Vita Chiesa
Amiata, la croce compie cent’anni
di Marco Lapi
Se sulla vetta del monte cui sono diretti li attende una croce, per i credenti raggiungerla diventa un po’ come compiere una specie di pellegrinaggio. E capita spesso a chi va in montagna, perché sono davvero tante, anche nella nostra regione, le croci che contrassegnano le nostre cime. Una consuetudine oggi però talvolta osteggiata da certe posizioni (ambientaliste o «politically correct») sia in nome della «purezza della natura» che il simbolo della redenzione andrebbe fatalmente a violare, sia per una «par condicio» delle religioni che sarebbe negata dalla presenza del solo segno cristiano («perché la croce sì e la statua di Buddha no?»).
Polemiche, negli ambienti alpinistici ed escursionistici, più frequenti di quanto si creda, ma che spesso non tengono conto della storia e soprattutto della pietà popolare che quelle croci ha voluto, a protezione dei paesi sottostanti più che per accogliere chi si sarebbe spinto in alto, fino alla cima. Un’usanza certamente antica, ma a dare un nuovo e decisivo impulso in questo senso fu certamente in vista dell’Anno Santo del 1900 papa Leone XIII, che invitò gli italiani a erigere venti croci su altrettante cime disseminate lungo tutto il Paese, una per ogni secolo, compreso il XX di cui era ormai prossima l’alba.
La proposta fu ufficialmente lanciata in occasione del XIV Congresso cattolico italiano, svoltosi a Fiesole nel 1896 (lo stesso che sancì la nascita della Fuci), e fu costituito un comitato per la scelta dei monti e la realizzazione dei lavori. Ma le croci alla fine furono di più, perché per qualche cima esclusa dall’elenco ufficiale si pensò bene di raccogliere ugualmente l’appello del Papa e di provvedere «in proprio». In Toscana fu questo ad esempio il caso della Pania della Croce, sulle Apuane, dove il simbolo della passione di Cristo fu posto proprio nel 1900. Nella circostanza fu realizzato anche un sentiero abbastanza agevole (lo stesso di oggi) e, per l’inaugurazione, la vetta fu raggiunta da un memorabile pellegrinaggio, concluso con la Santa Messa, cui parteciparono centinaia di persone.
Di quell’elenco ufficiale faceva invece parte l’Amiata, il monte più alto della Toscana meridionale, con i suoi 1738 metri. Tra le venti previste, la croce che ne avrebbe caratterizzato da lì in poi la vetta fu, in ordine di tempo, la nona a essere realizzata, grazie all’impegno dell’allora arcivescovo di Chiusi e Pienza Giacomo Bellucci (nella cui giurisdizione sorgeva la cima) e al progetto dell’artista senese Luciano Zalaffi.
Alta 22 metri, con una base di 8 per lato, tutta in ferro battuto nello stile «fiorito» dell’epoca, fu inaugurata il 18 settembre 1910 dopo non pochi sacrifici e peripezie, non solo di carattere economico, con il decisivo contributo della popolazione locale. In particolare i minatori fecero quasi a gara, alla fine di ogni turno di lavoro, nel trasporto del pesante materiale fino in cima, a piedi o con i muli. Inutile dire che quel giorno di fine estate la vetta fu presa letteralmente d’assalto per partecipare alla grande festa culminata anche in questo caso con la celebrazione della Messa. Le visite e i pellegrinaggi, anche da lontano, continuarono poi a lungo nei giorni successivi.
Nel 1944, purtroppo, la croce fu abbattuta dai tedeschi in ritirata, ma una volta finita la guerra, nonostante i disagi e le ristrettezze del momento, la popolazione amiatina volle subito ricostruirla. Si costituì un comitato e anche stavolta nel lavoro si distinsero i miniatori locali. In poco più di tre mesi l’opera fu compiuta e, per la nuova inaugurazione, alla croce furono applicare mille lampadine che furono accese, alle 21 del 24 agosto 1946, da Papa Pio XII attraverso un impulso radio, prima della lettura del radiomessaggio che pubblichiamo a lato. Anche stavolta all’inaugurazione, tra le pendici e la vetta, e in particolare nello stadio di Abbadia San Salvatore, erano presenti migliaia di persone.
L’evento fu ricordato 50 anni dopo, nel 1996, e Giovanni Paolo II, nella circostanza, scrisse tra l’altro ai fedeli accorsi che la rapidità del restauro stava «quasi ad indicare che la vasta opera di ricostruzione materiale e spirituale successiva alla guerra non poteva non partire dall’amore verso Dio e verso il prossimo, plasticamente espressi dalla dimensione verticale ed orizzontale della Croce».
Quattordici anni dopo, le celebrazioni per il centenario aperte con il pellegrinaggio diocesano di mercoledì 2 giugno, guidato dal vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza mons. Rodolfo Cetoloni rappresentano una nuova, grande testimonianza dell’amore degli amiatini per il loro monumento, come prova lo stesso ricchissimo calendario di appuntamenti (vedi ancora a lato), che si concluderanno sabato 27 novembre e domenica 12 dicembre con una «missione popolare» ad Abbadia, a sottolineare ancora una volta che quella croce che veglia sui badenghi e sugli altri popoli dell’Amiata non è davvero un segno qualsiasi.
Giovedì 29 luglio a Santa Fiora si svolgerà la Festa delle Sante Flora e Lucilla, patrone del paese, e alle ore 17 è prevista la Santa Messa e la processione con i figuranti vestiti in abiti medievali.
Con questa invocazione ardente e fiduciosa impartiamo nel nome di Dio alla dolce terra italica e a tutti gli operosi suoi figli la confortatrice Benedizione Apostolica.
Nella foto, un gruppo di giovani sotto la croce dell’Amiata