Italia

Adozioni internazionali, chieste procedure più snelle

di Andrea ZanottoAccorciamo le procedure, ma manteniamo i controlli quando dobbiamo affidare un bambino straniero ad una famiglia italiana. È la richiesta proveniente da assistenti sociali ed operatori dei centri di adozione, chiamati a Pisa dal coordinamento toscano «Ubi Minor» e dall’associazione pisana «Famiglia Aperta» a riflettere sui contenuti del disegno di legge governativo attualmente in discussione nelle commissioni parlamentari «Giustizia e infanzia e adolescenza» e che vorrebbe «realizzare una semplificazione e uno snellimento nella procedura» delle adozioni internazionali.

Le associazioni e i professionisti attivi nel campo delle adozioni internazionali si sono dimostrati critici nei confronti della proposta governativa che – a loro parere – rischia di stravolgere l’attuale sistema italiano. L’Ordine degli assistenti sociali è arrivato addirittura a ipotizzare che il disegno di legge, se approvato, «potrebbe costituire le premesse per riattivare quel mercato dei bambini che in passato il nostro paese ha combattuto istituendo strumenti di verifica e certificazione del reale stato di abbandono dei minori».

Quale spirito ispira la normativa? L’interesse dei bambini adottati o quello dei genitori italiani? Se lo è chiesto Brunilde Poletti, (docente di diritto privato all’Università di Pisa e autrice di L’adozione internazionale. Evoluzione storica e profili sistematici) – entrando nello specifico della proposta di legge governativa. I diritti dei bambini: la sentenza di adozione emessa dal paese d’origine del minore avrebbe immediata efficacia in Italia, sì che non sarebbe più necessaria l’autorizzazione del tribunale dei minori perché il minore diventi cittadino italiano; previsto anche il sostegno ai genitori adottivi, che scatta automaticamente nel momento dell’inserimento del minore, (fino ad oggi è stato solo discrezionale). I diritti dei genitori: ad avere il figlio il più velocemente possibile, superando, in alcuni casi, i filtri imposti dalla attuale normativa. Secondo la proposta di legge, avrà un ruolo fondamentale il Cai (Centro adozioni internazionali) che accumulerà una serie di competenze prima affidate a enti e associazioni.

Pur rimanendo nello spirito della Convenzione internazionale sull’adozione dell’Aja (ratificata dall’Italia con la legge n° 476 del ’98), che lascia ai singoli stati firmatari la libertà di scegliere come organizzare a livello nazionale la gestione delle adozioni, per molte associazioni questa novità non garantirebbe a sufficienza i minori e comporterebbe una grossa involuzione del servizio offerto alle famiglie.

Secondo Letizia Ciompi – responsabile del «Centro adozioni» di Pisa – molte delle associazioni che gravitano attorno al mondo dell’adozione internazionale svolgono infatti una funzione fondamentale di preparazione per i genitori e, di conseguenza, di tutela dei minori che vengono adottati. È infatti compito di queste associazioni accompagnare le coppie in un percorso che faccia loro acquisire la piena consapevolezza dei significati dell’adozione; partendo dal presupposto che l’adozione risponde al diritto di ogni bambino di avere una famiglia, piuttosto che al presunto diritto di ogni coppia ad avere dei figli.Analoghi timori sono espressi da Pasquale Andria (presidente dell’associazione italiana magistrati per i minorenni e la famiglia) che sottolinea come «si corra il rischio di adozioni meno garantite e meno trasparenti» e che «l’estromissione dei servizi rischi di svuotare di ogni significato la valutazione di idoneità». In ultima analisi, l’idoneità all’adozione – infatti – verrebbe attestata da una sorta di perizia di parte redatta da uno specialista scelto dalla coppia candidata all’adozione. «Si tratterebbe – sostiene Brunilde Poletti – di una semplice autocertificazione». La schedaIn media ogni anno quasi 9 coppie su 100mila residenti richiedono di adottare un minore straniero. Vi sono significative differenze a livello regionale, con valori più alti nelle regioni centro-settentrionali (13,3 coppie ogni 100mila residenti in Liguria, 12 in Toscana, 11,4 in Veneto, 11,1 in Umbria, 10,3 in Lombardia e nelle Marche, 10,1 in Emilia-Romagna), sebbene si segnalino alcuni alti valori anche nel sud Italia e in particolare il Molise (13,2 coppie ogni 100mila residenti).

Le autorizzazioni hanno interessato più bambini (57,3%) che bambine. Tanto per i maschi quanto per le femmine si ha una prevalenza delle classe di età 1-4 anni (48,6%) e 5-9 anni (33,9%). Meno numerosi i bambini di età superiore ai 10 anni (10,9%) e soprattutto i bambini di età inferiore a un anno (6,5%).

Al primo posto della graduatoria dei Paesi di provenienza c’è l’Ucraina (21,2%), ma incidenze piuttosto alte hanno anche: Russia (15%), Colombia (9,2%), Bielorussia (6,9%), Brasile (6,9%), Bulgaria (6,7%), e Polonia (5,6%).