Italia
Agroalimentare: settore sempre più nel mirino della malavita (+58% di reati)
Il comparto agroalimentare attira sempre di più l’attenzione della malavita. Nel 2018 sono infatti cresciute del 58% le notizie di reato nel settore che si estendono ai principali comparti, dal biologico al vino, dall’olio all’ortofrutta, dalle conserve ai cereali. È quanto afferma la Coldiretti sulla base dei risultati operativi dei circa 25mila controlli effettuati dal Ispettorato centrale repressione frodi (Icqrf) nei primi otto mesi dell’anno. I risultati sono stati resi noti al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Cernobbio.
Secondo una indagine Coldiretti/Ixè, più di un italiano su cinque (17%) è stato vittima di frodi alimentari nel 2018 «con l’acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati ed effetti anche sulla salute, secondo dalla quale si evidenzia che ben l’88% dei cittadini nel momento di fare la spesa è preoccupato dell’idea che nei negozi ci siano in vendita prodotti alimentari pericolosi per la salute».
«Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare», ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare che «l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti».
Cresce il mercato alimentare sul web. Sempre stando ai risultati di uno studio Coldiretti/Censis sul food delivery, nel 2018 più di un italiano su tre (37%) ha ordinato cibo dal telefono o dal pc tramite una piattaforma web con un aumento esplosivo del 47% rispetto all’anno precedente. Secondo l’organizzazione agricola, quello del mercato alimentare via web è ormai un settore dinamico che ha «allargato i suoi confini dalla tradizionale pizza o piatti etnici fino a veri e propri cibi gourmet, con sempre più ristoranti di qualità entrati nel giro delle piattaforme come Just Eat, Foodora, Deliveroo, Bacchette Forchette o Uber Eats, accanto alle quali si sono sviluppate numerose realtà locali». Ma cosa spinge sempre più italiani a fare acquisti alimentari sul web? In cima alla lista delle motivazioni di ricorso al cibo a domicilio – rileva lo studio Coldiretti/Censis – c’è il fatto di essere stanchi e non avere voglia di cucinare (57,3%), ma c’è anche un 34,1% che indica di farvi ricorso in caso di cene con amici e parenti per stupire i commensali con piatti di qualità.
E «non manca – dice ancora Coldiretti –, chi punta sul cibo per allietare le serate in casa (32,6%), chi non ha tempo di prepararsi da solo i pasti (26,5%) e chi non vuole rinunciare alla buona cucina senza dover uscire (24,7%) oltre a quelli desiderosi di provare piatti nuovi e originali (18%) e quelli che non sanno cucinare (6,9%)». L’indagine dei coltivatori diretti rileva anche che una delle spinte all’acquisto su web è anche relativa ai tempi di consegna. Proprio sulle modalità di consegna dei prodotti e sui loro tempi sembra anzi svolgersi la competizione fra i diversi fornitori. Non a caso, fa rilevare Coldiretti, quattro italiani su dieci (38,1%) che ordinano il cibo sulle piattaforme web «ritengono prioritario migliorare il rispetto dei diritti del lavoro dei riders, i fattorini che portano i piatti nelle abitazioni». Ma oltre alle condizioni dei lavoratori, sono diversi gli aspetti del food delivery che andrebbero cambiati a giudizio di chi fa ricorso a questo tipo di piattaforme. Il 28% di chi riceve il cibo a casa richiama – rivela Coldiretti – l’esigenza di una maggiore sicurezza dei prodotti durante il loro trasporto garantendo adeguati standard igienici, evitando ogni contaminazione e preservando la qualità del cibo, ma c’è anche un 25,3% che chiede alle piattaforme web di promuovere anche la qualità dei prodotti e degli ingredienti che propongono nei loro menù di vendita, e un altro 17,7% vorrebbe migliorare anche l’utilizzo di prodotti tipici e di fornitori locali. Da qui la sottolineatura del presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, che spiega: «La sfida è anche quella di qualificare ulteriormente il servizio puntando sulla trasparenza dell’origine e sull’uso di prodotti tipici locali, incontrando la domanda di quella maggioranza di consumatori che indica l’italianità, la tracciabilità e il km zero come i tre requisiti principali che regolano le scelte di acquisto».