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Al via oggi le Paralimpiadi a Tokyo: oltre l’abilità. Storie di atleti, letterati, politici e artisti che non si sono mai arresi
Le recenti esposizioni dedicate all’arte di Yayoi Kusama, alle sue “Infinity Room”, ci hanno insegnato molte cose. Che il disagio psichico che nasce dagli agguati “materni” che strappavano all’artista nipponica bambina i disegni mentre stava per finirli può divenire creazione, costruzione, installazione, come si ama dire oggi, e unione nell’arte al di là degli steccati: Yaoy ha collaborato con i suoi celebri pois e le sue dinamiche cromatiche al video di “Lovetown” di Peter Gabriel, voce, e anche lui variopinto frontman di uno dei gruppi che ha fatto la storia del rock sinfonico, i Genesis.
Con la singolare variante della scelta da parte della stessa artista di vivere in un ospedale psichiatrico nella sua antica patria, il Giappone. Proprio dove si svolgeranno le Paralimpiadi, da oggi al 5 settembre, che ci aiutano a vedere bene dentro un mondo popolato da geni in ogni campo, da atleti che non conoscono la parola “resa” neanche senza gli arti a politici che hanno fatto la storia fino alla grande arte.
Alex Zanardi è stato martoriato dal destino e dagli incidenti, perdendo ambedue gli arti inferiori, eppure ha lottato contro tutto e tutti, anche ora, dopo un incidente occorsogli in una gara di handbike: eppure non si arrende e continua la sua eroica competizione. Come non si arrese uno dei più grandi scrittori del Novecento francese, Joë Bousquet, che, colpito negli ultimi giorni di battaglia della Grande Guerra, rimase, dopo una lunga sospensione tra vita e morte, trent’anni immobilizzato a letto, proiettando nella scrittura quello straziante incontro di buio e speranza di luce, di demonico e di angelico, di sensuale e spirituale, che ne fanno uno dei più lancinanti e abissali capitoli della storia della letteratura.
Parlavamo prima di musica: qui potremmo citare altri punti di riferimento che sono diventati veri e propri idoli contemporanei. Si pensi a Ray Charles, cieco fin dalla più tenera età, eppure in grado di suonare divinamente il pianoforte e di rendere immortali hit come “I can’t stop loving you”, “What’d I say”, “Georgia on my mind”. Il nostro Andrea Bocelli, che è un altro che di questi problemi se ne intende, è diventato anche lui un’icona della fusione tra musica leggera, rock e classica, incidendo brani indimenticabili assieme ai grandi della musica di qualsiasi genere, come quel “Con te partirò” divenuto un punto fermo della canzone planetaria. E come non riandare a José Feliciano, anche lui privo del dono della vista, e alla sua interpretazione a Sanremo di “Che sarà”, assieme ai Ricchi e Poveri, diventata un vero e proprio must della musica italiana contemporanea.
Se vogliamo tornare all’inizio, quindi all’arte, come dimenticare che alcuni grandi hanno avuto forti disabilità, come nel caso di Frida Kahlo, bersagliata dalla malasorte, dalla spina bifida ad un terrificante incidente d’auto che le spezzò praticamente la spina dorsale, e che nonostante questo è diventata il simbolo dell’arte universale, della lotta di liberazione femminile, dell’impegno sociale. E sempre nel campo della creazione artistica, come dimenticare l’isolamento, la fragilità mentale di uno che ha fatto la storia dell’arte come Van Gogh, morto tragicamente a 37 anni? Ancora oggi la sua “Notte Stellata” è l’immagine stessa della sensibilità che, non compresa e non corrisposta, diventa incubo. E, se vogliamo rimanere nella fusione tra i generi, non possiamo dimenticare che un hit degli anni Ottanta, “Vincent”, del cantautore Don Mclean, uno dei più belli di sempre, era dedicato proprio al pittore olandese. E se volessimo osare la soglia della grande musica, come dimenticare che Beethoven fu afflitto dal male più terribile per un musicista, la sordità, e che nonostante questo riuscì a scrivere immortali capolavori?
Se poi vogliamo tornare alla letteratura, ci accorgeremmo che il male del disagio psichico ha colpito molto in alto, ad esempio Dino Campana, creatore di uno dei capolavori poetici del Novecento, i “Canti orfici” e spentosi in un manicomio dopo 14 anni di degenza, oppure Jorge Luis Borges, sprofondato lentamente nella cecità eppure dotato del terzo occhio del genio.
Per non parlare del campo della scienza, con gli esempi di Stephen Hawking, nume dell’astrofisica colpito dalla Sla, e di John Forbes Nash, premio Nobel per l’economia nel 1994 per la sua teoria dei giochi, protagonista del film del 2001 “A beautiful mind” di Ron Howard, vittima di una grave forma di schizofrenia, se poi vogliamo tacere delle possibili diagnosi, mai confermate, di Asperger e di autismo a proposito di Einstein, Majorana e molti altri.
Anche la storia ha dimostrato che i suoi protagonisti hanno dovuto affrontare anche la battaglia dell’invalidità, come nel caso di Roosevelt, 32°presidente Usa per ben quattro legislature, vittima della poliomielite, ma capace di far rinascere gli Usa dopo la terribile crisi del 1929 grazie al New Deal che prevedeva, negli Usa iper-individualisti, l’assistenza per i poveri, i disoccupati, gli emarginati.
Avevano ragione il mito e le Scritture: un cieco alla base di tutta la poesia che verrà dopo, uno affetto da problemi della parola paradossale portatore della Parola di Dio. La cosiddetta disabilità è stata spesso iper-abilità.