È improvvisamente scomparso a Sansepolcro l’architetto Giovanni Cecconi. Apprezzato anche per le sue attente ricerche ed i contributi apportati alla storiografia locale, a lui si deve la progettazione di opere importanti che hanno spesso determinato, soprattutto tra gli anni ’70 e ’80, una forte caratterizzazione dell’attuale profilo urbano del capoluogo biturgense. Dal nuovo ospedale alla chiesa di San Giuseppe Operaio alle Forche, la sua attività ha voluto interpretare la fisionomia di un paese in crescita, avvicinandosi (seppure in scala diversa) al legame profondo che ha sempre unito i grandi architetti al disegno delle loro città.Le stesse esequie sono avvenute nella chiesa di San Giuseppe, forse la sua opera più discussa, ma allo stesso tempo un edificio che ancor oggi emerge nell’intero panorama altotiberino per l’unicità delle sue linee ardite e delle soluzioni strutturali adottate. La chiesa di San Giuseppe nacque quando il quartiere periferico delle Forche lasciava presagire un forte sviluppo come terzo polo insediativo di Sansepolcro, e ciò spiega le stesse dimensioni del tempio. La forma plani-volumetrica ad «arca» ed il suo solido slancio spaziale assumono la semplice funzione di tutte le chiese importanti, ovvero quello di emergere dall’anonimato urbano divenendo, in questo caso, un punto di riferimento anche per i veicoli in transito sulla vicina superstrada E45, svolgendo quella pastorale funzione di richiamo alla fede e invito alla preghiera quale precipuo fine di ogni edificio religioso che vuole strappare almeno un segno di croce al frettoloso viandante, uno scopo simile a quello per cui fu progettata da Michelucci la chiesa di San Giovanni al casello di Firenze nord nell’Autostrada del Sole. La chiesa di San Giuseppe pare riflettere la stessa espressività materica di Michelucci nell’uso del cemento armato e del mattone faccia a vista, avvicinandosi alla chiesa di Larderello realizzata dal grande architetto toscano alla fine degli anni ’50.Se l’uso del cemento è parte delle cultura tecnologica moderna ed è da considerarsi tale quanto il marmo lo fu per i templi greci o la pietra per le cattedrali gotiche, l’interno della chiesa delle Forche risponde alle funzionalità liturgiche espresse dal Concilio Vaticano II ispirandosi ad uno spazio gotico-basilicale accentuato dalle tonalità degradanti degli intonaci. Ma è soprattutto attraverso l’aspetto «scarno» degli elementi (che avvicina il luogo di culto quasi ad una fabbrica) che forse passa la stessa dedica della parrocchia ad un santo «lavoratore», mostrando un sentimento religioso vicino ai bisogni e alle speranze della gente comune.Andrea Bertocci