Opinioni & Commenti

Alla ricerca del tempo da ritrovare

Il 19 febbraio in tutto il mondo si festeggerà la Giornata della lentezza, «un modo nuovo – dicono i promotori – per celebrare la bella sensazione di riappropriarsi del proprio tempo». L’iniziativa, crediamo, lascerà il tempo che trova (tanto per restare in tema), ma ci offre l’occasione per riflettere proprio sul «riappropriarsi del tempo» soprattutto in chiave cristiana.

di Franco CardiniRicordate la celebre battuta di Shatov, uno dei personaggi de I demoni di Dostoevskji, a chi gli chiede se crede in Dio? «Io crederò in Dio». Allo stesso modo, io non faccio nulla purtroppo, almeno per il momento, al fine di metter in atto quel che sto per dire. Ma lo farò, ne sono certo. Tuttavia, per il momento, fidatevi di quel che vi dico ma non seguite il mio esempio, non fate – se mi conoscete – quel che faccio io. Perché purtroppo anch’io ho il diffuso difetto di saper benissimo quel che sarebbe giusto, ma di far in troppe occasioni esattamente il contrario. Così per il tempo. Un prezioso bene di Dio, un dono meraviglioso che andrebbe gustato e centellinato al pari del più prezioso dei vini o della più balsamica aria montana. Eppure, giorno dietro giorno, io sfido i rischi dei miei sessantasei anni suonati e della mia mole fisica correndo su taxi, treni, aerei, facendo le scale a due gradini per volta, trascinando appese alla spalla pesantissime borse. E tutto perché anch’io sono vittima del male del secolo: non ho mai tempo per far nulla.

È una delle malattie e una delle contraddizioni del cosiddetto «nostro Occidente»; è un ridicolo ma anche tragico paradosso. Abbiamo compresso al massimo i tempi, ma non già allo scopo di aver più tempo per vivere, per far bene le cose, per amare di più e meglio, per godere di questo bene mirabile ch’è la vita. Ma, al contrario, elaboriamo sempre più raffinati e costosi sistemi di risparmiar tempo al fine di guadagnarne quanto più è possibile e reinvestirlo. Ora, fate caso ai verbi che ho usato: «risparmiare», «guadagnare», «reinvestire».

Infatti, secondo l’abusato adagio, «il tempo è danaro». Che a noialtri occidentali non basta mai: e lo guadagnamo non per impiegarlo secondo i nostri bisogni e magari i nostri capricci e piaceri. No: egli è il nostro dio e il nostro re, ci tiranneggia ma non ci soddisfa mai, più ne abbiamo e più ne vorremmo. Ma ogni tanto Dio ci ricorda che il Padrone è Lui. A volte basta poco: uno spavento, un’improvvisa passeggera fitta di dolore, un sogno o un presagio, il riaffiorar d’un ricordo, la ricomparsa d’una persona amata, la voglia inspiegabile di riveder un vecchio amico o di tornare in un certo luogo. Altre invece è la brutta caduta, il grave infortunio, la seria malattia che impongono un alt di quelli con cui non si mercanteggia. E càpita allora, dopo i primi momenti di disappunto o addirittura di disperazione, di tornar a vedere con occhi nuovi e migliori le cose.

Magari si può perfino reimparar a pregare, noialtri cristianucci che la domenica guardiamo nervosi l’orologio se l’omelia dura qualche minuto più del previsto.

C’è molta gente saggia, al mondo. Quelli dello slow food, ad esempio. Reimpariamo a vivere, riappropriamoci del tempo, smettiamola di voler convertirlo di continuo in moneta. Reimpariamo dal Vangelo e da Agostino due grandi verità: la prima, che il tempo è distensio animi; la seconda, ch’esso appartiene a Dio e a Lui solo, e che per quanto ci sforziamo noi non potremo mai aggiungervi nemmeno un secondo di vita.