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Agguato a Betori, svolta nelle indagini

Svolta nelle indagini sull’agguato del 4 novembre scorso all’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, e al suo segretario, don Paolo Brogi. Dalle prime ore di questa mattina è in stato di fermo un uomo di 73 anni, Elso Baschini, pluripregiudicato, originario di Udine, domiciliato a Firenze, ma formalmente residente presso la Caritas di Orvieto dove era stato accolto alla fine di una pena scontata nel carcere umbro. Lo conferma il direttore della Caritas di Orvieto-Todi, Marcello Rinaldi, il quale ricorda come Baschini fosse stato ospitato nel centro di accoglienza per volontà dell’allora vescovo Giovanni Scanavino, che lo aveva conosciuto durante le periodiche visite ai detenuti. «Al momento di uscire dal carcere Baschini non aveva niente e nessuno – spiega Rinaldi – e per questo nel 2004 fu accolto presso il nostro centro. Si faceva ben volere. Fu impiegato anche come portinaio, fino a che ci accorgemmo di alcune sue assenze. Il problema è che non aveva perso i contatti con la vecchia banda e continuava a fare rapine in giro per l’Italia soprattutto nei fine settimana. Dopo il nuovo arresto, 4 o 5 anni fa, non l’abbiamo più visto».

Per la Polizia di Firenze sarebbe proprio lui il presunto aggressore, anche se ancora non si conoscono i motivi che lo avrebbero spinto al gesto contro Betori, pur non essendo del tutto estraneo agli ambienti ecclesiali fiorentini avendo avuto sicuramente contatti con don Danilo Cubattoli, per tanti anni cappellano dei due carceri della città dove Baschini è stato rinchiuso (le vecchie Murate e poi Sollicciano), ed avendo partecipato ad alcuni incontri in cui era presente l’arcivescovo, oltre ad aver chiamato più volte negli ultimi tempi la sua segreteria. Le prove sono state trovate nel traffico telefonico di una scheda che Baschini avrebbe usato anche dalla cabina telefonica che è in piazza dell’Olio, a pochi metri dell’ingresso nell’androne della curia dove è avvenuto l’agguato. In un suo cellulare gli inquirenti hanno trovato alcune foto fatte da lui proprio al portone posteriore dell’arcivescovado. L’uomo avrebbe poi ammesso di essere stato almeno due volte negli uffici della curia, anche se non è chiaro in quali e quando. Più volte nel corso dell’interrogatorio ha infatti cambiato le versioni. Gli inquirenti, pertanto, non escludono nessun movente: dal risentimento, al tentativo di rapina o addirittura al tentativo di sequestro dell’arcivescovo.

Il fermo è scattato alle 3 di stamani, dopo un lunghissimo interrogatorio iniziato ieri intorno alle 14 negli uffici della Questura. A Baschini gli uomini della Squadra mobile e della Digos sono arrivati nel corso delle indagini, coordinate dal procuratore capo di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, e dal pm Giuseppina Mione, titolare dell’inchiesta.

A niente sarebbe servito il tentativo di cambiare aspetto dopo la diffusione dell’identikit ricostruito dalla polizia scientifica grazie alle testimonianze dell’arcivescovo e di don Paolo (nella foto i Carabinieri mostrano gli identikit). Oltre ad essersi tinto i capelli e le sopracciglia, l’uomo si era tagliato anche la barba e i baffi. Già da tempo, sembra addirittura da un mese, era tra i maggiori sospettati ed era controllato e pedinato.

Prima di perquisire l’abitazione in via dell’Argingrosso, nel quartiere dell’Isolotto, e portare Baschini in Questura, gli inquirenti avevano sentito a lungo un suo amico come testimone. Mentre nei giorni scorsi era stato ricostruito il «film» dell’agguato.

Betori ha rischiato realmente la vita