Italia
Alluvionati di Nodica, l’incertezza del futuro
di Andrea Bernardini
Un badge al petto. Una scheda operativa, dove annotare la storia della famiglia incontrata. E una cartina stradale, per ben orientarsi tra le vie di un paese «sfigurato». I volontari della Caritas della Valdiserchio, all’indomani dell’alluvione, si presentano così nelle case delle famiglie del paese di Nodica. Offrono tutto quello che possono dare: un sorriso, una parola di conforto, del tempo per ascoltare. «Non abbiate fretta» raccomanda il direttore della Caritas don Emanuele Morelli agli operatori.
Con Miranda Maffei e Cristina Bianchi costeggiamo l’argine ferito. Ad un mese dall’esondazione, le ruspe ancora lavorano per ricostruirlo. La memoria torna indietro alla mattina del giorno di Natale. Sono da poco passate le otto, quando i vigili del fuoco si recano al capezzale di un fontanello formatosi lungo un tratto rettilineo dell’argine: di lì a qualche ora quel fontanello si trasformerà in una falla di ben 168 metri. E da quella falla, fino al tardo pomeriggio di domenica 27, usciranno 30milioni di metri cubi di acqua: il Serchio appare per ore ed ore inarrestabile, capace nel momento di piena di una portata superiore ai 2000 metri cubi di acqua al secondo. Le prime abitazioni alluvionate si trovano in località Malaventre tra Nodica e Migliarino. Quindi la piena del Serchio ha raggiunto l’autostrada A/11. L’arteria autostradale ha fatto da diga: superatala, l’acqua è precipitata verso la zona industriale di Migliarino. Infine la corsa del fiume si è conclusa nella zona della bonifica di Vecchiano, contigua al lago di Massaciuccoli.
È in località Malaventre, precisamente in via Nuova, che ci rechiamo con gli operatori della Caritas. Giuseppe Satta Sotgia è un giovane veterinario sardo. Lo incontriamo mentre dà da mangiare al suo gatto. «È l’ultimo che mi è rimasto dice gli altri cani e gatti non ce l’hanno fatta». La famiglia Satta padre, madre e due figli si trovava in Sardegna il giorno di Natale. «Ho seguito l’evolversi della situazione grazie al web». Giuseppe ci mostra la casa. L’acqua ed il fango, entrati dalla finestra, hanno messo a soqquadro tutte le stanze. Mobili accatastati, pavimenti scollati da terra. Chiede: «Conoscete qualcuno disposto ad affittarmi un box dove sistemare temporaneamente la mobilia?». Cristina annota tutto.
Ricostruire o aspettare? Il Governo ha stanziato, al momento, venti milioni di euro per indennizzare imprese e famiglie di Toscana, Emilia e Liguria colpite dal maltempo. Molti meno rispetto ai danni stimati dagli abitanti, dagli agricoltori e dagli imprenditori di Vecchiano e di Santa Maria a Colle. Lo ha fatto notare, nei giorni scorsi, il governatore della Toscana Claudio Martini al premier Silvio Berlusconi. A Vecchiano si sono costituiti due comitati. In diretta telefonica con il ministro delle finanze Tremonti, il collega di lui Altero Matteoli ha potuto rassicurare gli imprenditori riuniti in assemblea: tasse in scadenza sospese e reinviate a data da destinarsi. Ma è ancora poco.
Fa due conti il primo cittadino di Vecchiano Rodolfo Pardini. In comune sono arrivate richieste di risarcimento per 125 milioni di euro. In particolare 196 attività produttive di Migliarino hanno denunciato danni per 112 milioni di euro: per la perdita di attrezzature, ma anche per il calo di fatturato di questo periodo; le aziende agricole lamentano danni per 11 milioni di euro; 138 famiglie del comune (quelle più duramente colpite dall’alluvione) hanno chiesto risarcimenti per 1,9 milioni di euro.
«Insomma, il risarcimento arriverà oppure no? Sarei tentato di avviare subito i lavori dice Satta ma l’incertezza mi frena». La famiglia Satta, in questo momento, è ospite del Comune all’hotel California. «Ci trattano benissimo. Grazie di tutto». I figli frequentano la «Duchi Salviati» di Migliarino, una scuola dell’infanzia e primaria privata, affidata alle cure di suore ecuadoregne e frequentata da circa duecento bambini, tra piccoli e piccolissimi.
