Dossier

«Alzatevi, andiamo». Il Papa racconta gli anni di episcopato a Cracovia

“L’amore di Dio non ci carica di pesi che non siamo in grado di portare, né ci pone esigenze a cui non sia possibile far fronte. Mentre chiede, Egli offre l’aiuto necessario”. È il Papa stesso a spiegare il senso del versetto del Vangelo di Marco (14,42) che dà il titolo al suo nuovo libro “Alzatevi, andiamo!”, pubblicato in Italia da Mondadori nel giorno dell’84° compleanno del Santo Padre. Ecco una piccola “antologia” dei pensieri di GIOVANNI PAOLO II, che racconta in modo autobiografico la sua attività pastorale, dalla elezione a vescovo di Cracovia, nel 1958 a 38 anni, fino a una “data imprecisata” vicina al 1978, anno dell’elezione al soglio pontificio.

LA VOCAZIONE. “L’amore, in definitiva, è il legame che unisce tutto: unisce in modo sostanziale le Persone divine e unisce anche, seppur su un piano molto diverso, le persone umane e le loro molteplici vocazioni. Abbiamo affidato la nostra vita a Cristo, che ci ha amato per primo e che, come Buon Pastore, ha sacrificato la sua vita per noi… Era l’anno 1958. Con un gruppo di appassionati di canoa mi trovavo sul treno diretto a Olsztyn. Nostra meta era il fiume Lyna; era il mese di luglio. Dissi: ‘Tra poco dovrò lasciare la canoa, perché mi ha chiamato il primate e devo presentarmi da lui'”.

LE VISITE PASTORALI. “Mia preoccupazione costante è stata quella di tutelare il carattere personale del rapporto. Ogni persona è un capitolo a sé. Mi sono sempre mosso secondo tale convinzione, ma mi rendo conto che questo stile non si può imparare. È qualcosa che semplicemente c’è, perché viene dal di dentro… Apprezzavo in modo particolare le visite pastorali. Mi piacevano tanto, perché mi offrivano la possibilità di entrare in contatto diretto con le persone”.

LA LOTTA PER LA CHIESA. “Secondo il progetto delle autorità, Nowa Hota doveva essere un quartiere esemplarmente ‘socialista’ cioè privo di qualunque legame con la Chiesa. Tuttavia non era possibile dimenticare che quella gente, arrivata lì in cerca di lavoro, non intendeva rinunciare alle sue radici cattoliche. Alla fine la battaglia fu vinta, ma a prezzo di una logorante ‘guerra dei nervi’. Con gratitudine e ammirazione penso a tutti i parroci che all’epoca costruirono chiese in Polonia, a tutti i costruttori di chiese in ogni parte del mondo. Io ho sempre cercato di sostenerli”.

IL VESCOVO E LA CULTURA. “Nelle mie letture e nei miei studi ho sempre cercato di unire in modo armonioso le questioni di fede, quelle di pensiero e quelle di cuore. Non sono campi separati, ognuno penetra e anima gli altri. In questa compenetrazione di fede, pensiero e cuore esercita un particolare influsso lo stupore che nasce dal miracolo della persona, dalla somiglianza dell’uomo con Dio Uno e Trino, dal profondissimo rapporto tra l’amore e la verità, dal mistero del dono reciproco e della vita che nasce da esso, dalla contemplazione del trascorrere delle generazioni umane”.I BAMBINI E I GIOVANI. “Occorre riservare un posto a parte ai bambini e ai giovani. Poiché i comunisti avevano soppresso tutte le associazioni cattoliche per la gioventù, bisognava trovare il modo di rimediare. Durante le visite pastorali, anche quelle che compio qui a Roma, ho sempre cercato e cerco tuttora di trovare il tempo per un incontro con i bambini, e non ho mai cessato di esortare i sacerdoti a dedicare loro con generosità il proprio tempo nel confessionale. Sono sempre stato convinto che, senza la preghiera, non riusciremo a educare bene i bambini. Come vescovo ho cercato di incoraggiare le famiglie e le comunità parrocchiali a formare nei giovani il desiderio di incontrare Dio nella preghiera personale”.

LO “STILE” EPISCOPALE. “Con il proprio stile di vita, il vescovo mostra che ‘il modello Cristo’ non è superato e che, anche oggi, resta sempre attuale. Si può dire che una diocesi rispecchia il modo d’essere del suo vescovo, le cui virtù – la castità, la pratica della povertà, lo spirito di preghiera, la semplicità, la sensibilità di coscienza – in un certo senso si inscrivono nei cuori dei sacerdoti. Questi, a loro volta, trasmettono tali valori ai fedeli loro affidati, ed è così che i giovani vengono indotti a dare una generosa risposta alla chiamata da parte di Cristo. Nella casa in via Franciszkanska 3 la porta era aperta a tutti. Il vescovo è pastore; proprio per questo egli deve essere con la gente, essere per la gente, servire la gente. Tutti avevano sempre accesso diretto a me, l’ingresso era consentito a chiunque” .

IL DOVERE DEL CORAGGIO. “Non si possono voltare le spalle alla verità, cessare di annunciarla, nasconderla, anche se si tratta di una verità difficile, la cui rivelazione porta con sé un grande dolore. Bisogna rendere testimonianza alla verità, anche a prezzo di persecuzioni, a costo persino del sangue, come ha fatto Cristo stesso. Sicuramente ci imbatteremo nelle prove. In questo non c’è nulla di straordinario, fa parte della vita di fede. A volte le prove sono leggere, a volte molto difficili o, addirittura, drammatiche. Nella prova possiamo sentirci soli, ma la divina grazia, la grazia di una fede vittoriosa, non ci abbandona mai. Perciò possiamo contare di superare vittoriosamente ogni prova, persino la più dura. Gli uomini hanno sempre avuto bisogno di modelli da imitare e ne hanno soprattutto bisogno oggi, in questo nostro tempo così esposto a suggestioni mutevoli e contraddittorie”.