Toscana

Amministrative, ad Arezzo e Firenze le uniche sorprese

Otto Province su otto e due comuni capoluogo su quattro al primo turno. È questo il bilancio nei grandi centri della Toscana tutto a vantaggio del centrosinistra che si conferma alla guida delle Province di Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Pisa, Pistoia, Prato e Siena con percentuali tutte oltre il 50%. E si conferma anche alla guida– in prima battuta – delle città di Prato e Livorno. Per il risultato di Firenze ed Arezzo bisognerà aspettare invece il ballottaggio – previsto per sabato 26 e domenica 27 giugno – tra i due candidati più votati. Infatti nessuno dei candidati ha superato la soglia del 50%.

E se a Firenze il risultato sembra scontato (Domenici al 49% contro Valentino al 29%, nella foto i due contendenti), la sfida si presenta incerta invece ad Arezzo dove tra il sindaco uscente Lucherini è sotto di uno scarto minimo (0,3%) rispetto alla sfidante del centrosinistra Monica Bettoni. Al ballottaggio vanno anche altri tre comuni toscani (oltre i 15 mila abitanti): Pescia, Capannori e Lastra a Signa. In tutti gli altri i giochi sono già fatti. E nei prossimi giorni si insedieranno le nuove «squadre» che governeranno il territorio per i prossimi cinque anni.

Arezzo, testa a testatra Bettoni e Lucherinidi Giacomo GambassiE’ stata una corsa all’ultimo voto, ma quando il conto delle schede è finito il verdetto non c’è stato. O meglio è rimandato di due settimane. Ad Arezzo si va al ballottaggio per eleggere il sindaco che guiderà per i prossimi cinque anni Palazzo Cavallo. Dopo uno spoglio al cardiopalma in cui la senatrice Monica Bettoni, al timone di un’ampia coalizione di centrosinistra, sembrava aver superato il quorum del 50% voti, il risultato è stato un altro: 49,26% per il sindaco uscente, Luigi Lucherini, e 49,58% per la sfidante.

In pratica meno di duecento preferenze hanno separato la senatrice – che ha ottenuto 29617 voti – dall’ingegnere della Casa delle Libertà che di voti ne ha avuti 29425. Determinanti sono state le 688 schede andate a Giulio Arrigucci, alla testa della lista civica «Viva Libertà», che ha conquistato 1,15%. Ma le polemiche del dopo-scrutinio non sono mancate perché le schede nulle e non valide sono state duemila e qualche forza politica ipotizza addirittura di presentare almeno un ricorso.

Nelle Comunali l’elettorato aretino ha premiato Forza Italia che, grazie all’«effetto Lucherini», diventa il primo partito della città rispetto alle amministrative del ’99 superando quota 24%. Lo seguono a ruota i Ds staccati di una manciata di decimi e An al 13,7%. La Margherita si attesta sul 7,6%, mentre l’Udc è al 7,4%. Secondo una prima stima, Lucherini ha avuto i suoi punti di forza nelle sezioni del centro storico, mentre Monica Bettoni ha ricevuto maggiori consensi nelle periferie.

Per il sindaco alla ricerca di un nuovo mandato, «il primo tempo della sfida è finito in parità con la città che si è divisa in due». Ma, secondo l’ingegnere, si tratta di una spaccatura «fisiologica» da imputare anche ad «una logica di fedeltà al partito». La senatrice è drastica: «Il primo dato obiettivo è che il sindaco uscente non ha più la fiducia della maggioranza degli aretini. E dal momento che la città è frantumata, occorre un progetto politico per ricucirla».Se giochi tra Lucherini e Bettoni si riaprono, i due aspiranti primi cittadini guardano già con estremo interesse ai voti incamerati da Giulio Arrigucci, ex assessore della giunta Lucherini. Il punto percentuale che ha messo in tasca potrebbe fare la differenza al secondo turno, ma Arrigucci ha già fatto chiaramente sapere di non essere disponibile a schierarsi né col centrodestra né col centrosinistra.

