Toscana

Alluvione di Firenze: card. Betori, “la cura umana del territorio fa parte della nostra responsabilità di oggi, perché non accadano più tragedie”

Ma in quei giorni “si manifestarono anche segni di come l’umanità abbia depositate nel suo cuore forze di resistenza al male, di fiducia nel futuro, di condivisione con chi soffre, di attenzione al bene comune”. “Lo sono stati anzitutto – ha ricordato il porporato – la fierezza e la dignità dei fiorentini, la loro volontà di non abbattersi e di lavorare insieme per la rinascita della città, per difenderne l’identità e la missione che la storia le ha affidato a favore di tutta l’umanità”.

Ci fu poi “l’accorrere di tanti uomini e donne in nostro aiuto, soprattutto di giovani, che mostrarono una generosità commovente, ma anche la consapevolezza che perdere Firenze e i suoi tesori, di umanità e di arte, sarebbe stata una rovina irreparabile per l’umanità tutta”. Il card. Betori ha voluto offrire un ricordo personale: “Questo impegno volontaristico vide partecipe anche il vostro attuale pastore, con lo slancio dei suoi diciannove anni, appena all’inizio del curricolo della sua formazione teologica, che in quei giorni di dedizione alla povera gente di un quartiere popolare della città trovò un’inedita introduzione allo studio della fede, come fede in un Dio fatto carne e fatto sofferenza per la salvezza del mondo. Fu quella un’esperienza che sento ancora viva in me e che, una volta designato vostro vescovo, sentii come un preludio del servizio che mi veniva chiesto per voi. Vogliate accogliere questo sconfinamento biografico come un segno di radicata e sentita appartenenza e dedizione a questa città, secondo un seme gettato cinquantasei anni fa e che, da quattordici anni, mi è stato chiesto di far crescere in una fedeltà quotidiana, giorno dopo giorno”.

Tornando ai giorni dell’alluvione, l’arcivescovo ha citato, accanto a quello del volontariato, “l’impegno delle istituzioni, tutte: locali e nazionali, delle diverse amministrazioni civili come pure delle forze militari e delle forze dell’ordine. Tra loro un posto speciale lo ricoprirono i Vigili del Fuoco, autori di tanti salvataggi e di innumerevoli soccorsi, che oggi ringraziamo con specifica menzione, mentre celebrano il 100° anniversario della sede del Comando di Firenze”.

“Vivere anche le contrarietà dell’oggi” con “fiducia” e “coraggio” significherà “aver imparato la lezione dell’alluvione”. È l’invito che ha rivolto, oggi, l’arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori, celebrando, nella basilica di Santa Croce la messa per il 56° anniversario dell’alluvione di Firenze. “La creazione di Dio ha una sua armonia a condizione che ci sia chi la coltivi e la custodisca. Quando l’uomo dimentica questa sua responsabilità rispetto alla natura, questa da giardino in cui fiorisce la vita si trasforma in un inferno che trascina alla morte”, ha proseguito il porporato, per il quale “lavoro e cura della natura non si oppongono, ma si integrano, come mostra il nostro panorama toscano che risplende dei valori naturali esaltati dall’operosità di generazioni che li ha plasmati in forme di fecondità e di bellezza”.

Il cardinale ha osservato: “La cura umana del territorio fa parte della nostra responsabilità di oggi, perché non accadano più tragedie come quella che ci sconvolse cinquantasei anni fa. Per far questo abbiamo bisogno di una ‘ecologia integrale’, come la definisce il Papa, che esalta la giusta centralità dell’uomo nella natura nel segno della responsabilità e chiede attenzione non solo ambientale, ma anche culturale, spirituale, sociale ed economica. Solo ritrovando la verità dell’uomo nella sua apertura alla trascendenza, la sua vocazione alla fraternità universale, la sua responsabilità verso tutte le creature potremo costruire un mondo in cui le potenze della natura non saranno nostre nemiche ma il giardino della nostra gioia”.

Ricordando quanto ha scritto per Firenze, segnata dall’alluvione, il poeta Mario Luzi, il card. Betori ha concluso: “Parole di speranza, di una speranza pasquale, che ci vengono affidate come luce e guida per i giorni che ci attendono, nelle e oltre le tempeste del tempo. ‘Nascita’, dice il poeta, e ‘rinascere’ era stata anche la parola che ci aveva affidato san Paolo VI il 24 dicembre 1966. Ispirino fiducia e responsabilità anche oggi”.