Opinioni & Commenti
Al voto in tempo di «antipolitica»
di Andrea Fagioli
Il 6 e 7 maggio si torna alle urne. È la prima volta dopo l’«era Berlusconi» e l’avvento del «Governo tecnico» di Monti.
In Toscana sono trenta le amministrazioni da rinnovare. Ai nastri di partenza una grande frammentazione. A Lucca si presentano ventiquattro liste con oltre seicento aspiranti consiglieri comunali, undici candidati sindaco, di cui sette di centrodestra per una sorta di primarie al primo turno. A Pistoia invece la corsa libera è nel Pd: tutti divisi. A Carrara in dieci puntano alla poltrona di primo cittadino. In qualche Comune si va al voto anticipato dopo la crisi e il commissariamento….
Il panorama regionale, in tempi di cosiddetta «antipolitica», non è certo dei migliori. Quello nazionale, dopo anche lo scandalo della Lega, appare molto peggio. Ma votare è un diritto-dovere al quale non bisogna venire meno, soprattutto in momenti come questo. Qualche buon candidato ci dovrà pur essere, qualcuno che si distingua sotto il profilo umano, professionale e morale.
Il voto è il primo passo di un fattivo impegno personale, sociale e politico al quale i cattolici più di altri sono chiamati. Ce lo ha ricordato in qualche modo nei giorni scorsi il Segretario della Conferenza episcopale italiana: «L’impegno politico non è altra cosa dalla fede, e il perfezionamento della propria vita morale attraverso la preghiera e l’esperienza ecclesiale non può prescindere dallo spendersi per la costruzione di una società più giusta a misura d’uomo».
Ci aiuta in questi giorni l’immagine del «pisano» Giuseppe Toniolo, economista, beatificato domenica scorsa, figura di laico cristiano vissuto in un periodo storico (tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento) di grandi cambiamenti. La sua esperienza cristiana, nell’offrire più di un richiamo alla situazione presente, esorta alla spinta morale necessaria in questa stagione.
L’«antipolitica» va temuta. Accettiamo l’invito del Presidente della Repubblica ad evitare gli «abbagli fatali», senza dimenticare però che la disaffezione dalla politica nasce dagli scandali e dalle incoerenze di politici che hanno tradito il rapporto di fiducia con i propri elettori allargando un solco già predisposto.
C’è bisogno pertanto di un’etica pubblica da tutti condivisa e rispettata. C’è bisogno che la politica, i partiti, i leader di partito tornino ad impegnarsi per il bene comune e non per gli interessi propri o di famiglia. C’è bisogno che la politica ritrovi se stessa. I «tecnici» al Governo sono il segno del fallimento della politica: tentano di fare quello che la politica non è riuscita a fare. E pur non essendo immune da ingiustizie, l’esecutivo di Monti è al momento senza alternative, anche se rischia pure lui di non riuscire nell’intento. Gli va, però, augurato il contrario. Per uscire dalla crisi c’è bisogno di rilanciare la crescita economica. Sarebbe un modo per rilanciare anche le nostre istituzioni democratiche, partiti in testa, pur senza dimenticare che la partecipazione alla politica non si esaurisce nei partiti.