Non c’è stata suspense, invece, nel voto per la Provincia. Il presidente uscente, Vincenzo Ceccarelli, appoggiato da tutto il centrosinistra, è stato riconfermato con oltre il 60% dei consensi. Previsioni rispettate anche in quasi tutti i 28 comuni della provincia chiamati ad eleggere i primi cittadini. Due sole le eccezioni: a Monterchi dove il centrodestra conquista la città con Massimo Boncompagni e a Pieve Santo Stefano in cui il timone del governo passata al centrosinistra con Lamberto Palazzeschi. E poi c’è stato il foto-finish di Sansepolcro dove il candidato della lista di centrosinistra, Alessio Ugolini, ha vinto per la classica manciata di voti: appena 28.

A Cortona il nuovo primo cittadino è Andrea Vignini, sostenuto da Ds, Margherita, Sdi, Comunisti Italiani e Rifondazione, che è stato eletto con il 63,4%. Nel segno della continuità anche San Giovanni Valdarno dove il sindaco (di centrosinistra) resta Mauro Tarchi che è stato confermato con il 75,5% dei suffragi. A Monte San Savino può entrare in municipio Silvano Materazzi che guida la lista di centrosinistra «Solidarietà e sviluppo» che si è aggiudicata il 58,7% dei voti. A Bibbiena Ferruccio Ferri (sinistra) ottiene un nuovo mandato col 62% e a Poppi plebiscito per Graziano Agostini (centrosinistra) che viene eletto col 75,1%. Il centrosinistra vince anche a Subbiano con Ilario Maggini (69,9%) e a Castel Focognano con Mario Ferrini (70,9 %).

