Pisa

ALESSANDRO PLOTTI RICEVUTO DA BENEDETTO XVI

di Andrea Bernardini Venti minuti di colloquio personale con Benedetto XVI. Alessandro Plotti è stato ricevuto lunedì scorso in udienza privata dal papa: i due hanno parlato della presenza della Chiesa locale tra gli universitari, della solidità della famiglia, dei preti pisani «zelanti e vicini alla gente», la cui età media – ma è problema comune a tutta Europa – si sta innalzando. A Benedetto XVI Plotti ha consegnato un libro su Pisa. «Il papa – racconta Plotti si è dimostrato molto interessato ai lavori di restauro fatti per salvare la torre». Al termine dell’incontro papa Ratzinger ha ricambiato il gesto di cortesia, facendo dono a Plotti di una croce pettorale. Adesso la «visita ad limina» in Vaticano proseguirà da martedì 17 a venerdì 20 quando il nostro arcivescovo incontrerà i responsabili dei dicasteri dei vescovi, della dottrina per la fede, dell’educazione cattolica e del clero. Occasione, questa, per fare il punto sullo stato di salute della nostra diocesi.Sono trascorsi quasi ventun anni da quando, il 17 giugno 1986, l’arcivescovo Alessandro Plotti iniziò il suo servizio episcopale nella nostra diocesi. Il prossimo 8 agosto Plotti compirà 75 anni «e in quel momento – dice a “Toscana Oggi” – presenterò le dimissioni al Santo Padre». Le prospettive per il futuro, dunque «sono ormai affidate al mio successore, anche se fino alla sua nomina continuerò a servire questa chiesa con l’entusiasmo e la dedizione del primo giorno, per non creare un clima di “smobilitazione” pernicioso per la vita di questa Chiesa». «Nel mio ministero episcopale – dice l’arcivescovo – mi sono ispirato ad almeno cinque idee. La prima: l’accessibilità e la visibilità del vescovo. Ho sempre ricevuto tutti, senza filtri e senza appuntamenti programmati. Ho accettato tutti gli inviti, nel limiti del possibile, a visitare le parrocchie, a incontrare gli operatori pastorali, i cresimandi, gli anziani. Un presenzialismo forse eccessivo, ma che mi ha dato enorme conforto e mi ha confermato nell’idea che la figura del vescovo è ancora centrale nella vita della chiesa. Le tre visite pastorali, del resto, sono state un’altra occasione di condivisione fraterna. E poi la predicazione e l’annuncio: tutte le occasioni di incontro con le comunità parrocchiali e con le associazioni e i movimenti sono state momenti preziosi per annunciare Gesù Cristo. Ancora: la cura del presbiterio. Ho cercato di cucire il tessuto dell’unum presbyterium attraverso varie iniziative, sia di carattere teologico – culturale, sia spirituale».«Lascia» un laicato più emancipato? «È rinata la scuola di formazione teologica per i laici, a Pisa, Pontedera e Pietrasanta: qui centinaia di laici di tutte le età hanno acquisito il diploma e sono entrati nel circuito pastorale delle parrocchie, portando competenza, equilibrio ed entusiasmo. Ma la formazione dei laici non si è fermata solo ai livelli intraecclesiali: abbiamo attivato iniziative varie per l’ animazione del sociale e del politico, preparando soprattutto i giovani ad un servizio sul territorio».E poi la testimonianza della carità…«Soprattutto attraverso il rilancio della Caritas diocesana e delle Caritas parrocchiali. Abbiamo dato vita a strutture assistenziali di notevole rilievo: la casa della carità di Pontasserchio, dove trovano collocazione una comunità per giovani portatori di handicap, i servizi sociali dell’emergenza, un ritrovo diurno per anziani e piccoli appartamenti per famiglie sfrattate. Due case famiglia – una a Marciana e una a Pisa nella casa canonica di Sant’Apollonia (gestita dall’Unitalsi) deputate ad accogliere minori e giovani a rischio. Le mense per i poveri: sette in diocesi, di cui tre a Pisa; i centri di ascolto per rispondere a tutte le forme di povertà.  Infine la casa per ragazze madri, gestita dal Movimento per la vita».Infine la diocesaneità…«Ho considerato sempre primaria come scelta pastorale far capire a tutti che apparteniamo ad un’unica chiesa locale e tutti dobbiamo sentirci responsabili di questo cammino. I convegni diocesani biennali sono stati importanti per educare alla partecipazione, per creare una mentalità sinodale. Significativa, in questo contesto, è stata la grande missione diocesana, tenuta nell’anno santo del 2000. Quattrocento laici, provenienti dalle nostre comunità parrocchiali, si sono preparati durante un intero anno, per portare l’annuncio della riconciliazione in altre parrocchie, divisi in èquipes: molti hanno scoperto la diocesi ed i suoi problemi e si sono coinvolti in una strategia di comunione e di missionarietà. Ogni anno, dal 1987, abbiamo prodotto un piano pastorale, poi diventato “orientamenti pastorali” per aiutare a coordinare, a livello diocesano, le scelte pastorali prioritarie e rompere quella tentazione all’autarchia che spesso vige nelle nostre parrocchie». Quali problemi rimangono «aperti»?«Beh, intanto la scarsità del clero in servizio pastorale. In questi ultimi anni c’è stato un calo preoccupante. In venti anni ho accompagnato al cimitero 79 sacerdoti e ne ho ordinati solo 35. Non ritengo opportuno inserire nel presbiterio troppi preti stranieri, per evitare lo snaturamento della fisionomia sacerdotale diocesana. Bisogna aiutare i nostri sacerdoti ad acquisire una mentalità pastorale nuova, fatta di maggiore disponibilità alla mobilità, alla collaborazione solidale e alla condivisione comunitaria del problema. Stentano a decollare le unità pastorali, che non possono ridursi a mero accorpamento di parrocchie vicine, ma che possono nascere soltanto in una visione più integrata della pastorale. E poi il rapporto tra preti e laici: molti presbiteri temono un sopravvento dei laici, vogliono collaboratori più fedeli, più esecutori che creativi e responsabili. C’è un certo disagio tra i laici per questo clima ancora fondamentalmente clericale.Si fa fatica a promuovere i ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato e trovare candidati idonei per il diaconato permanente. Anche i numerosissimi catechisti laici hanno bisogno di idee nuove per trasformare la catechesi ancora molto dottrinale in cammini di iniziazione cristiana, ma sono poco aiutati dai parroci. Mancano veri animatori laici per la pastorale degli adulti.«Questi ed altri problemi lascio aperti per il mio successore – conclude Plotti. Abbiamo fatto il possibile, ma sempre “servi inutili” siamo».