Opinioni & Commenti
Almeno a livello di promesse quest’anno si parte con il piede giusto
Una svolta importante dovrebbe essere il passaggio dal sistema degli scatti di anzianità automatici per introdurre una progressione basata principalmente sul merito. È una proposta che sta incontrando già una vasta opposizione da parte della maggior parte degli insegnanti. Nessuna meraviglia, perché se è sbagliato svalutare in blocco il corpo docente, è però verissimo che sono molti i professori che da sempre vivacchiano sul meccanismo dell’anzianità e l’instaurazione di un criterio di merito «stanerebbe» dalla loro abulia. Si obietta che i fondi previsti basteranno per premiare solo due docenti su tre. In base all’esperienza di chi scrive, sono anche troppi. La scuola ha un disperato bisogno di qualità culturale e didattica e solo una rigorosa selezione, che cominci già dal personale in servizio, può garantirgliela. E restituire alla professione di insegnante la prospettiva di una effettiva carriera, fondata sulla preparazione e sulle capacità, invece che su automatismi che esonerano dall’impegno, è un passo decisivo per renderla di nuovo capace di attrarre i giovani più validi. Resta da vedere meglio come si farà a determinare questi criteri di merito. Il rischio che si cada in una semplice logica quantitativa e burocratica, come è accaduto per i tentativi fatti in passato, è fortissimo e difficile da evitare.
In ogni caso, è interessante anche l’idea di creare, dal 2015, un Registro nazionale dei docenti, che apra la strada alla possibilità, per i dirigenti, di conoscere e chiamare i migliori a insegnare nelle loro scuole. Anche qui, naturalmente, si tratterà di vedere i fatti.
Come interessante è l’idea dell’introduzione, negli istituti, di un docente Mentor, che affianchi il dirigente nella formazione e nella valutazione delle risorse umane dell’istituto. Sappiamo tutti che l’attuale capo d’istituto non ha più quasi nulla a che vedere con l’antica figura del preside e si riduce ormai per la quasi totalità a funzioni manageriali. Il Mentor potrebbe essere colui che riempie, almeno in parte, il vuoto creatosi, curando la dimensione culturale e didattica. Se non lo si ridurrà a un mero organizzatore di corsi di aggiornamento, un burocrate in più di cui non si sente alcun bisogno.
Lascia perplessi, invece, l’idea che le ore d’insegnamento corrispondenti ai giorni di sospensione didattica, decisi a inizio d’anno dal consiglio d’istituto, debbano essere recuperate gratuitamente da ogni docente facendo supplenze. L’accusa rivolta spesso ai professori, di avere troppe «vacanze», rispetto ad altre categorie di lavoratori, sembrerebbe trovare qui un riscontro che porterebbe a un aumento dell’orario di servizio. Chi ha fatto l’esperienza di insegnare sa che la fatica che questo comporta rende improponibile il riferimento meramente quantitativo ad altri lavori. Caricare di altre ore di attività didattica i professori non è la via giusta per rivalutare la funzione docente. Se mai, si chieda loro di leggere, di studiare (troppo pochi lo fanno!), magari per attività di scambio culturale tra le diverse discipline nell’ambito del corpo docente della scuola.
Sono solo alcuni dei rilievi suggeriti dalla lettura delle «Linee guida». Ce n’è abbastanza perché l’anno che sta per cominciare sia caratterizzato da una riflessione e da un confronto che dovrebbe coinvolgere tutti i protagonisti ella vita scolastica. Qui qualcosa può veramente cambiare. Il governo può non mantenere le sue promesse, ma è la scuola nel suo insieme che deve contribuire a metterle meglio a fuoco e a vigilare sulla loro attuazione. E in questi prossimi mesi è chiamata a farlo.