La scuola non è stata toccata dall’esondazione del fiume. «Ma se dal cielo fosse scesa altra acqua, avremmo raccontato una storia diversa» dice suor Lucia, confidandoci come ad un certo punto anche alcune sue consorelle, prese dalla paura, hanno premuto per tornare nella casa madre a Roma. E, invece, dopo l’Epifania, le lezioni sono tornate regolari. I bambini alluvionati sono stati aiutati dai compagni più fortunati. E le maestre hanno accompagnato tutti nella «rielaborazione» di quello che i piccoli avevano visto e vissuto.
Nonno Loriano Quintavalli ha segnato sulla calce viva il segno del passaggio dell’onda anomala: è alta da terra quasi un metro e mezzo e invitiamo Miranda Maffei ad indicarla. Sua figlia Tiziana e la nipote Sabrina ci aprono la porta della casa. Tornata vivibile. Di fronte ad una tazzina di caffè, ci racconta del giorno dell’alluvione, della fuga da casa, degli uomini della protezione civile arrivati a singhiozzo in questa via («ci portavano panini alle quattro del pomeriggio»), ma anche di volontari che si sono resi disponibili a lavorare per ripulire casa e cortile. «Un giorno un confratello della Misericordia è arrivato ed ha detto: ho due mani e due braccia. se volete sono qui. E siamo diventati amici».
Storie che si intrecciano. E soprattutto una percezione comune: «l’esondazione del Serchio la mattina di Natale? Forse un dono della Provvidenza dice Tiziana. Pensate cosa sarebbe successo se la furia delle acque si fosse abbattuta sulle nostre case durante la notte o si fosse scagliata sulle aziende in un giorno di lavoro. Non saremmo qui a raccontare la perdita di polli e mobili, ma di nonni, mariti e figli».
Un’operazione che richiede tempo spiega il presidente del consorzio di bonifica Fortunato Angelini per evitare il collasso degli argini del lago, già indeboliti da questa situazione. In questo momento ogni giorno vengono aspirati dalla zona alluvionata dieci centimetri di acqua.
L’esondazione del Serchio, oltre che a Vecchiano, ha fatto molti danni anche in lucchesia. Qui, nella notte tra il 24 ed il 25, il fiume aprì una falla sull’argine all’altezza del sottopasso autostradale di via di Poggio a Santa Maria a Colle, e l’acqua inondò una parte di quella frazione fra la via Sarzanese e il torrente Contesora e diversi abitati di San Macario in Piano e di Ponte San Pietro. Quattrocento le famiglie alluvionate e diverse le attività produttive e gli esercizi commerciali che hanno subito ingenti danni strutturali. Non tutte hanno ripreso la produzione.
«Adesso, a qualche settimana dall’evento – commenta Donatella Turri, direttore di Caritas Lucca si cominciano a vedere anche i segnali profondi della sofferenza che questo ha causato. Soprattutto le persone anziane mostrano i segni della depressioni: sfoghi cutanei, tendenza all’isolamento, scoraggiamento per le difficoltà burocratiche connesse alla difficoltà di ottenere risarcimenti».
Anche in questo caso, la Chiesa lucchese si è immediatamente resa vicina alla gente alluvionata. La Caritas diocesana ha promosso una colletta straordinaria in occasione di domenica 3 gennaio. Una colletta i cui proventi si sono uniti ad un fondo aperto da una donazione personale dello stesso arcivescovo.
In queste settimane i parroci della zona ed i gruppi caritas parrocchiali sono stati un punto di riferimento per centinaia di persone. «Sacerdoti ed operatori continua Donatella Turri grazie ai quali abbiamo potuto comprendere meglio quali fossero i problemi della gente. La Chiesa ha deciso di agire a più livelli. Intanto abbiamo offerto un piccolo contributo in denaro a coloro che abitavano in case sviluppate solo al pian terreno e che, per questo motivo, avevano perso quasi tutto con l’alluvione. Abbiamo poi organizzato un servizio di ascolto, perché i nuclei colpiti potessero avanzare richieste di aiuto specifiche e queste potessero essere vagliate alla luce di criteri oggettivi. E poi i progetti di microcredito, ai quali gli alluvionati potranno accedere in modo facilitate. Le Caritas toscane e Caritas italiana ha inoltre segnalato la disponibilità alla collaborazione e stiamo vagliando quali possano essere eventuali azioni per le quali chiedere una mano».