Toscana

Acqua, non è «pubblica» ma è sempre più cara

di Simone Pitossi

Sono passati quasi dieci mesi dai referendum sull’acqua. Ventisei milioni di italiani dissero un chiaro «sì» all’acqua pubblica. Che cosa è successo nel frattempo? Poco o niente. Anche il ministro all’ambiente Corrado Clini se n’è accorto. E si è recentemente espresso per l’«immediata abrogazione della remunerazione del capitale investito nelle bollette idriche». Perché fino ad oggi le Autorità di Ambito hanno negato la riduzione delle bollette dopo l’abrogazione referendaria del 7% di profitto garantito.

DENUNCIA AL TAR. È proprio di questi giorni la denuncia al Tar della Toscana dei 57 sindaci dell’ex Ato 2 (Basso Valdarno) da parte del Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua. L’oggetto del contendere sono le delibere del 6 dicembre scorso che, spiega il Forum, «in modo illegale riproponevano, nella tariffa fino al 2021, la remunerazione del capitale investito» cancellata dal secondo quesito del referendum. La denuncia comprende anche «il prolungamento altrettanto illegale della concessione di 5 anni al gestore Acque Spa, calpestando così anche il primo quesito».

TARIFFE SALATE. Non solo. Un’inchiesta di Altroconsumo sulle tariffe dell’acqua ha fornito cattive notizie. Nell’ultimo biennio i costi sono aumentati quasi ovunque: il rincaro più alto è stato riscontrato ad Aosta (42%). Rialzi a doppia cifra sono stati segnalati a Palermo (35%), Trieste (25%), Roma (21%), Milano, Pescara e Genova (17%), Ancona (15%), Bari (13%), Arezzo (12%), Bologna, Cremona e Verona (11%), Ferrara (10%). Soltanto tre città hanno mantenuto i prezzi uguali: Campobasso, Catanzaro e Salerno. Pochi gli aumenti contenuti: Catania (+1%), Brescia e Potenza (+3%). A parità di consumi – prendendo il dato più diffuso: 200 metri cubi all’anno – il capoluogo più caro è stato Firenze: 503 euro all’anno. Subito dietro Arezzo (494), Pesaro (478), Pisa (461) e Ravenna (445). Molto meno dispendiose sono risultate città del Nord come Bergamo (198), Varese (187), Udine (182) e Milano (129), quest’ultima in assoluto la più economica in Italia. Bari, Ancona, Bologna e Firenze erano già sopra la media e oggi si ritrovano nel gruppo segnalato per i maggiori aumenti. Dal punto di vista geografico si può notare come l’acqua costi mediamente meno al Sud (254 euro). In Italia centrale è richiesto un esborso più alto rispetto al Nord: 371 euro contro 271.

LA REGIONE E GLI INVESTIMENTI. Il problema tariffe è ben presente anche in Regione. Secondo l’assessore regionale all’ambiente Anna Rita Bramerini gli scarsi investimenti sulla rete idrica prima del 2003 «hanno determinato elevate perdite e quindi costi aggiuntivi: da qui la necessità di effettuare oggi un elevato numero di opere che si traduce poi in un aggravio di costi per le imprese e tariffe crescenti nel tempo». C’è poi il nodo dell’Autorità idrica toscana «che come da programma – conclude Bramerini – dovrà essere istituita entro al massimo il 30 giugno».

INTERVENIRE SUI GESTORI. Proprio per questo Marco Carraresi, consigliere regionale Udc, chiede alla Regione di intervenire sui «soggetti gestori del servizio idrico, in particolare Publiacqua, per ridurre le tariffe più care d’Italia» e di «ististituire velocemente l’Authority toscana così come previsto dalla normativa regionale in materia approvata lo scorso anno». In particolare, ricordato Carraresi, «il ministero dell’Ambiente ha recentemente “bocciato”, presentando 15 rilievi, il piano 2010-2021 per la gestione del sistema idrico dell’Ato 3, approvato dai sindaci dei comuni delle province di Firenze, Prato e Pistoia e gestito da Publiacqua». Secondo Carraresi «specie nel territorio fiorentino le tariffe idriche sono cresciute notevolmente e solo nel 2012 gli aumenti, per quelle più basse, sono stati dell’8,5% mentre la legge dice che questi non possano essere superiori al 5%. La Toscana è in generale la regione dove l’acqua per uso domestico costa di più in Italia, con una spesa media annua di 369 euro contro una media nazionale di 270, e con aumenti tariffari medi dell’11,8% contro i 6,6% italiani». Per Carraresi «è assolutamente necessario che la Regione, che a seguito della legge approvata nel 2011 ha commissariato gli Ato ed è pertanto responsabile in materia, rimetta mano al settore e venga incontro alla legge nazionale e agli interessi degli utenti».

IL «MARKETING VERDE». Per Ornella De Zordo – consigliere comunale a Firenze della lista «Per  Un’altra Città» – «colpisce il continuo “marketing verde”: primo su tutti l’uso strumentale dei fontanelli che hanno un costo per la collettività di circa 40.000 euro oltre ai consumi». De Zordo aggiunge che non solo non stiamo andando verso l’acqua pubblica ma che, in alcuni casi, si sta percorrendo la via opposta: «Il Comune di Roma vende il 21% delle quote di Acea, proprietaria di Publiacqua, aumentando così il peso dei privati sull’acquedotto fiorentino».