Firenze, la sinistra costringeDomenici al ballottaggiodi Riccardo BigiSi si erano messi in tanti, e alla fine ce l’hanno fatta. Ornella De Zordo, sostenuta dalla lista dei «girotondini» e da Rifondazione, lo storico Franco Cardini appoggiato da sei liste civiche, l’avvocato Paolo Saldarelli: tutti con l’obiettivo di costringere il sindaco uscente Leonardo Domenici al ballottaggio. Domenici, che aveva superato nel 1999 il 51 per cento dei voti, si è fermato stavolta al 49,15. Il suo avversario, Domenico Valentino, ha avuto il 29,75: meno di quanto aveva preso il centrodestra cinque anni fa. I motivi del ballottaggio vanno quindi cercati nelle tante liste civiche che hanno intercettato il voto dei «delusi»: oltre il 12% per la De Zordo, il 4 e mezzo per Cardini, il 2,25 per Saldarelli. Ma se gli ultimi due hanno dichiarato di non avere preferenze per il voto del 26 e 27 giugno, «girotondini» e Rifondazione hanno dato un’indicazione chiara di voto per Domenici. Il sindaco uscente si dice dunque tranquillo: l’esito del ballottaggio appare scontato, a meno di clamorose sorprese. Valentino, da parte sua, si è appellato a quanti hanno espresso al primo turno un disagio nei confronti dell’operato di Domenici.Per quanto riguarda le liste, diciotto seggi su 46 potrebbero essere occupati dai Ds che perdono un rappresentante rispetto alla scorsa legislatura, la Margherita rischia di perderne addirittura due, così come Alleanza Nazionale, mentre Forza Italia, Udc, Rifondazione, Comunisti Italiani dovrebbero mantenere il loro numero di rappresentanti. Leader delle preferenze si conferma Graziano Cioni, assessore uscente, con più di duemila voti. A destra vincono per numero di voti Gaia Checcucci (An) e Mario Razzanelli (Udc), che ha avuto oltre mille preferenze. La Margherita dovrebbe ottenere quattro o cinque consiglieri con la conferma del vicesindaco Beppe Matulli, seguito da Marco Carrai, Nicola Perini e Rosa Maria di Giorgi. In attesa di eventuali rinunce restano Francesco Ricci e Lavinia Balata Orsatti. Nonostante un risultato personale dignitoso, rischia invece di restare fuori dal consiglio comunale per soli 34 voti Franco Cardini. Un meccanismo elettorale piuttosto contorto infatti vuole che, al candidato sindaco che abbia superato lo sbarramento del 4 per cento, venga assegnato un seggio solo se le liste che lo sostengono hanno superato il 3. E le liste per Cardini sono arrivate, insieme, al 2,98. «Chiederemo di ricontare le schede – annuncia Gianni Conti, promotore della candidatura Cardini – sperando di racimolare, tra quelle annullate, qualche voto in più non conteggiato». Cardini non nasconde comunque la delusione: «Confesso che speravo in qualcosa di più. Il nostro era un tentativo di controbilanciare un potere assoluto dei partiti, per creare a Firenze una democrazia più partecipata. Decisioni come la tramvia o il telepass per entrare in centro non possono passare sulla testa dei cittadini. Aver portato Domenici al ballottaggio resta, comunque, un buon risultato». Per quanto riguarda le elezioni provinciali, a Palazzo Medici Riccardi arriva una ventata di gioventù: il ventinovenne Matteo Renzi andrà a presiedere la Provincia di Firenze, mentre alla guida dell’opposizione ci sarà il suo diretto avversario a queste elezioni, il coetaneo Federico Tondi. I due giovani prodigi della politica fiorentina, ambedue di provenienza cattolica, promettono di dare una svolta all’ente provinciale: il neopresidente Renzi promette che la Provincia sotto la sua guida diventerà fulcro e motore della città metropolitana con una particolare attenzione ad un ambiente al servizio dell’uomo, lo sviluppo delle infrastrutture viarie e tecnologiche, la valorizzazione della formazione e del lavoro. Anche Tondi conferma quanto promesso nel proprio programma elettorale annunciando una task force coordinata del centro destra per che lavori su progetti seri e costruttivi affinché il cittadino torni ad essere il protagonista della politica provinciale. Prato, un risultato senza sorpresedi Gianni RossiPrato esce dalle urne nel segno della continuità. Sorprese non ce ne sono state. Il nuovo sindaco è Marco Romagnoli (Ds), candidato dell’Ulivo, che ha ottenuto il 53,02%, contro il 32,99% di Filippo Bernocchi (An), candidato della Casa delle Libertà. Ancora più netta la vittoria del centrosinistra in Provincia: Massimo Logli (Margherita) diventa presidente col 55,15%, totalizzando il più alto consenso mai ottenuto a Prato nelle amministrative da quando è stata introdotta l’elezione diretta. Il suo avversario, Riccardo Bini (Forza Italia) della Casa delle Libertà, ha riportato il 34,32.

Completano il quadro i quattro comuni della provincia dove si votava per il sindaco e il consiglio. Successo pieno del raggruppamento che vede, in questi casi, alleati Ulivo e Rifondazione: a Montemurlo (l’unico con più di 15.000 abitanti) è stato eletto Ivano Menchetti, a Vaiano Annalisa Marchi, a Cantagallo Ilaria Bugetti e a Vernio Paolo Cecconi. Nei quattro comuni le percentuali sono state quasi bulgare: dal 69,6 di Vaiano al 78,2 di Vernio.

Grande la soddisfazione tra gli eletti. Romagnoli e Logli concordano: «I pratesi hanno premiato il buon governo del centrosinistra. Da buoni pragmatici non hanno creduto alle liste civiche che cercavano di far leva sul malcontento di qualcuno». Proprio nel flop delle liste civiche – Massimo Taiti a destra, Mauro Vannoni a sinistra – che avevano animato la campagna elettorale, sta, almeno in parte, la sorpresa di queste elezioni. Gli ingredienti, a dire il vero, non erano soltanto questi: novità si sarebbero potute profilare come conseguenza del lungo duello che ha opposto Ds e Margherita, per la scelta del candidato sindaco, una sfida che ha portato il maggior partito pratese a spaccarsi fino alla scissione di Vannoni, già segretario e poi deputato della Quercia. E così, proprio le elezioni in cui si presentavano più malconci, hanno premiato i diesse, assegnando loro quasi sei punti in più sulle politiche del 2001 e quasi due in più sulle amministrative precedenti.

