Vita Chiesa

ANGLICANI: CARD. KASPER, NON C’È NESSUNA VIA NUOVA DELL’ECUMENISMO

La Costituzione apostolica che provvede ad accogliere quanti, dalla Comunione anglicana, richiedono di entrare nella Chiesa cattolica preservando elementi della loro tradizione liturgica e spirituale, non può essere considerata “affatto un nuovo ecumenismo, come si è letto nelle ultime settimane in alcuni giornali, anche nei giornali che dovrebbero conoscere meglio le cose”. Parola del card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, che per la prima volta, questo pomeriggio intervenendo a Roma al Colloquium promosso sul card. Willebrands, ha parlato in pubblico della Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus”. Il cardinale ha fatto riferimento al Decreto conciliare sull’Ecumenismo che al numero 4 “chiaramente distingue tra la conversione di individui o gruppi di persone, da un lato e, dall’altro, l’ecumenismo come dialogo con le altre Chiese con l’obiettivo della piena comunione”. “Ripeto – ha proseguito il cardinale -: Non c’è nessun ecumenismo nuovo e neanche la fine del vecchio”. Il cardinale chiede quindi di considerare le conversioni individuali o di gruppo da una parte e il dialogo ecumenico dall’altro con la “massima trasparenza, delicatezza e la stima reciproca in modo da non comportare tensioni con i nostri partner ecumenici”. “Quindi – ha proseguito il card. Kasper – nulla di fondamentale è cambiato per quanto riguarda l’orientamento fondamentale della Unitatis redintegratio”. L’intervento del cardinale sembra voler sgombrare lo spazio della discussione con i partner soprattutto anglicani da ogni equivoco ed aggiunge che “a differenza del proselitismo, l’ecumenismo non vuole costringere qualcuno in qualcosa. L’amore rispetta la libertà degli altri e li rispetta anche nella loro alterità. Come espressione di amore, l’ecumenismo è strettamente legato al rispetto reciproco e alla stima, alla amicizia e alla fraternità, all’incontro e alla cooperazione. Ma alla fine, l’amore vuole l’unità. È per questo che l’obiettivo finale dell’ecumenismo non può che essere la piena comunione di fede, nei sacramenti, nel ministero apostolico e nella missione”. In questo senso, il cardinale ha parlato di “ecumenismo di consenso” valido “anche in futuro” in cui l’amore per l’altro “fa spazio alle differenze legittime e al carisma delle altre Chiese”.Proprio per questa complessità del cammino ecumenico, è chiaro che “l’ecumenismo – osserva Kasper – non è un programma politico che tende ad un ampliamento dell’impero della Chiesa, come qualcuno pensa in maniera ridicola, e non è neanche un compromesso diplomatico fondato sul minimo comun denominatore”. Come diceva papa Giovanni Paolo II “il dialogo ecumenico nella verità” è “uno scambio non solo di idee ma di doni. Il dialogo ecumenico non ci può privare delle nostre rispettive ricchezze, ma ci vuole arricchire a vicenda. Attraverso il dialogo ecumenico possiamo imparare dagli altri ed essere guidati dallo Spirito in tutta la verità (Gv 16,13), in modo che possiamo condividere sempre di più nella pienezza di Cristo”.Sir