I fontanelli: L’installazione della «fonte» del sindaco costa 1,4 milioniGiuseppe Sardu, coordinatore delle aziende idriche che aderiscono a Cispel Toscana, si sofferma sul fenomeno dei «fontanelli», distributori gratuiti di acqua che si stanno diffondendo rapidamente sul territorio regionale: «Siamo estremamente soddisfatti del boom che ha conosciuto questo genere di erogatori, che oggi arrivano quasi a duecento unità, mentre quattro anni fa quelli di “alta qualità” erano solamente due». Per «alta qualità» si intendono strutture capaci di distribuire anche acqua raffreddata o gassata (attualmente sono 99, circa la metà del totale). Un impegno economico rilevante da parte delle aziende, che rispondono a una richiesta crescente (secondo Sardu i fontanelli sarebbero diventati «veri e propri luoghi di aggregazione sociale») da parte degli utenti (e infatti è già stata pianificata la creazione di numerosi altri fontanelli nel prossimo biennio): «Il costo totale della loro installazione ammonta a 1,4 milioni di euro, con una media per fontanello che va dai 10 ai 15 mila euro». Nel 2011 questi distributori hanno erogato oltre 70 milioni di litri d’acqua, con un risparmio dell’equivalente di 33 milioni di bottiglie, e dunque di 2.200 tonnellate di petrolio, 22 milioni di litri d’acqua e 3,5 milioni di chili di gas serra. «Un cambiamento di abitudine – chiosa Sardu – significativo soprattutto in una realtà come la nostra, così legata al consumo della minerale». (Federico Fiorentini) In famiglia: Metà dei toscani beve quella del rubinettoAlfredo De Girolamo, presidente regionale Cispel, indica i due elementi più significativi emersi negli ultimi dodici mesi: «Quasi la metà dei toscani ormai consuma l’acqua del rubinetto: una decisione razionale, tenendo conto che le nostre reti sono sottoposte a circa 300 mila controlli qualitativi l’anno, effettuati dalle stesse aziende e dalla Asl». Il 48% dei cittadini sceglie infatti questa soluzione, con un incremento annuo che si aggira attorno al 4% (erano il 44% nel 2010 e il 40% nel 2009). «Numeri confortanti – commenta De Girolamo – che non evitano tuttavia alla nostra regione di essere all’ultimo posto in Italia, a sua volta la nazione che attinge meno dagli acquedotti per bere in tutta Europa». L’acqua in bottiglia viene ancora acquistata da circa il 60% delle famiglie, statistica che rivela un decremento del 4% rispetto al 2009. Il consumo di minerale ha ripercussioni sia in ambito economico che ambientale: «In un anno, una famiglia di tre persone beve circa 600 litri d’acqua. Nel caso scelga di comprarla in bottiglia, la spesa si aggira intorno ai 300 euro. La stessa quantità di acqua del rubinetto costa invece meno di un euro». Per confezionare una bottiglia di plastica, inoltre, occorrono 71 grammi di petrolio e 0,64 litri d’acqua. Tenendo conto che, in Toscana, le persone che bevono abitualmente acqua pubblica sono 1,7 milioni, «questa scelta si traduce in un risparmio di 210 milioni di bottiglie, ossia 15 mila tonnellate di petrolio e 150 milioni di litri d’acqua». In questo modo viene dunque evitata l’emissione di 23 milioni di chili di anidride carbonica nell’atmosfera. C’è poi l’elevata quota di investimenti infrastrutturali: «Anche in questo caso – conclude De Girolamo – la nostra regione detiene il primato nazionale, con circa 1,6 miliardi di euro spesi negli ultimi dieci anni, e altri due miliardi impegnati in futuro per interventi già pianificati». Una somma ricavata in massima parte dalle tariffe a carico dei cittadini. (Federico Fiorentini) La siccità: Il 70% per l’industria e nell’agricolturaIl presidente Publiacqua Erasmo D’Angelis ha affrontato il problema della siccità che questo inverno – e la situazione non accenna a migliorare – ha investito la regione: «Stiamo attraversando una situazione di particolare gravità, con pioggie del 75% meno abbondanti rispetto all’ultimo decennio: molti torrenti sono già completamente essiccati». Una situazione paragonabile a quella del 2002-2003. La complessità del momento è simboleggiata dalle dighe del lago di Bilancino e di Montedoglio, il livello delle cui acque è attualmente la metà di quella abituale: «Già oggi da Bilancino facciamo partire autobotti per rifornire gli agglomerati montani più isolati. Se, comunque, anche nei prossimi mesi le precipitazioni rimarranno così scarse, andremi incontro a inevitabili rischi, nonostante tutte le nostre precauzioni». D’Angelis punta l’attenzione sugli investimenti fatti nell’ultimo decennio per mettere a regola la rete idrica toscana. L’acqua pubblica viene adoperata per circa il 70% dal settore industriale e agricolo, mentre il restante 30% finisce nell’ambito privato: «Stiamo lanciando delle campagne di sensibilizzazione per il risparmio idrico, indirizzate sia ai cittadini che agli imprenditori». (Federico Fiorentini)