Mauro Vannoni, che contava su un 3-4% da togliere al suo ormai ex partito, in realtà ha «rubato» pochissimi voti: come candidato sindaco ha ottenuto l’8,08%, ma il merito è tutto di Rifondazione, che lo appoggiava; la sua lista, infatti, non è andata oltre l’1,75%. Era proprio Vannoni la principale incognita del voto amministrativo a Prato, che avrebbe potuto rendere non improbabile il ballottaggio per il sindaco. Il suo insuccesso, unito al rafforzamento dei Ds e all’arretramento complessivo della Casa delle Libertà (Forza Italia ha perso 3 punti rispetto al 1999), ha portato Romagnoli subito alla vittoria. Pratese, 54 anni, laureato in filosofia, fino a due mesi fa era praticamente sconosciuto al grande pubblico. Il suo grande sponsor è stato il presidente della Regione Claudio Martini, che l’ha imposto al suo partito avvitato ormai da mesi sulla scelta del candidato. Fino ad ora Romagnoli è stato direttore del Dipartimento sviluppo economico della Regione. Alla guida della giovane Provincia va invece uno dei suoi primi uomini di punta. Logli, infatti, 48 anni, pratese anche lui, è stato assessore fin dalla prima legislatura del 1995.

Livorno, un’alba sempre più «rossa»di Gianluca della MaggioreL’alba del giorno dopo il voto a Livorno è un’alba «rossa», più «rossa» della precedente. Le Amministrative (ma anche le Europee) nella città labronica consegnano una Rifondazione Comunista come seconda forza politica al Comune e terza alla Provincia e i Ds (ma non è una novità) leader incontrastati. Nel centrosinistra la Margherita arretra mentre la coalizione della Casa delle libertà arranca in tutte le sue forze.

Guido Guastalla dunque, candidato del centrodestra che era stato sponsorizzato direttamente da Gianfranco Fini e Altero Matteoli come l’uomo giusto per raggiungere almeno il ballottaggio, non ce l’ha fatta, attestandosi appena al 24,24%.

Il nuovo sindaco di Livorno, nel segno della continuità, è Alessandro Cosimi (col 55,11%), diessino e medico ospedaliero come il suo predecessore Gianfranco Lamberti che lascia lo scranno di primo cittadino dopo 12 anni. Cosimi governerà – almeno per ora – senza l’appoggio della cosiddetta sinistra alternativa: Verdi e Rifondazione hanno infatti gareggiato per conto loro rispettivamente con Gabriele Volpi (attestatosi al 3,68%) e Alessandro Trotta (10,78%).

La candidatura di Guastalla, editore e membro di spicco della Comunità Ebraica livornese, aveva suscitato non poco interesse mediatico: la mossa a sorpresa del leader nazionale di An – ulteriore tappa nella svolta democratica e moderata impressa da Fini al suo partito – sembrava dover prospettare nella Livorno, roccaforte della sinistra, uno scenario simile alla Bologna delle Amministrative del 1999, che consegnò a Guazzaloca il governo cittadino. Ma l’elettorato non segue evidentemente le logiche dei media: la lista civica di Guastalla «Amare Livorno» appoggiata da tutte le forze della Casa delle libertà, consegue il peggior risultato del centrodestra livornese da quando è stata introdotta l’elezione diretta del sindaco e le altre tre liste civiche invece, che alla vigilia si diceva dovessero togliere voti al centrosinistra, probabilmente hanno mangiato i voti al centrodestra.

