura spirituale e liturgica. In quanto tale, si tratta di una risposta pastorale alle esigenze di alcuni, ma non propone nulla di nuovo dal punto di vista ecclesiologico.Sir