Vita Chiesa

Amare i fratelli non è un dovere

«Il prossimo non era per lei mezzo per aumentare i meriti. Amava, perché amava: amava i fratelli perché amava veramente Dio». Questa descrizione spirituale della Venerabile Maria Teresa Scrilli, scritta da Lucio Renna e riportata dal nostro Vescovo nella lettera da lui scritta per la Quaresima appena trascorsa, mi ha colpito profondamente.

Da queste poche parole ho potuto intuire quanto profonda fosse la vita interiore di questa donna e quanto attuale possa essere il suo messaggio per il mondo di oggi e per le nostre comunità cristiane. Alcune volte, infatti, noi ci sforziamo di amare, ma la molla che ci spinge a farlo non è l’amore. Ci sono molte altre motivazioni nascoste, che troviamo difficoltoso rivelare anche a noi stessi. La presa di coscienza di esse, però, può essere l’inizio di una nuova conversione per ognuno di noi. Alcune volte, il nostro amore è un dovere da assolvere, i nostri atti sono generati dalla ricerca di una coscienza tranquilla o di un posticino a fianco a Dio, nel suo Regno. Così, non abbiamo un vero interesse per la persona che ci sta accanto: ancora una volta, noi stiamo amando la nostra immagine. Dobbiamo constatare che noi siamo incapaci di amare. Se qualcuno riesce ad amare, è perché lo Spirito Santo lo investe con i suoi doni. Quando lo Spirito arriva, noi amiamo perché ci è impossibile non amare: così i santi. Essi non pensavano ad accumulare meriti davanti a Dio e agli uomini. Per amore dei loro fratelli, erano disposti anche a subire al loro posto le pene dell’inferno: fu questa l’esperienza di S. Teresina del Bambino Gesù. Il discepolo, quindi, non ama perché Dio glielo comanda. Egli ama perché è così unito a Gesù che non può che amare; è così partecipe della comunione d’amore della SS. Trinità, che non riesce a non riversarla sugli altri. In altre parole, Dio lo rende così felice che egli non può che diffondere l’amore e la felicità che da Lui ha ricevuto. Come siamo lontani da questo amore! Eppure, Gesù ci ama nella nostra piccolezza. Anzi, ha sempre più fiducia in noi, quanto meno noi la meritiamo. Perciò, quando mi sento scoraggiato, quando capisco di essere una nullità, quando scopro che il mio apparente amore è ancora, solo, una ricerca egoistica di me stesso, quello è il momento in cui Dio mi aspetta per donarmi la sua grazia; quello è il momento in cui tutto può ricominciare. È il momento di ripartire, con la consapevolezza della mia incapacità ma la fiducia in chi ama e cerca gli ultimi perché attraverso essi manifesterà la sua potenza. Se accolgo in me lo Spirito, inizierò a vedere come il mondo e la gente sia amabile: inizierò ad amare senza cercare consenso, approvazione, applausi. Diventerò quel seme nascosto, il più piccolo e insignificante di tutti i semi, che, però, gettato da Dio nella terra, a Lui docile e fedele, con la sua morte porta molto frutto. Suor Mirella Caterinadelle contemplative domenicane di Pratovecchio