Non dissimile il discorso per la Provincia: qui la vittoria del candidato del centrosinistra Giorgio Kutufà, professore all’Università di Pisa, appare più ampia rispetto a quella del vincitore al Comune, con un 59,29% che deve tener di conto però dell’apporto in coalizione dei Verdi. Maurizio Zingoni, candidato del centrodestra si attesta al 28,04% e raccoglie i suoi consensi soprattutto nelle isole (Capraia e Elba). Di rilievo il risultato di Graziella Pierfederici, candidata per Rifondazione comunista che raggiunge l’11,10%, gli spiccioli vanno al candidato del Nuovo Psi, Maurizio Vernassa (1,57%). Kutufà, esponente della Margherita con un passato nella sinistra della Dc, rappresenta una novità forte per la presidenza della Provincia labronica: è il primo presidente a non provenire direttamente dalla file della sinistra. Ma la Margherita, nel complesso, perde consensi anche nel territorio provinciale livornese.

Altri tre comuni di nuovoalle urne il 26-27 giugno • PesciaA Pescia (Pistoia) il primo turno delle elezioni di sabato e domenica 12 e 13 giugno non è stato sufficiente per decidere quale sarà il sindaco a guidare l’amministrazione comunale per i prossimi cinque anni. Nessuno dei contendenti infatti ha raggiunto la soglia del 50% più uno e quindi il 26 e 27 giugno i cittadini tornarenno a votare tra i due candidati più votati. Al ballottaggio sono andati il candidato del centrosinistra Antonio Abenante che ha raggiunto il 44,1% contro il 29,2% dello sfidante del centrodestra Giovanni Brunelleschi. Un lusinghiero 11,2% è stato raggiunto dalla lista civica che appoggiava Claudio Giuntoli. A seguire il candidato di Rifondazione comunista con l’8,3% e quello del Nuovo Psi col 5,8%. A Pescia si era votato nel 2001 ed aveva vinto la Casa delle libertà ma la giunta guidata da Roberto Fambrini era caduta nel 2003. E quindi si è tornati alle urne prima della scadenza naturale dei cinque anni. • CapannoriHa raggiunto il 46,4% dei voti (contro il 44,9% dello sfidante di centrosinistra), e andrà al ballottaggio, il sindaco uscente di Capannori (Lucca) Michele Martinelli, ricandidato dal centrodestra. Ha trascorso tutta la campagna elettorale agli arresti domiciliari per il coinvolgimento in un’inchiesta della procura su una presunta tangente che sarebbe stata versata per ottenere il cambiamento d’uso di un terreno agricolo. Martinelli è appoggiato da Fi, An, Udc e Nuovo Psi. Il suo avversario Del Ghingaro è sostenuto da Ulivo, Prc, Lista Di Pietro-Occhetto e da alcune liste civiche. «Lotteremo fino in fondo – ha commentato Martinelli –, ma è chiaro che il risultato è già di per sè molto soddisfacente, tenendo conto delle condizioni in cui si è andati al voto. Io sono agli arresti domiciliari dal 5 maggio, praticamente ho perduto tutta la campagna elettorale. Ma i cittadini mi hanno tributato un grande attestato di solidarietà e stima». • Lastra a SignaUn ballottaggio tutto a «sinistra» è quello deciso dagli elettori di Lastra a Signa, nei pressi di Firenze. Infatti nessuno si è affermato al primo turno ma i due migliori piazzati sono due candidati della sinistra. La colazione sostenuta da Margherita, Pdci e Ds, che ha governato negli ultimi anni, non è riuscita a far passare il proprio candidato Carlo Nannetti (Ds) che si è fermato al 46,8% dei consensi. Al secondo posto si è piazzato l’altro candidato del centrosinistra Fabrizio Bertelli (area Prc) – sostenuto da Sdi, Prc, Di Pietro, Verdi, lista «Noi per voi» – che ha raggiunto il 27,6%. Al terzo posto, e quindi fuori dai giochi, Laura Penzo Gallo, candidata della Cdl, che si è fermata al 25,5%.

Dalle urne un campanello d’allarme per l’Unione

AMMINISTRATIVE, ALL’ULIVO LE 8 PROVINCE; BALLOTTAGGI AI COMUNI DI FIRENZE E AREZZO