Opinioni & Commenti

Alla guerra della tv

DI ANDREA FAGIOLIE’ proprio vero: tutto cambia. Cambiano le mode, cambiano i gusti, cambia il modo di fare politica o di mostrare i sentimenti, cambia il mestiere di giornalista.

Della vicenda degli ostaggi italiani, comunque vada a finire, non va dimenticato il 14 aprile quando la famiglia di Fabrizio Quattrocchi ha saputo della morte del proprio congiunto in diretta tv da «Porta a porta» e gli altri familiari, presenti in trasmissione, hanno provato una sorta di roulette russa. La famiglia Quattrocchi ha spiegato di aver ricevuto solo mezz’ora più tardi la telefonata del ministro e poco prima delle tre di notte la visita dei Carabinieri. Sull’opportunità o meno della presenza in tv quella sera del ministro Frattini si è discusso molto. Lui ha spiegato di aver fatto la cosa che riteneva più giusta, non la più facile. Può essere vero, ma forse ci avrebbe rassicurato di più saperlo alla Farnesina che non a «Porta a porta». Fra l’altro avrebbe saputo la notizia intorno alle 23,30 e non a mezzanotte, stando almeno a quanto comunicato dall’ambasciatore italiano in Qatar.

Il vero problema è che Bruno Vespa e la sua trasmissione rappresentano, come detto da Andreotti, il «terzo ramo del Parlamento»: è lì che si annunciano le candidature, che si fanno i patti con gli italiani e spesso si spinge sui sentimenti delle persone. Potere della tv, confermato e avvalorato a migliaia di chilometri di distanza dal ruolo dell’emittente araba Al Jazeera, che spesso si presta a quello che l’«Osservatore Romano» ha definito «un crudele spettacolo mediatico», un «inquietante connubio tra guerra ed immagini». E se Al Jazeera, dal Qatar, combatte la sua battaglia a favore del mondo islamico, Vespa, da Saxa Rubra, combatte la sua per l’audience. I politici stanno al gioco.

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