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Al Giro d’Italia un ponte fra Trieste e la Colombia
A Trieste domina sovrano il rosa colombiano. Nairo Quintana, 24 anni, ha vinto questa fantastica giostra partita da Belfast il 9 maggio e terminata nella città giuliana. È stato il Giro dei giovani, volti e gambe nuove anche per l’Italia visto il terzo posto del sardo Fabio Aru che ha entusiasmato soprattutto con la grande vittoria di Montecampione, ricordando un’impresa simile di Marco Pantani.
Un po’ di storia. D’obbligo tra questi confini. Memorabile Giro quello del 30 giugno 1946. Gli organizzatori devono annullare la tappa perché dopo Pieris i partigiani slavi lanciano sassi e tronchi conditi di pallottole contro la carovana del Giro: inaccettabile Trieste come sede di tappa: troppo forte il legame con l’Italia. La città, infatti, è ancora divisa in Zona A e Zona B, sotto il comando inglese e iugoslavo. A Versailles si sta discutendo se consegnare la Dalmazia a Tito. Anche la sorte di Trieste è in bilico. Diciassette corridori pretesero di arrivare comunque nella città giuliana, anche se la tappa non contava più. Scortati fino a Miramare dall’esercito italiano in armi, da lì ripresero a pedalare per coprire gli ultimi chilometri che avevano solo un valore simbolico. Vinse il triestino Giordano Cottur, l’atleta regionale che indosserà più volte la maglia rosa: 14 volte. Se quella tappa celebrò la riconsegna di Trieste all’Italia, nel 1919 fu ancora il Giro a salutare l’annessione di Trieste con la vittoria di Costante Girardengo. In maglia tricolore. Si sarebbe tinta di rosa solo nel 1931.
La vittoria del 2014. Quest’anno va a Nairo Quintana, il primo sudamericano a vincere il Giro. Si aggiudica anche la maglia bianca che viene assegnata al migliore tra i debuttanti. Alla conferenza stampa Quintana entra camminando rigido e raggiante. Alla domanda sulle difficoltà che incontrano i giovani corridori in Colombia, ostacolati fortemente su questo difficile percorso professionale, risponde così: «Hanno tutta la mia solidarietà. Devono continuare a lottare e inseguire il loro sogno perché ogni sacrificio sarà ripagato». Il Condor dedica la vittoria alla famiglia e alla squadra, e qui ricorda proprio tutti, «indispensabili per la vittoria. Grazie ai massaggiatori, agli allenatori. E grazie alla mia famiglia». Che era al completo: i genitori Luis ed Eloisa, la fidanzata Paula e la figlia di 3 mesi, Ana Maria. «La Colombia è cambiata molto e in meglio. A piccoli passi. Non è più quella di 20 anni fa, oggi c’è più sicurezza, è ormai avviato un vero processo di pace. Deve continuare così».
La sua nazione è molto presente. I tifosi sono facilmente riconoscibili dal numero di gadget che indossano e dall’aria spossata dall’attesa, per molti iniziata la sera prima, per avere anche loro i primi posti lungo la linea d’arrivo «è il primo di noi a vincere questa gara straordinaria. Ci rendiamo conto di quanto sia importante ora che siamo qua. Non è solo un evento sportivo ma di gioia collettiva». Quintana ha ricevuto la telefonata del presidente della Repubblica, Juan Manuel Santos. Già si era complimentato dopo la conquista della maglia rosa, quindi lo ha fatto sabato alla certezza della vittoria dopo lo Zoncolan e, infine, ha voluto chiamarlo anche a Giro concluso. Ha garantito a Nairo che tutta la Colombia è con lui «fino all’ultimo campesino».
I problemi superati. Roberto Salvador, responsabile della logistica, descrive le difficoltà del Giro, quelle vere e non quelle ipotizzate all’inizio dell’evento. «In Irlanda per il maltempo e l’inesperienza dei fornitori locali. Poi a Taranto, per via delle raffiche di vento oltre i 60 km/h». E un’imprevista: «Sul Montegrappa le strade non sono state chiuse la sera prima, come da disposizioni, per cui la montagna era invasa da mezzi e persone e questo ha creato problemi per l’allestimento delle strutture. I camion faticavano a passare e le piazzole per far manovra erano ingombre di spettatori in attesa». E invece molti pensavano che i problemi fossero la neve su Gavia e Stelvio.
Il calore dei colombiani. Mentre comincia il concerto dei Dire Straits, nella sala della giuria qualcuno stuzzica e si disseta. I colombiani riscaldano Trieste con la loro gioia. Non c’è solo Quintana da festeggiare, ma anche il secondo posto di Rigoberto Uran e Julian Arredondo, in maglia azzurra, assegnata al più forte in salita. L’ultima tappa è andata a Luka Mezgec in volata. Ma lui è andato a casa a brindare: è sloveno, abita vicino.